[Campagnaresistenza] dibattito

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著者: davanzo.alfredo@libero.it
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To: campagnaresistenza
題目: [Campagnaresistenza] dibattito
Buongiorno a tutte/igiustamente l'Osservatorio vuole partire dall'esigenza di costruire uno spazio di dibattito e convergenza, al fine ovviamente di mobilitare e lottare. E le questioni emerse ne sono un'occasione. Io penso che possiamo trovare un punto di equilibrio fra impostazioni differenti, innanzitutto sviluppando il dibattito. E poi, proprio perché comunque ci ritroviamo sul terreno della mobilitazione, possiamo fissare i termini, i limiti di un'unità di tipo frontista.
E' chiaro che c'è una differenza importante fra noi.  Porre la repressione come "il passaggio da uno Stato di diritto ad una situazione in cui prevale la ragion di Stato", o come svilimento dei diritti costituzionali, o ancora come effetto dell'"incapacità", della "cecità della politica" di governo, ecc, implica in qualche modo la possibilità e l'obiettivo della pressione sul quadro istituzionale per ottenere ripensamenti, ritorni allo stato precedente, ristabilimento di diritti concepiti in senso astratto, etico.  Significa non darsi gli strumenti per una crescente autonomia delle forze di classe, limitandole sul piano della protesta e della rivendicazione verso le istituzioni.E infatti si rischia pure di interloquire con organismi che "innocenti" non sono: "A buon diritto", "Antigone", per esempio, sono interne ad una logica istituzionale riformista.
La questione della repressione, invece, può essere assunta come una deriva inerente la sostanza stessa dello "Stato borghese e imperialista". Già non è che prima, nelle fasi di "riformismo e conquiste", queste ne intaccassero la sostanza - infatti lotte e repressione sono state violente, a gradi diversi, sempre - ma ora, causa la crisi, che è una crisi di portata generale e storica del capitalismo,  la violenza dominante diventa forma di governo essenziale, persino dell'economia (le guerre imperialiste dal 1991..)Per l'impostazione rivoluzionaria, almeno per quella marxista,  questa è perfetta conferma dell' ìmpossibilità del riformismoe della necessità rivoluzionaria. Infatti nel linguaggio, pure di "movimento", sono entrati termini come "repressione - guerra interna";  tutta l'opera di demolizione sociale ed aumento dello sfruttamento intesa come "guerra non dichiarata, di distruzione di massa", "genocidio sociale"; per non parlare della caratterizzazione delle aggressioni esterne che fanno temere una terza guerra mondiale... Quindi il problema è assumere l'orizzonte obbligato, proprio perché  imposto dal sistema,  e sviluppare lotte ed organizzazione facendovi  crescere questa consapevolezza, allo stesso tempo che la coscienza delle possibilità storiche che cosi ci vengono offerte. E cioè che la rottura rivoluzionaria non è poi cosi astratta, ma ci è imposta, e che si può costruire.  Seppure in un percorso che sarà doloroso e impegnativo.  La grande dimostrazione ne sono le guerre di liberazione in corso in Kurdistan e Medio Oriente, mentre in controprova negativa abbiamo il caso della capitolazione riformista in Grecia.
La nostra attitudine di fronte alla repressione non può essere di stupore, indignazione, richiami alla legalità rivolti agli oppressori.  La Costituzione assomiglia sempre di più ai "trattati indiani".. non possiamo alimentare illusioni al riguardo.Arriva sempre il generale Sheridan e ne fa carta straccia !  Il problema sono appunto i rapporti di forza, a quelli dobbiamo lavorare. E per questo è essenziale alimentare coscienza e consapevolezza, estendere e rafforzare resistenza appunto, costruendo via via le nostre forze, in piena autonomia di classe e in una prospettiva rivoluzionaria.Quando eravamo in carcere, e in tribunale, facemmo precisa battaglia politica su questo nodo.  E i risultati furono buoni, in quanto a nostra tenuta, a nostro contributo verso il movimento di classe - se ne ebbe eco in Valle e altrove - alla nostra stessa r/esistenza in carcere.  Si contribuì a diffondere l'autocritica su vittimismo e teorie della "montatura poliziesco-giudiziaria", che sviliscono sempre la causa per cui si lotta, finendo ad invocare la protezione di leggi ed avvocati, ad invocare il ripristino della legalità contro gli abusi dello Stato.Perciò è molto positivo l'attuale sviluppo tenuto da diversi gruppi di compagni rispetto alle misure restrittive, agli obblighi.E anche questa volta si vede bene che i risultati ci sono. Pure in termini di contraddizioni indotte nel campo della magistratura.Finalmente non ci si fa schiacciare sulla difensiva, e le resistenze si rafforzano !
Per contro bisogna evitare un errore di segno opposto.  Non si può pretendere da dei movimenti di lotta, di massa, per quanto radicale  e maturi,  quanto da un organismo politico rivoluzionario.  Non ci sono lotte avanzate o arretrate, ma piuttosto una realtà in movimento su cui, appunto, agire con le nostre iniziative e apporti.  Per cui abbiamo assistito alla grande evoluzione del notav, o dei facchini, o di certe lotte per la casa.  E purtroppo si possono dare pure arretramenti.Egualmente con le nostre attuali divergenze, queste sono la realtà viva dentro il movimento di classe. Sono posizioni e sfumature che esistono e che solo nel vivo delle lotte e del confronto possono evolvere.  Nella misura in cui iniziative e azioni non diventino contrastanti al comune interesse e base di proposta,  si può avanzare insieme, e discutendo, mettendosi in gioco.  Non ripeto quello che ho già scritto nell'intervento precedente.  Penso che anche la disponibilità della pagina dell'Osservatorio rientri nel nostro "perimetro", cosi come altre che potranno presentarsi.
                                                                                  Facciamo fronte, sviluppiamo le resistenze e il dibattito.  Alfredo