[RSF] I: Non sono i leader a fare la storia

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Aihe: [RSF] I: Non sono i leader a fare la storia



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-------- Messaggio originale --------
Da: comune-info <newsletter@???>
Data: 01/04/2016 08:11 (GMT+01:00)
A: castelpilar@???
Oggetto: Non sono i leader a fare la storia


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FACCIAMO COMUNE INSIEME
RACCONTARE IL MONDO OGNI GIORNO PER NON ABITUARSI AL DOMINIO

LA CAMPAGNA 2016 PER SOSTENERE COMUNE 

 

NON SONO I LEADER A FARE LA STORIA
Nella grande confusione semantica che segna in profondità il nuovo millennio, qualcuno, a queste latitudini, lo chiama curiosamente populismo. In Sudamerica, ma anche in Spagna, si fa un riferimento molto più preciso al caudillismo. Anche nei movimenti sociali, da tempo, si discute il tema: la salutare critica del leaderismo. Sono tutti concetti diversi, naturalmente. Come ricorda Raúl Zibechi, però (dopo un’affermazione nefasta quanto significativa del vicepresidente boliviano, prestigioso intellettuale ed ex guerrigliero), così si esprime solo una cultura di destra che serve a negare la soggettività, la potenzialità di determinare il proprio destino, a chi sta in basso. S appiamo bene che la gente e, soprattutto, chi annaspa nei fondali delle nostre società respira un’aria intrisa degli argomenti e dei valori propugnati dalle élite. L’antidoto a questa presunta debolezza delle “masse”, tuttavia, esiste. Sarebbe ben noto e andrebbe, in teoria, coltivato fin dai banchi di scuola. Si chiama pensiero critico. Il capitalismo vive, sosteneva uno dei suoi maestri, Cornelius Castoriadis, se la gente resta persuasa che le cose importanti siano monopolio dei signori e degli specialisti, il vero team di fiducia dei grandi e potenti leader dei giorni nostri
RAÚL ZIBECHI

GOVERNARCI GUSTAVO ESTEVA

IO NON CREDO NELLA DELEGA ASCANIO CELESTINI

IL MONDO LO FACCIAMO ANCHE NOI, OGNI GIORNO
Non possiamo scegliere cosa ci accade, dove nasciamo, dove viviamo, la famiglia che dovrà prendersi cura di noi. Se nasco in un paese in guerra o nella fame non ho colpa. "Da dove nasce quindi, quel senso di superiorità che ostentano molte persone, che dividono in “noi” e “loro” - si chiede Emilia De Rienzo, insegnante -, che parlano con tanta sicurezza di quello che è “nostro” o “vostro”?... Io pensavo di essere nata in un paese che dopo aver conosciuto gli orrori di guerre e totalitarismi spietati avesse imparato. Pensavo che i capi dei nostri governi si riunissero con urgenza, ma per garantire a tutti una prima assistenza... Mi sono sbagliata...". Tuttavia, &egr ave; troppo comodo dire che la colpa è sempre di altri. "La colpa ci appartiene. Ci appartiene nel momento in cui non ci facciamo domande e tanto meno cerchiamo risposte... Dovremmo dirci che ognuno di noi è responsabile di fronte a chi è più debole di noi, dovremmo comprendere che ognuno può fare la differenza là dove è, vive e lavora. Dovremmo comprendere che il mondo lo facciamo anche noi, ogni giorno. Lo facciamo nelle nostre case, nelle nostre scuole... La storia non ci appartiene, ma dentro a ciò che siamo, possiamo fare le nostre piccole o grandi scelte e affermare la nostra libertà e dignità..." 
EMILIA DE RIENZO

CHI HA PAURA DELLA CULTURA FEMMINISTA?
A quarant’anni dalla nascita del neofemminismo, che ha messo in discussione in modo radicale il modello maschile di società, non si può dire che manchino una cultura e pratiche politiche portatrici di questa consapevolezza e responsabilità nuove. Il movimento femminista oggi sono le centinaia di associazioni, gruppi, centri di documentazioni, biblioteche, librerie, case editrici, collettivi, case delle donne, centri antiviolenza, riviste, ecc., che hanno resistito finora all’arrogante messa sotto silenzio e marginalizzazione da parte della cultura dominante, custodi di un patrimonio di sapere che cambia la società in profondità e che offre risposte adeguate agli interrogativ i del presente: personalizzazione della politica, populismo, razzismo, omofobia, trionfo della merce, esaurimento delle risorse naturali, crisi di un modello di sviluppo...
LEA MELANDRI

COLPIRE LE DONNE È COLPIRE LA COMUNITÀ SILVIA FEDERICI

HA ANCORA SENZA DIRSI FEMMINISTE L.M.

VIDEO VIRALE. ‪#‎NONNAVOTASI‬
Bastano un telefonino e una nonna, anche finti, e un luogo affollato, se molto affollato meglio. Il risultato può essere straordinario
GUARDA IL VIDEO

MA IL PETROLIO NON DOVEVA PORTARE BENESSERE E RICCHEZZA IN BASILICATA?
Cos’è la Basilicata oggi? Una regione in cui l’inquinamento dell’aria e delle falde acquifere è preoccupante, in cui l’incidenza di patologie tumorali è superiore a quella registrata al nord Italia. Una regione che, a dispetto di trent’anni di estrazioni, è la più povera del sud e sicuramente una tra le più malate 
ROSANNA SUOZZI
TUTTI I MOTIVI PER NON TRIVELLARE M.R.D.

IL PETROLIO RESTI SOTTOTERRA ALEX ZANOTELLI
BENI PUBBLICI E PROFITTI PRIVATI
Una accorta propaganda ha diffuso l'idea che l'acqua del rubinetto “non è buona" e che è meglio bere l’acqua in bottiglia, per la maggior gloria di quelli che la vendono, assicurandosi alti profitti. Intanto, la legge dice che tutte le acque sono pubbliche e costituiscono una risorsa da salvaguardare secondo criteri di solidarietà; dopo parole così belle e nobili, la legge consente che delle acque “pubbliche” possano appropriarsi imprese in cui sono presenti ingenti capitali privati, che le vendono ai cittadini, secondo criteri di profitto finanziario. La legge dice anche che occorre risparmiare acqua, ma ben poco viene fatto dall'alto in questa direzione. Eppure i consumi d i acqua potrebbero diminuire facilmente con una adeguata riprogettazione di lavatrici, rubinetti, macchinari industriali, gabinetti, in modo da ottenere lo stesso effetto e servizio con meno acqua. Scrive Giorgio Nebbia: "Le scuole, è da lì che comincia l’informazione delle persone che saranno destinate a vivere in città assetate, sono la prima frontiera per far conoscere il problema, ma anche il fascino della circolazione e dell’uso dell’acqua, la più indispensabile fonte di benessere della vita individuale e urbana..."
GIORGIO NEBBIA

A MANI NUDE
Le donne dalit, le "intoccabili", occupano i gradini più bassi nella gerarchia sociale induista. Vivono nelle periferie delle grandi città indiane dove per meno di 50 centesimi di euro al giorno puliscono le latrine private. I datori di lavoro a volte pagano in ritardo, altre non pagano affatto, ma tutti preferiscono lanciare i soldi a distanza. Lo stupro di una donna dalit non è sempre percepito come un crimine. In realtà il sistema delle caste che plasma il presente e il futuro di quelle donne va oltre l’induismo: riguarda anche cristiani e musulmani. È stato addirittura rinvigorito dall’apertura del paese al libero mercato: come spiegano quelli del Movimento dalit per la giustizia, le privatizzazioni degli anni &rsquo ;90 hanno creato un sistema di appalti che premia gli imprenditori capaci di tagliare i costi. Un caso esemplare è la rete ferroviaria indiana (un gigante fatto di 14.300 treni che trasportano 25 milioni di passeggeri ogni giorno): gli scarichi l’hanno resa la latrina a cielo aperto più grande del mondo. Per ripulire i binari, le società private impiegano la manodopera più economica sul mercato: gli uomini dalit. Tuttavia, alcune donne e alcuni uomini dalit hanno cominciato a ribellarsi e attraverso diversi progetti del commercio equo la loro vita quotidiana ritrova dignità e reddito. Un grande reportage dall'India
GIANLUCA IAZZOLINO

RIPARTIRE DAL TERRITORIO. RIDARE VOCE AGLI INVISIBILI
La vita di ogni giorno di anziani, migranti, persone con disabilità, detenuti, senza dimora, rom, persone con problemi di tossicodipendenza è sempre più segnata dai tagli ai servizi sociali, mentre aumenta l'intervento dei privati e si utilizza il volontariato contro la cooperazione sociale. Tuttavia, in molti hanno cominciato a sperimentare nelle città forme di lavoro sociale che poco hanno a che vedere con la dittatura del mercato. Si tratta di esperienze che in primo luogo ripartono dall'ascolto degli invisibili, che mettono al centro nuovi modi di convivere ma anche pratiche di conversione ecologica. Lo dimostra la rinnovata diffusione di appropriazioni di spazi per “cultura e col tura” (teatri, cinema, azioni di rigenerazione urbana e street art, orti urbani e sociali), per il diritto all’abitare (case occupate), per la socialità (fabbriche autogestite, centri sociali). Un welfare nè statale nè privato ma locale e comunitario, e un reddito di cittadinanza diffuso possono ridisegnare città e relazioni
CARLO DE ANGELIS

CREARE BENI COMUNI E MONDI NUOVI GEORGE CAFFENTZIS E SILVIA FEDERICI 

SPAZI COMUNITARI PAOLO CACCIARI

CUT UP
"Dopo aver tagliato parole e frasi da giornali e riviste, le sistemiamo in piccoli gruppi sui tavoli - racconta Rosaria Gasparro, maestra - Ci divertiamo ad accostarle, ad allontanarle, a svelarne legami sconosciuti. A cercare la parola che ci serve. Vivono di vita propria le parole. Ne scopriamo la forza creatrice che fa a meno delle nostre idee prestabilite, che fa a pezzi schemi e stereotipi. E sono le parole che s’inseguono, si cercano, suonano per conto loro. Si fanno poesia e siamo noi a sorprenderci di ciò che viene fuori. Un ulteriore di senso e di bellezza che ci travalica. Che c’interroga". Cut up, parole in libertà, parole libere, parole di libertà, per disegnare un mondo diverso qui e adesso
ROSARIA GASPARRO

IL VALORE AGGIUNTO DELL'USATO
Riciclo e riuso cominciano a uscire dalla nicchia in cui l'universo del consumismo li aveva rilegati. Tuttavia, dice la Rete nazionale Operatori dell’Usato, hanno bisogno di riconoscimenti culturali e di sostegni normativi per dare forza e dignità al valore sociale di questo grande pezzo di economia popolare
ANTONIO CONTI

L'ASIMMETRIA DELLA LEGALITÀ ROMANA
In nome di una presunta legalità delle procedure e di calcoli arbitrari e astratti, in questi mesi a Roma si minacciano di sgombero forzato esperienze di autogestione sociale che hanno recuperato all’uso pubblico edifici abbandonati. Ai costruttori viene riservato un trattamento molto diverso. L’utilizzo illegale del palazzo di vetro di piazza dei Navigatori non viene sanzionato e ci si prepara ad un condono tombale che perfino il Municipio sembrerebbe esser disponibile ad accettare. È l’impunità di chi persegue l’arricchimento facile a scapito dell’interesse comune ma può dipendere anche da noi 
FABIO ALBERTI
IDOMENI, L'EUROPA E IL CAMPO DI FORZE
Alcune impressioni di viaggio dalla carovana promossa in Italia da collettivi antirazzisti, centri sociali, cooperative e associazioni varie per raggiungere il campo al confine tra la Grecia e la Macedonia. La campagna di‪ #‎OverTheFortress‬ esprime indignazione contro l’ipocrisia europea, a cominciare dall’indecente accordo con la Turchia, e manda a dire alle istituzioni europee (che le considerano in esubero) che le oltre diecimila persone stipate nelle tende non sono sole. In pochi giorni &egr ave; riuscita anche a fare qualcosa di molto concreto: illuminare l’area adiacente ai servizi igienici, donare un generatore alla tenda per l’info-point e l’area dei bambini, provare a favorire la formazione di un legal team e la costruzione di un cinema all’aperto e una struttura in cui poter ricaricare i telefoni che funzioni da hotspot Wi-Fi. Oltre che essere battaglia di dignità e umanità, dicono i partecipanti, la libertà di movimento per le persone rappresenta in questa fase una spinta essenziale per riconquistare uno spazio comune di diritti che nel corso della crisi ha subito un’erosione generalizzata
#OVERTHEFORTRESS

I MIGRANTI, I MEDIA E LE NON-NOTIZIE
Da mesi i media europei non parlano d’altro: l’emergenza immigrazione. Dopo i fatti della notte di San Silvestro a Colonia, per settimane l’opinione pubblica tedesca ed europea è rimasta scossa e disorientata. Tre settimane fa è terminata l’inchiesta della polizia tedesca: 58 arresti e tra di loro solo tre richiedenti asilo... “Ma non possiamo essere noi ad accogliere tutti” dicono intanto coloro che ignorano che il Libano ha sei milioni di abitanti e oltre un milione e mezzo di rifugiati. Per i media i migranti sono carne da macello. Naturalmente le tante le notizie che danno speranza e disegnano una società diversa (come la novità dei corridoi umanitari con la Siria, i privati cit tadini che comprano o noleggiano navi per andare a salvare i naufraghi nel Mediterraneo, i ragazzi di associazione studentesche come la parigina Réfugiés Bienvenue - foto - che tra una lezione e l’altra incontrano questa umanità in marcia, camminano con loro, li aiutano a trovare un alloggio, delle amicizie...) non trovano abbastanza spazio
MARINO FICCO

 

 

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