Il 2015-12-20 11:23 scarph@??? ha scritto:
> Il 2015-12-18 15:34 Lunaele ha scritto:
> 
>> E poi un altro aspetto, intrinsecamente collegato, che sono riuscita a
>> chiarirmi solo parzialmente grazie a questo articolo dei compagni del
>> cantiere
>> http://www.cantiere.org/10020/a-genova-non-avevamo-gli-smartphone/ che
>> provo a esporvi qui:
>> Se agli albori degli anni 2000 eravamo fomentati al grido di "Don’t
>> hate the media, become the media", proprio perché si stava costruendo
>> qualcosa di alternativo E massivo, proprio perché indymedia
>> rappresentava un'avanguardia incredibile e difatti avrebbe anticipato
>> di gran lunga l'hacktivismo dei giorni nostri, ora non possiamo non
>> renderci conto che la partecipazione politica dei movimenti passa in
>> gran parte da interazioni virtuali, agendo però, al contrario di
>> Indymedia, su livelli mediatici e tecnologici diversi, ovvero
>> utilizzando come piattaforme le superodiate multinazionali delle
>> telecomunicazioni, tramite applicazioni chiuse e magari pure con il
>> proprio iphone, insomma senza poter lasciar perdere i livelli massimi
>> del potere, per i quali, citando l'articolo che ho linkato prima,
>> "siamo il tessuto connettivo grazie a cui si costituisce il ‘capitale
>> sociale’ delle società postfordiste.", ovvero, in spiccioli, le nostre
>> vite sono state messe a valore, il nostro
>> tempo e interazioni virtuali gli fanno guadagnare capirali enormi,
>> mentre noi "postiamo foto di gattini".
> 
> Purtroppo non e' cosi', se lo fosse adesso in piazza anziche' starci
> in 150 saremmo 150.000
> Andare a tagliare con l'accetta la questione della partecipazione
> politica, come se fosse un risultato della propaganda attraverso gli
> strumenti della comunicazione rende alquanto confusa la questione.
> Credere che i movimenti che si sono incontrati a Seattle, come a
> Genova, fossero il risultato degli albori dell'attivismo digitale,
> significa guardare il dito della retorica delle tecnocrazie
> contemporanee, mentre indica la luna della democrazia. Se non usciamo
> anche noi da questa allucinazione collettiva continueremo a pensare a
> come cambiare il mondo attraverso la comunicazione, mentre la gente
> diventa sempre piu' povera, senza casa, senza luce, senza reddito,
> senza capacita' di relazione reale, senza contatti concreti sul
> territorio, mentre i gattini della rivoluzione sbadigliano a piu' non
> posso sul SN di turno.
> Senza una politica reale, fatta dal basso, quartiere per quartiere,
> strada per strada, collettivo per collettivo, gli strumenti per
> comunicare ce li diamo sui denti, perche' non abbiamo nulla di
> politico da comunicare se non la nostra stessa esistenza, cioe' la
> merce di scambio piu' gettonata dal capitalismo odierno.
> Non ci servono strumenti per comunicare, ne abbiamo pure troppi, ci
> mancano le forme di resistenza al presente.
> 
> ciao
> s*
> _______________________________________________
> Hackmeeting mailing list
> Hackmeeting@???
> https://www.autistici.org/mailman/listinfo/hackmeeting
Secondo me nella discussione potremmo fare un passetto avanti e 
veramente abbandonare questa perplessità che scarph ha espresso: non è 
che se una struttura politica utilizza un profilo fb allora abbandona la 
politica reale, fatta dal basso, quartiere per quartiere, strada per 
strada, collettivo per collettivo ecc.
Secondo me dovremmo renderci conto che quelle persone di cui parliamo e 
che vogliamo intercettare come movimento popolano lo spazio "reale" come 
quello "virtuale"(nello specifico fb e twitter), e noi dovremmo riuscire 
ad intercettarli in entrambi gli spazi. Di questo si parla, si parla di 
imparare a stare in modo intelligente e strumentale, come si diceva in 
alcune mail, in quelle che nel giro di pochi anni sono diventate delle 
vere e proprie "piazze", ovvero uno spazio percepito dalla gente che lo 
popola come "pubblico". Questa parola, lascerà tutti un po' perplessi, 
me compresa, perchè se dobbiamo paragonare fb ad uno spazio fisico, 
magari il centro commerciale è la cosa più appropriata, poichè è di un 
privato, percepito come pubblico, ma se provi a distribuire dei 
volantini di protesta contro il lavoro precario e sottopagato ti 
cacciano fuori a calci in culo, ma a me viene in mente il fatto che, 
ultimamente, quando scendiamo in piazza in quello che definiamo spazio 
pubblico, che ci spetterebbe di diritto, non veniamo trattati allo 
stesso modo? Io credo proprio di si..
Le piattaforme che abbiamo noi movimenti per esprimerci si restringono 
sempre più, dunque studiamo modi strumentali per usare piazza pubbliche 
o private che siano e cerchiamo di riprenderci lo spazio mediatico che 
non abbiamo in questo momento.
Nella nostra piccola realtà pisana, posso dire che questo strumento e 
insieme il cercare nuove forme comunicative, ci ha aiutato a portare 
gente in piazza, ma rendiamoci pure conto che portare oggi gente in 
piazza, significa non portare le folle. Son finiti i giorni in cui 
riscivamo a portare n-mila persone, dalla conclusione del ciclo di 
mobilitazioni del 2010 le manifestazioni che abbiamo attraversato 
riusciavano a portare in piazza una media di 70 persone, ed era molto 
triste questo, ad oggi siamo riusciti ad arrivare anche a 200, si lo so, 
son poche, ma son comunque più di prima, quindi chiediamoci perchè la 
gente non scende più in piazza e gioiamo anche se non siamo gli n-mila 
di una volta, dato che il contesto storico è completamente cambiato.
Quindi io direi di non prenderci male, rendiamoci conto che 
probabilmente non vedremo grandi mobilitazioni per un po' e che 
mobilitare la gente è difficile, ma non impossibile, bisogna cercare di 
capire quali sono le corde giuste da stuzzicare e oltre a questo anche 
capire come strappare qualcosa da questi mostri del capitale, che ci 
succhiano plusvalore anche quando dormiamo, e capire come fare a fregare 
i loro algoritmi per esser presenti "sempre" in ogni "bacheca".
Un ultimo appunto, che va riguarda la rete più in generale - Secondo me 
non ha senso parlare di allucinazione collettiva, poichè per me non 
esiste la dicotomia vita "reale" vita "virtuale", al di la del fatto che 
sono sue sfere che si influenzano a vicenda, e che esistono relazioni 
"reali" anche se "virtuali", se lo portiamo dal punto di vista del 
movimento e quindi politico, dobbiamo tener presente che il capitalismo 
ci sfrutta anche nella nostra vita "virtuale" e che questo produce un 
guadagno "reale", e che quindi come abbiamo imparato a fottere la catena 
di montaggio bloccando la produzione, comprendere che la "catena di 
montaggio" ora si spiega tra queste sue sfere, vuol dire che esiste un 
un piano di azione politica nuovo che va studiato, indagato e praticato.
Bella a tutt*
Polg