Il 2015-12-18 15:34 Lunaele ha scritto:
> E poi un altro aspetto, intrinsecamente collegato, che sono riuscita a
> chiarirmi solo parzialmente grazie a questo articolo dei compagni del
> cantiere
> http://www.cantiere.org/10020/a-genova-non-avevamo-gli-smartphone/ che
> provo a esporvi qui:
> Se agli albori degli anni 2000 eravamo fomentati al grido di "Don’t
> hate the media, become the media", proprio perché si stava costruendo
> qualcosa di alternativo E massivo, proprio perché indymedia
> rappresentava un'avanguardia incredibile e difatti avrebbe anticipato
> di gran lunga l'hacktivismo dei giorni nostri, ora non possiamo non
> renderci conto che la partecipazione politica dei movimenti passa in
> gran parte da interazioni virtuali, agendo però, al contrario di
> Indymedia, su livelli mediatici e tecnologici diversi, ovvero
> utilizzando come piattaforme le superodiate multinazionali delle
> telecomunicazioni, tramite applicazioni chiuse e magari pure con il
> proprio iphone, insomma senza poter lasciar perdere i livelli massimi
> del potere, per i quali, citando l'articolo che ho linkato prima,
> "siamo il tessuto connettivo grazie a cui si costituisce il ‘capitale
> sociale’ delle società postfordiste.", ovvero, in spiccioli, le nostre
> vite sono state messe a valore, il nostro
> tempo e interazioni virtuali gli fanno guadagnare capirali enormi,
> mentre noi "postiamo foto di gattini".
Purtroppo non e' cosi', se lo fosse adesso in piazza anziche' starci in
150 saremmo 150.000
Andare a tagliare con l'accetta la questione della partecipazione
politica, come se fosse un risultato della propaganda attraverso gli
strumenti della comunicazione rende alquanto confusa la questione.
Credere che i movimenti che si sono incontrati a Seattle, come a Genova,
fossero il risultato degli albori dell'attivismo digitale, significa
guardare il dito della retorica delle tecnocrazie contemporanee, mentre
indica la luna della democrazia. Se non usciamo anche noi da questa
allucinazione collettiva continueremo a pensare a come cambiare il mondo
attraverso la comunicazione, mentre la gente diventa sempre piu' povera,
senza casa, senza luce, senza reddito, senza capacita' di relazione
reale, senza contatti concreti sul territorio, mentre i gattini della
rivoluzione sbadigliano a piu' non posso sul SN di turno.
Senza una politica reale, fatta dal basso, quartiere per quartiere,
strada per strada, collettivo per collettivo, gli strumenti per
comunicare ce li diamo sui denti, perche' non abbiamo nulla di politico
da comunicare se non la nostra stessa esistenza, cioe' la merce di
scambio piu' gettonata dal capitalismo odierno.
Non ci servono strumenti per comunicare, ne abbiamo pure troppi, ci
mancano le forme di resistenza al presente.
ciao
s*