[nuovopci] Avviso ai naviganti 55 - Come si preparano le pr…

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Autor: \(nuovo\) Partito comunista italiano
Data:  
Dla: npci.inter
Temat: [nuovopci] Avviso ai naviganti 55 - Come si preparano le privatizzazioni - Un caso esemplare


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          [3]


_ AVVISO AI NAVIGANTI 55_

15 settembre 2015

(Scaricate il testo in versione Open Office [4], PDF [5] o Word [6] )

Per mettersi in contatto con il Centro del (n)PCI senza essere
individuati e messi sotto controllo dalle Forze dell'Ordine borghese,
una via consiste nell'usare TOR [vedere
http://www.nuovopci.it/corrisp/risp03.html [7] ], aprire una casella
email con TOR e inviare da essa a una delle caselle del Partito i
messaggi criptati con PGP e con la chiave pubblica del Partito [vedere
http://www.nuovopci.it/corrisp/risp03.html [7] ].

LE ISTRUZIONI PER L’USO DI TOR E DI PGP SONO STATE RECENTEMENTE
AGGIORNATE. UNA VERSIONE PIÙ SEMPLICE DELLE PRECEDENTI È ORA DISPONIBILE
IN http://www.nuovopci.it/corrisp/risp03.html [7]

COME NELLA REPUBBLICA PONTIFICIA SI PREPARANO LE PRIVATIZZAZIONI - UN
CASO ESEMPLARE

LA PRIVATIZZAZIONE DEL CONSORZIO PER IL SISTEMA INFORMATICO (CSI) DEL
PIEMONTE NELLA PRECISA DENUNCIA DELL’AVV. ENZO PELLEGRIN - _ NUOVE
RESISTENTI [8]_ N. 554 - 30.07.2015.

Con alcune nostre considerazioni.

PREMESSA

La privatizzazione dei servizi pubblici e del settore pubblico
dell'economia è uno degli espedienti con cui i capitalisti di tutti i
paesi imperialisti hanno prolungato l'agonia del loro sistema di
relazioni sociali sconvolto dalla nuova crisi generale del capitalismo
incominciata a metà degli anni '70 del secolo scorso. Proprio come, al
contrario, l'intervento dello Stato borghese nell'economia e negli altri
settori della vita sociale era stato la sintesi delle riforme che a
partire dalla vittoria sul nazifascismo i revisionisti moderni (con
Togliatti alla testa) avevano imposto su larga scala in tutti i paesi
imperialisti europei in alternativa alla rivoluzione socialista.

La privatizzazione è stata ed è un espediente con cui la borghesia ha
colpito e colpisce duramente le masse popolari approfittando
dell'esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria che non
solo ha privato la classe operaia della sua capacità rivoluzionaria ma
ha sminuito anche la sua capacità di resistenza alla restaurazione
padronale.

Preparata dalla privatizzazione della Banca d'Italia ("il divorzio")
imposta con un colpo di mano nel 1981 dalla coppia Andreatta-Ciampi e
perseguita da tutti i governi delle Larghe Intese, da quelli del circo
Prodi come da quelli della banda Berlusconi, la privatizzazione dei
servizi pubblici e del settore pubblico dell'economia, unita alla
vendita dei beni demaniali, è anche una delle linee perseguite dal
governo Renzi-Bergoglio. Questo è partito con piglio superiore a quello
dei suoi predecessori all'attacco nei settori della sanità e della
scuola (in generale dell'istruzione pubblica), ma la privatizzazione è
in corso in tutti i campi dell'economia e più in generale della vita
nazionale.

Per smussare la resistenza alle privatizzazioni il tema impiegato dalla
borghesia, dai suoi portavoce e dalle sue autorità è che i servizi
pubblici e il settore economico gestiti dallo Stato sarebbero
inefficienti, costerebbero cari allo Stato (ai "contribuenti") e
sarebbero la fonte della corruzione e della malavita dilaganti nei paesi
imperialisti. La teoria della sussidiarietà (di cui si ammantano
Comunione e Liberazione e organizzazioni affini) - lo Stato deve
intervenire solo dove l'iniziativa privata non riesce - è la "versione
nobile" della paccottiglia neoliberista.

Il testo di Enzo Pellegrin mostra, illustrando un caso particolare, come
i capitalisti, i loro ausiliari e agenti cucinano le aziende pubbliche
per far accettare la loro privatizzazione.

La cautela e i sotterfugi con cui procedono è però l'indice sicuro della
loro debolezza: se riescono a procedere è perché noi non riusciamo
ancora ad opporre una ferma resistenza.

Come rafforzare la resistenza? La resistenza alle privatizzazioni è uno
dei terreni su cui, agendo fermamente e con creatività caso per caso,
possiamo e dobbiamo formare Organizzazioni Popolari per la costituzione
del Governo di Blocco Popolare [9]. La formazione di OP rafforzerà anche
la resistenza alle privatizzazioni, rafforzerà complessivamente il campo
delle masse popolari, indebolirà il campo della borghesia imperialista e
del clero.

CSI PIEMONTE: IL SOLITO COPIONE DI SVENDITA - Enzo Pellegrin, 29 luglio
2015

È notizia di oggi. L'assemblea dei soci del CSI Piemonte, consorzio di
tecnologia informatica i cui soci sono gli enti locali piemontesi, ha
approvato la proposta per aprire la struttura societaria alla
partecipazione privata. L'ordine del giorno in burocratese dice di voler
individuare nel "dialogo competitivo" lo strumento attraverso il quale
il Consiglio di Amministrazione dovrà sondare il mercato per individuare
potenziali partner.

In parole franche: verrà aperta una procedura per spingere i privati a
far pervenire una manifestazione di interesse all'acquisto di parti più
o meno grandi della proprietà dell'azienda informatica.

In parole ancora più franche: svendita della ricchezza pubblica al
privato.

Tanto per ricordare sempre i responsabili, il sindaco di Torino [Piero
Fassino] ha sbloccato e propiziato la situazione, dando mandato al suo
rappresentante - il direttore Sandro Golzio - di astenersi pur
partecipando alla votazione, escamotage attraverso il quale il Comune di
Torino ha garantito il numero legale. All'assemblea hanno partecipato 53
enti che coprivano l'84% delle quote societarie e il provvedimento è
stato approvato con 46 sì (70%) e 7 astensioni.

Dati storici ed esperienza alla mano, le vendite della ricchezza e del
know-how pubblico ad un mercato di privati, partner o non partner che
siano, non è mai stato un vantaggio se non per i fortunati speculatori
che si assumevano il rischio.

Sepolta da tonnellate di immondizia disinformativa, parto dell'egemonia
culturale di un capitalismo nella sua fase acuta e finale, l'operazione
viene sempre presentata come tentativo di "svecchiare",
"razionalizzare", depoliticizzare un pubblico carrozzone per renderlo
più efficiente, dinamico, moderno. E poi lo dicono i fatti: il CSI,
senza i privati ha l'acqua alla gola.

Questo tipo di pantomima non ha ovviamente fondamento alcuno, ma è parte
di un preciso processo in più fasi in cui dapprima si rende il pubblico
inefficiente, poi si toglie l'ossigeno, si spara dunque a zero sui danni
e sui difetti appositamente generati, per poi concludere dicendo: meglio
nelle mani di "efficienti" privati che nel carrozzone politico degli
sprechi. Quegli stessi interessi privati che avevano mosso guerra e
intrigo, si pappano la torta.

Nessun dubita delle inefficienze, dei clientelismi, delle strutture
inutili che spesso zavorrano la pubblica gestione. La soluzione sarebbe
però quella di eliminare le distorsioni combattendo la malattia, magari
sottoponendole al controllo diretto di assemblee popolari e territoriali
di cittadini, non di delegati politici. Sicuramente non serve uccidere
il paziente, se non ai necrofori privati che speculano sui resti.

Non c'è poi alcun dubbio che se i guai nelle strutture pubbliche ci
sono, questi sono opera e parto in ultima analisi degli interessi
privati.

Come nel caso del CSI, accanto ad una parte di sprechi e clientela, c'è
anche la programmata e voluta scarsità di risorse impiegate. È difficile
pretendere un'oculata gestione degli assetti produttivi pubblici quando
gli interessi privati dei creditori dei debiti sovrani e pubblici
impongono austerità e limiti di bilancio tali da affossare qualsiasi
investimento.

Togliere appunto l'ossigeno e nel contempo bastonare il cane che affoga
accusandolo di inefficienza. Poi passare alla cassa e sfruttare la
complicità di amministratori pubblici nell'orbita dell'egemonia
culturale di monopoli finanziari ed industriali.

Un grande fiume di potenti interessi spinge questa dinamica in cui gli
Stati e gli amministratori pubblici sembrano ormai inermi ed incapaci di
qualsiasi minima polemica di sovranità o autonomia. I programmati tagli
alle prestazioni sanitarie per ragioni di cassa dipinte da
"razionalizzazione della spesa", la dicono lunga.

Dall'altra parte sta la verità nascosta: qualsiasi gestione pubblica,
correttamente pianificata, assicura la migliore organizzazione dei
fattori produttivi in funzione dei fini collettivi che si vuole
assicurare.

Nei dipendenti del CSI, quelli veri, quelli che lavorano e producono non
assistiti da paracaduti politici, c'è proprio questo. Uno di questi
lavoratori, Carmelo Di Giorgio, scriveva recentemente in una lettera
aperta sulla pagina facebook "Non rompete il CSI":

_"Lavoro in un'azienda che si occupa dell'informatica degli enti
pubblici: regione, comune, ASL e quasi tutti i comuni sono legati a noi.
È un'azienda quarantennale, con i suoi difetti (a volte marcati) ma che
ha permesso al Piemonte di avere a lungo servizi sicuri, efficienti e -
che ci crediate o no - poco costosi._

_Gli enti pubblici piemontesi, con a capo la Regione, sono i nostri
clienti ed i nostri padroni. Oggi, hanno deciso di farci a pezzetti e di
svenderci ad uno o più gruppi privati._

_Penserete: teme per il posto, vuole solidarietà._

_Non è così, nemmeno un po'._

_Non sono sereno per il mio lavoro, ma se e quando ci sarà da inventarsi
qualcosa lo farò, punto._

_La mia indignazione è da cittadino, e credo che tutti voi dovreste
condividerla._

_È la fine di un modello virtuoso che aveva come fine il benessere
pubblico ed il cittadino. Ora il fine ultimo diventa il profitto. Ciò
significa che, molto probabilmente, tutti noi avremo servizi più
costosi, meno efficienti, meno numerosi._

_Finisce il modello in cui gli enti del Piemonte formano un sistema
unico ed integrato, con i dati che fluiscono come, dove e quando serve.
Presto sarà solo un ognun per sé, far lavorare insieme comune e regione
(ad esempio) sarà molto più difficile (e costoso - ah, l'ho già
detto?)._

_Finisce anche il modello in cui i vostri dati sono al sicuro. Ad
amministrare le vostre informazioni personali e sensibili saranno degli
attori privati, non più la pubblica amministrazione._

_I dati sanitari appartengono al pacchetto, per capirci._

_I politici gridano: troppo costoso mantenervi! ! Ma intanto per anni
non hanno rinunciato praticamente a nessuno dei servizi che offriamo, ed
oggi non sanno spiegare come gli stessi potranno essere erogati da nuovi
attori che, oltre tutto, dovranno guadagnarci."_

_(https://www.facebook.com/NonRompeteIlCsiPiemonte)_

Ho riportato queste parole perché spiegano l'uovo di colombo che viene
occultato ogni giorno dalla "disinformacija" - per usare un termine a
loro caro - dei media mainstream e dei servi politici degli interessi
privati.

Nel pubblico sta l'autonomia del popolo, l'antidoto alla schiavitù nei
confronti di chi possiede privatamente i mezzi di produzione. Nel
privato sta solo l'interesse e il profitto di chi investe. Da che mondo
è mondo, una volta acquistato un guinzaglio, lo si usa.

Qualche giorno fa, Luciano Gallino acutamente argomentava su
_Micromega_:

_"Se uno potesse chiedere a Gramsci come mai le sinistre europee
comunque denominate, a cominciare da quelle italiane, sono state
travolte senza opporre resistenza dall'offensiva egemonica del
neoliberismo partita nel 1947 dal Mont Pélerin, forse risponderebbe
«perché non li avete saputi imitare». Al fiume di pubblicazioni volte ad
affermare l'idea dei mercati efficienti non avete saputo opporre niente
di simile per dimostrare con solidi argomenti che i modelli con cui si
vorrebbe comprovare tale idea si fondano su presupposti del tutto
inconsistenti._

_Inoltre, proseguirebbe Gramsci, dove sono i vostri articoli e libri che
rivolgendosi sia agli esperti che ai politici e al largo pubblico si
cimentano a provare ogni giorno, con solidi argomenti, la superiorità
tecnica, economica, civile, morale della sanità pubblica su quella
privata; delle pensioni pubbliche su quelle private, a fronte degli
attacchi quotidiani dei media e dei politici alle prime, attacchi basati
in genere su dati scorretti; dello Stato sulle imprese private per
produrre innovazione e sviluppo, oggi come in tutta la seconda metà del
Novecento; dell'importanza economica e politica dei beni comuni
sull'assurdità della privatizzazioni?_

_Poiché la natura ha orrore del vuoto, il vuoto culturale, politico,
morale delle sinistre è stato via via riempito dalle successive leve di
lettori, elettori, docenti, funzionari di partito e delle istituzioni
europee, istruite dall'intellettuale collettivo sortito dalla MPS
_[Mount Pelérin Society, think thank neoliberista fondato nel 1947 da
Friedrich von Hayek e altri intellettuali anticomunisti tra cui Milton
Friedman, Karl Popper e Ludwig von Mises, ndr]_. Il consenso bisogna
costruirlo, e la MPS ha dimostrato di saperlo fare. Le sinistre non ci
hanno nemmeno provato."
(http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-lunga-marcia-dei-neoliberali-per-governare-il-mondo/
)_

Si potrebbe replicare a Luciano Gallino che doveva servire ben altro.
Dovevano trarsi le conclusioni sulla struttura del capitalismo nella sua
fase più acuta e suprema, quella dell'imperialismo nel senso in cui lo
intendeva Lenin, in cui le cinque caratteristiche fondamentali
(concentrazione della produzione e del capitale, fusione/simbiosi del
capitale bancario e del capitale industriale e conseguente formazione di
un'oligarchia finanziaria, l'esportazione di capitale, la ripartizione
del mondo fra i gruppi monopolistici internazionali, la ripartizione
dell'intera superficie terrestre fra le grandi potenze imperialistiche)
dovevano quantomeno indirizzare a una controffensiva politica, culturale
in grado di sgretolarle all'interno di economie collettivizzate che
intraprendevano il programma di abbandono dell'anarchia produttiva
privatistica per realizzare il socialismo.

Questa via è stata repentinamente scartata, abbandonata, lapidata.

Perchè la sinistra-che-non-ne-azzecca-una trova così difficile ritornare
ad agitare e ad agganciare la contraddizione fondamentale
capitale-lavoro e le ulteriori contraddizioni che ne derivano, svendita
dei beni pubblici tra questi?

Perché per anni e anni si è dedicata alle finte contraddizioni che le
garantivano posticini di micropotere e microfondi nelle giunte e in
Parlamento: berlusconismo/centrosinistra, fannullaggine/meritocrazia,
illegalità/legalità.

Nel mentre, imbottigliata nel gorgo dei fondi che consentivano di
mandare avanti la burocrazia politica, finiva per consentire o accettare
(magari astenendosi o facendo inutilmente gesto di stracciarsi le vesti
rimanendo seduta alle poltrone) di precarizzare, privatizzare,
costruire, sopprimere la discussione democratica delle assemblee
popolari, pontificando sui movimenti e la direzione che dovevano
prendere.

Poi in aula, in giunta, in sindacato, puntualmente in qualche modo
tradivano.

La tragedia greca - quel tipo particolare di tragedia greca che ben
conosciamo - viene rappresentata più volte di "Una trappola per topi" a
Londra, sul palco del St Martin's Theatre ininterrottamente ogni giorno
dal 1974.

Sulla contraddizione capitale e lavoro altri hanno innestato allora
egemonie culturali più semplici anche se altrettanto fallaci:
italiano/straniero, occidente/inciviltà, libertà di
consumo-efficienza/statalismo. La classe lavoratrice è stata ampiamente
colonizzata, mentre chi per statuto doveva stare dalla sua parte, si
attardava alla mensa del padrone. Quest'ultimo, il padrone vero,
proseguiva la sua lunga marcia, partita anche dal Mont Pelerin, sulle
spalle dell'umanità e con buon aggio della sinistruccia di cui sopra.

Ora stanno increduli e invidiosi a parlare e rimembrare la realtà
snobbata ai bordi del campo coltivato da altri.

Se chi è stato tradito nelle piazze può rivendicare comunque giornate
sue, questi al bordo del campo scoprono ora di non essere mai stati
proprietari di se stessi.

La loro peculiarità? Non lo comprenderanno mai.

È pertanto ora di partire da soli: scarpe rotte sì, ma non male
accompagnati.

ALCUNE NOSTRE CONSIDERAZIONI SULL’ARTICOLO DI ENZO PELLEGRIN

L'articolo di Enzo Pellegrin illustra bene il processo attraverso il
quale i capitalisti e i loro servi riducono servizi pubblici e aziende
di proprietà pubblica in condizioni tali da raccogliere nella sinistra
borghese sostenitori e zittire oppositori ai progetti di privatizzarli
(che poi siano svenduti o ben venduti, è cosa importante ma secondaria).


Quindi è un articolo interessante e utile. Per questo lo proponiamo ai
nostri lettori: servirà a fare caso per caso l'analisi concreta delle
manovre (da prevenire o contrastare) con cui i nostri nemici preparano
il terreno per la privatizzazione.

Ma all'argomentazione di Enzo Pellegrin manca un pezzo importante: il
contesto storico degli avvenimenti di cui l'articolo tratta. Senza il
contesto storico che ha dato il via allo sviluppo dei servizi pubblici e
al settore pubblico dell'economia, anche la loro eliminazione ora in
corso sembra un'isola senza collegamenti con la lotta di classe, sembra
l'assurdo prodotto di un'aberrazione intellettuale dei promotori. Lo
scritto di Luciano Gallino che Enzo Pellegrin cita è una manifestazione
esemplare di questo modo inconsistente e piagnone di rappresentare il
corso delle cose.

Noi non poniamo in discussione le intenzioni dell'autore dell'articolo:
infatti non facciamo una critica di concezioni esplicite o implicite in
vari passaggi dell'articolo su cui non siamo per niente d'accordo. Ci
limitiamo al fatto che l'omissione del contesto storico si presta
all'opera diversiva degli esponenti della sinistra borghese che anche in
questi mesi sono alla vana ricerca di un "nuovo soggetto politico": la
messa a punto di un nuova lista elettorale che giustifichi la
collaborazione con la destra moderata nelle amministrazioni locali e si
presenti come alternativa ad essa per il governo centrale, una specie di
SYRIZA all'italiana.

L'estensione dei servizi pubblici e la moltiplicazione di aziende
pubbliche sono avvenuti nel secolo scorso in tutti i paesi e
specialmente nei paesi imperialisti sotto la pressione della prima
ondata della rivoluzione proletaria, come rimedio alla crisi generale
del capitalismo e come risposta della borghesia alle domande di migliori
condizioni di vita e di lavoro da parte delle masse popolari
direttamente o indirettamente egemonizzate dal movimento comunista e
incoraggiate dai successi dell'Unione Sovietica e degli altri paesi
socialisti. Questo è vero anche se in alcuni paesi (come l'Italia) la
creazione di servizi pubblici e di un settore pubblico dell'economia
hanno preso il via proprio sotto il fascismo (Banca d'Italia, IRI, INPS,
ONMI, consorzi agrari, ecc.), il nazismo e altri regimi reazionari e
anticomunisti. Dopo la sconfitta del nazifascismo, la borghesia ha
ingoiato e continuato sulla stessa strada: doveva cercare di dimostrare
che il capitalismo era meglio del socialismo. Le parole dei suoi
propagandisti e le processioni dei suoi preti non bastavano: ci volevano
anche fatti. Mentre doveva fare, la borghesia ha contemporaneamente
cercato di approfittare economicamente (prezzi delle forniture e degli
acquisti, asservimento del settore pubblico alla valorizzazione del
capitale, corruzione, appalti, ecc.) e politicamente (clientelismo) di
quello che comunque per ragioni politiche (di conservazione del potere)
doveva fare.

Quando a causa dei limiti dei comunisti nella comprensione delle
condizioni della lotta di classe la prima ondata della rivoluzione
proletaria si è esaurita e la seconda crisi generale del capitalismo ha
preso il via, è incominciata anche la distruzione dei servizi pubblici e
delle aziende pubbliche, la loro privatizzazione, ecc. La borghesia non
aveva più paura a spremere le masse popolari e doveva estendere il campo
di investimento del capitale impiegati nella produzione di merci e
soprattutto del capitale finanziario.

Quindi la contraddizione non è principalmente tra pubblico e privato, ma
tra classi (classe operaia alla testa delle masse popolari contro
borghesia imperialista e associati, in Italia principalmente la
gerarchia cattolica). Tanto meno si tratta della contraddizione tra due
scuole di pensiero (nella quale la sinistra avrebbe perso e perderebbe
perché meno avveduta e intelligente della destra: per anni, dalla
fondazione nel 1947 fino agli anni '70, sono stati i soci della Mont
Pelerin Society a masticare amaro). Alla base si tratta di una
contraddizione tra interessi di classi antagoniste. La sinistra perde
sul terreno intellettuale perché ha perso sul terreno politico della
lotta di classe, perché tra i comunisti sono prevalsi i revisionisti e
questi hanno poi lasciato il posto alla sinistra borghese: a quelli che
sospirano e vorrebbero la moglie ubriaca (migliori condizioni di vita e
di lavoro per tutti) ma ancora più ci tengono a che la botte resti piena
(il capitalismo).

A proposito del contrasto tra pubblico e privato cosa dice la decadenza
dell'Unione Sovietica e dei primi paesi socialisti? E la conversione
della Cina al "socialismo di mercato" che, come prima in URSS avevano
fatto Kruscev e Breznev sebbene con metodi diversi, punta a raggiungere
e superare l'America nella produzione e sacrifica gli altri aspetti del
socialismo?

Rimandiamo per un momento la questione della Cina su cui per ora i
nostri avversari avrebbero argomenti per dire che le nostre previsioni
(vedi _La Voce_ n. 50 pag. 53 [10] e numeri precedenti tra cui, in
particolare _La Voce_ n. 22 marzo 2006 [11]) sono discutibili perché non
ancora confermate dagli eventi: di ogni moribondo finché non è morto,
chi non esamina a fondo il problema può sempre dire che le previsioni
che morirà sono frutto del pessimismo. Ma le vicende dell'URSS e dei
primi paesi socialisti sono eloquenti. Ed esse dicono appunto che la
contraddizione non è tra pubblico e privato (quindi come oggi in Cina la
questione decisiva non è il rapporto tra settore pubblico e settore
privato, quanto di pubblico e quanto di privato c'è oggi): le aziende in
URSS e nei paesi socialisti europei restarono pubbliche anche dopo il XX
Congresso del PCUS (1956), ma anno dopo anno il ritmo di sviluppo si
attenuò, la qualità dello sviluppo cambiò di segno, la corruzione e la
criminalità dilagarono e infine il declino giunse fino al crollo. La
contraddizione è tra classi: la proprietà pubblica funziona come fattore
di progresso in tutti i campi se alla sua testa vi sono fautori del
socialismo devoti alla causa del comunismo ed è quindi connessa a una
trasformazione generale in corso della società sul piano politico,
culturale e del resto dei rapporti sociali: potere degli operai
organizzati attorno al partito comunista (dittatura del proletariato),
promozione dell'universale partecipazione delle masse popolari alle
attività politiche, culturali e a tutte la altre attività della società
(democrazia proletaria).

Da quando nei paesi socialisti la proprietà privata delle forze
produttive è già stata per l'essenziale eliminata, la borghesia non è
fatta principalmente da rampolli e nostalgici delle vecchie classi
spodestate, da criminali, da marginali e da infiltrati: limitare la
lotta di classe a questi fu uno dei limiti nella comprensione delle
condizioni della lotta di classe propri dei comunisti dell'epoca. Al
contrario, come ha insegnato Mao, essa è composta da quei dirigenti del
Partito comunista, dello Stato, dell'economia e delle altre istituzioni
sociali che per trattare le contraddizioni proprie del socialismo
adottano metodi borghesi, in altre parole da quei dirigenti che seguono
la via del capitalismo. Se questi hanno il sopravvento, poi da cosa
nasce cosa. Il socialismo si sviluppa solo se alla testa del Partito
comunista, dello Stato, dell'economia e delle altre istituzioni sociali
vi sono sinceri e decisi fautori del comunismo, ossia (per usare una
espressione sintetica e denigrata) in regime di dittatura del
proletariato. Non si tratta di intenzioni di singoli, ma di linee e di
metodi di direzione.

In conclusione, se nella teoria e in politica trattiamo il contrasto tra
pubblico e privato come lo tratta la sinistra borghese ("cosa dovrebbero
fare i capitalisti se non fossero accecati da teorie liberiste"),
continueremo a perdere come la sinistra borghese, perché non esiste una
terza via tra socialismo-comunismo e capitalismo. Se invece lo trattiamo
come una contraddizione di classe, un aspetto importante ma solo un
aspetto della lotta di classe, svilupperemo con successo anche la
resistenza alle privatizzazioni, ne faremo un terreno di lotte e di
vittorie e rimonteremo la china. I grandi e folgoranti successi
raggiunti dal movimento comunista, dalla classe operaia, dalle classi
sfruttate, dai popoli oppressi nella prima parte del secolo scorso, ci
dimostrano che il movimento comunista ha la chiave del futuro
dell'umanità. Non è la borghesia che è forte, siamo noi comunisti che
siamo rimasti vittime dei nostri limiti e dei nostri errori: tutte cose
che quindi noi possiamo e dobbiamo superare.

Oggi noi comunisti siamo pochi di numero. "Oggi non ci sono le
condizioni per la rivoluzione socialista", si affrettano a concludere
alcuni sinceri aspiranti alla rinascita del movimento comunista:
Collettivo Putilov di Firenze, Collettivo Stella Rossa di Poggibonsi,
Costituente Comunista, Fronte Popolare di Milano e Torino e vari altri.

Il punto non è che i comunisti oggi sono pochi di numero. Il punto è che
la società dominata dalla borghesia è preda di sconvolgimenti e
convulsioni (l'emigrazione di massa e l'ecatombe di emigranti sono
esemplari) che finiranno solo quando essa partorirà il comunismo: il
comunismo è il futuro dell'umanità.

Chi non è convinto di questo, è di questo che deve occuparsi.

Chi ne è già convinto, deve scoprire che cosa deve fare lui oggi per
promuovere la rinascita del movimento comunista, per moltiplicare il
numero dei comunisti ... e farlo! Quanti saranno i comunisti domani,
dipende da quello che facciamo noi comunisti oggi. Chi aspetta che siamo
in tanti, non contribuisce a far crescere il numero dei comunisti. Non
contribuisce a coinvolgere le masse popolari nella rivoluzione
socialista.

Il comunismo è il futuro dell'umanità ma è un futuro difficile a farsi.
Ma il movimento comunista è in grado di farlo: la questione è la
strategia [12] che esso deve fare propria e tradurre in tattiche
adeguate alle situazioni concrete. La rivoluzione socialista non è un
avvenimento che scoppia. La prova è che non è scoppiata neanche nel
periodo della grande crisi degli anni '20 e '30 del secolo scorso e
delle due guerre mondiali. Eppure a ragione Lenin e poi Stalin
esortavano i comunisti dei paesi imperialisti europei a fare la
rivoluzione socialista e dicevano che le condizioni oggettive della
rivoluzione socialista erano mature. Avevano forse torto Lenin e Stalin?
Hanno ragione Oliviero Diliberto e gli altri che dicono che non sono
mature neanche oggi?

[2]

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[4] http://www.nuovopci.it/dfa/avvnav55/Avv_nav_55_Privatizzare.odt
[5] http://www.nuovopci.it/dfa/avvnav55/Avv_nav_55_Privatizzare.pdf
[6] http://www.nuovopci.it/dfa/avvnav55/Avv_nav_55_Privatizzare.doc
[7] http://www.nuovopci.it/corrisp/risp03.html
[8] http://www.resistenze.org/sito/re00.htm
[9] http://www.nuovopci.it/dfa/avvnav07.html
[10] http://www.nuovopci.it/voce/voce50/cinanvic.html
[11] http://www.nuovopci.it/voce/voce22/indvo22.html
[12]
http://www.nuovopci.it/scritti/mpnpci/03_Il_PC_lotta_Italia_nuovo_paese_socialista.html#3_3