*Centenario ingresso Italia in Prima Guerra Mondiale, non c’era nulla da
festeggiare*
*Il 24 maggio 1915 iniziò la partecipazione all’inutile strage, non c’è
nulla di patriottico di cui essere orgogliosi cento anni dopo*
650.000 soldati morti, 600.000 vittime civili, oltre un milione di mutilati
e feriti (altro che le poche migliaia che abbiamo letto e ascoltato in
alcune celebrazioni in terra d’Abruzzo!) in nome di ciò che secondo
Giovanni Giolitti poteva essere ottenuto con “una neutralità concordata”.
Questo è il bilancio davanti alla Storia della partecipazione italiana alla
Prima Guerra Mondiale, incredibilmente festeggiata ed omaggiata
orgogliosamente in queste ore anche in Abruzzo. Nulla c’è di cui essere
orgogliosi, nulla da festeggiare davanti alla realtà storica di quella che
Benedetto XV definì l’inutile strage. Non è un retorico sfoggio di
patriottismo e nazionalismo (cavalcate anche dalle novelle destre italiche
…) che rende giustizia ai morti, agli invalidi civili, alle sofferenze
inflitte al popolo italiano e ai popoli d’Europa.
I sindaci di Trento e Bolzano si son rifiutati di aggiungersi a questi
“festeggiamenti” affermando che il 24 maggio può e dev’essere soltanto una
giornata di lutto, il ricordo di una pagina nera della storia tutto tranne
che da vantare. Concordiamo con le loro parole e con la loro scelta, che
amareggia non sia stata particolarmente seguita in Abruzzo.
Se si vuol ricordare e rendere giustizia ai morti e alle sofferenze della
Prima Guerra Mondiale, al posto della retorica della Patria e della
Nazione, andavano lette e diffuse le strazianti poesie di Giuseppe
Ungaretti scritte in trincea, il "Giornale di guerra e di prigionia" di
Carlo Emilio Gadda in cui emerge l'ottusità di ufficiali arroganti e
l'insipienza criminale degli alti comandi, "Addio alle armi" di Ernest
Hemingway e "Un anno sull'altopiano" di Emilio Lussu, grandi testimonianze
del fanatismo di quella guerra, le lettere dei soldati che mandavano al
diavolo la guerra e il re, che furono censurate, proiettare pubblicamente i
capolavori cinematografici “La grande guerra” di Mario Monicelli del 1959,
“Uomini contro” di Francesco Rosi del 1970, e il film “Tu ne tueras pas” di
Autant Lara (“Non uccidere” nella versione italiana), che fu denunciato per
vilipendio e proiettato pubblicamente nel 1961 dal sindaco di Firenze
Giorgio La Pira, con un coraggioso gesto di disobbedienza civile.
Oramai in tutte le scuole i libri di storia hanno rivisto il tradizionale
giudizio positivo sulla prima guerra mondiale e oggi prevale una netta
disapprovazione della guerra celebrata nelle piazze. Ci chiediamo per quale
oscura ragione il livello di consapevolezza raggiunto dalla cultura venga
demolito dalla retorica.
*Alessio Di FlorioAssociazione Antimafie Rita AtriaAssociazione Culturale
Peppino ImpastatoPeaceLink Abruzzo*
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