[nuovopci] La classe operaia deve prendere la direzione del …

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Autor: \(nuovo\) Partito comunista italiano
Data:  
Dla: npci.inter
Temat: [nuovopci] La classe operaia deve prendere la direzione del paese!


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Comunicato CC 12/2015 - 5 maggio 2015

[_Scaricate il testo del comunicato in Open Office [4] / PDF [5] / Word
[6]_]

LA CLASSE OPERAIA DEVE PRENDERE LA DIREZIONE DEL PAESE!

La politica spettacolo di Renzi è il ballo dei gruppi imperialisti sul
Titanic che affonda!
Renzi le sue vittorie le strappa solo sui suoi concorrenti nei vertici
della Repubblica Pontificia!
Il Primo Maggio di Milano parla di alternativa alla Repubblica
Pontificia!

Il contrasto tra le luminarie e i proclami della politica spettacolo di
Renzi e la crisi economica, ambientale, intellettuale e morale che si
aggrava nel nostro paese e nel mondo con il seguito di miseria, di
morti, di distruzioni, di delitti e di guerre imperialiste, ricorda che
solo instaurando il socialismo porremo fine alla crisi generale del
capitalismo.

Costituire il Governo di Blocco Popolare [7] è nel nostro paese la via
più diretta e per le masse popolari la meno dolorosa e distruttiva per
instaurare il socialismo.

Molti intellettuali del nostro paese si domandano con sincero stupore da
dove Renzi e la sua cricca traggono la loro forza, da dove viene il
successo folgorante che Renzi ha avuto nelle file del PD e l'attrazione
che esercita nelle file di Forza Italia. A causa dei loro pregiudizi non
si capacitano che la debolezza dei residui della sinistra borghese (SEL,
PRC e affini) e degli oppositori di Renzi nello stesso PD (Prodi,
D'Alema, Bersani, Bindi e simili) deriva dal fatto che Renzi sta
attuando il loro programma, il programma comune della borghesia
imperialista. La forza della cricca Renzi deriva dal fatto che essa sta
facendo con ostentazione e arroganza quello che da anni Prodi, D'Alema,
Bersani, Bindi, Bertinotti e altri come loro pensano che bisogna fare ma
che facevano esitando, quello che Berlusconi e la sua banda dichiaravano
e promettevano che avrebbero fatto, ma non riuscivano a fare.

Il motivo dell'esitazione degli uni è che non volevano perdere tra le
masse popolari quello che restava del seguito e del consenso che avevano
ereditato dalla storia, dalla sconfitta del movimento comunista e
dall'esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria: Renzi
invece li dà oramai per persi. Il motivo dell'impotenza degli altri è la
stesso motivo per cui in tutti i paesi europei solo grazie a "governi di
sinistra" sono state eliminate o sono in corso di eliminazione le
conquiste che le masse popolari avevano strappato alla borghesia e al
clero durante la prima ondata della rivoluzione proletaria. Infatti
proprio i "governi di sinistra" paralizzano le masse popolari perché, a
seguito della sconfitta del movimento comunista, le masse popolari sono
rimaste con centri dirigenti che fanno parte della "sinistra di governo"
al servizio della borghesia imperialista. La CGIL di Sergio Cofferati
fermò il governo Berlusconi che voleva abolire lo Statuto dei Lavoratori
e ridurre le pensioni. La CGIL di Sergio Cofferati, di Guglielmo Epifani
e di Susanna Camusso ha lasciato fare le stesse cose ai governi PD e
amici.

La lezione è che senza un centro dirigente le masse popolari e la stessa
classe operaia non sono una forza politica.

"Quindi non esistono", direbbero Marco Revelli e compagnia. "Sono una
forza politica solo se hanno un centro dirigente": diciamo noi
comunisti. Il seguito dipende poi dalla natura del centro dirigente.

Il governo Renzi porta a fondo le riforme che Berlusconi proclamava e
che Prodi, Monti e Letta facevano con precauzione. Contemporaneamente
però Renzi si protegge le spalle eliminando i puntelli istituzionali che
le fazioni dei vertici della Repubblica Pontificia usano per farsi la
guerra tra loro, perché l'investitura di Papa Bergoglio non è senza
condizioni. Da qui l'amputazione anche formale della mai applicata
Costituzione del 1948, la legge elettorale truffa, la riduzione della
divisione dei poteri e delle autonomie locali: "il paese deve avere un
governo stabile!". I suoi avversari cedono uno a uno perché contro le
masse popolari Renzi e la sua cricca effettivamente attuano il programma
comune che essi non riuscivano ad attuare. Ma Renzi non può niente
contro la crisi generale del capitalismo. La sua libertà di manovra è
ristretta come quella di tutti i governi dei paesi della Comunità
Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani, sionisti e
associati. Il governo Renzi è impotente come loro. Contro gli effetti
devastanti della crisi generale del capitalismo, le sue vittorie si
riducono a proclami, profezie e promesse, come le vittorie di Berlusconi
e della sua banda.

Il corso delle cose mostra che la borghesia imperialista è impotente
contro la crisi del suo sistema sociale, che la sua libertà di manovra è
confinata nei limiti dettati dalla crisi generale del capitalismo. Ma
dimostra anche che essa non può prescindere dalle masse popolari. La
società borghese per sua natura non può funzionare senza un certo grado
di consenso, di disgregazione, di diversione, di impotenza delle masse
popolari. Il futuro prossimo si decide su questo punto. Riusciranno i
gruppi imperialisti e il clero a mobilitare o neutralizzare le masse
popolari dei paesi imperialisti o riusciremo noi comunisti a
mobilitarle, organizzarle e guidarle a instaurare il socialismo?

Questo dipende da noi comunisti.

Va da sé che costringendo i vertici della Repubblica Pontificia in una
camicia di forza, Renzi e la sua cricca riducono anche i margini
esistenti per le lotte rivendicative delle masse popolari: quindi si
aggrava la crisi del riformismo conflittuale (sempre minori sono i
risultati ottenuti con le lotte rivendicative) e del riformismo
democratico nel senso della democrazia borghese (l'azione per
miglioramenti della legislazione ha sempre meno spazio ed è sempre più
difficile avere accesso alle assemblee elettive). I gruppi promotori
delle lotte rivendicative si scontrano con le difficoltà prodotte dalla
crescente sterilità della loro azione. La rivoluzione socialista emerge
dalla realtà stessa del corso delle cose come l'unica alternativa alla
catastrofe economica, ambientale e sociale con cui la borghesia
imperialista e il clero cercano di sopravvivere nonostante la crisi
generale del capitalismo.

È sbagliato, è impossibile, sono inutili gli sforzi di unirsi
nell'azione politica, di unirsi organizzativamente, se non si è uniti
ideologicamente, cioè se non si ha una concezione comune dei problemi
rilevanti per l'attività politica. Quindi oggi l'alternativa tra quelli
che limitano la mobilitazione delle masse popolari a piattaforme
rivendicative e a proteste e noi comunisti, promotori della rivoluzione
socialista, è irriducibile. Noi possiamo e dobbiamo valorizzare anche le
loro iniziative, ma solo se manteniamo assoluta libertà d'iniziativa
rispetto a loro, se difendiamo con forza la concezione comunista del
mondo e l'applichiamo. Noi comunisti non rivendichiamo dalla borghesia e
dal clero, ma promuoviamo un'alternativa di potere e di sistema sociale.


Rivoluzione socialista vuole dire ruolo dirigente della classe operaia.
Le masse popolari sono una forza politica solo se dirette dalla classe
operaia e la classe operaia è classe dirigente, riesce a dirigere solo
se ha il suo partito comunista: la storia, la realtà ha dimostrato che
questo è possibile; che con il partito comunista la classe operaia era
diventata classe dirigente; che con la direzione della classe operaia le
masse popolari avevano assunto un ruolo politico quale non avevano mai
prima avuto.

Abbracciare la causa della rivoluzione socialista implica quindi fare
radicalmente i conti con la sinistra borghese, con la sua concezione del
mondo. Chi esamina la questione alla luce del materialismo dialettico,
vede bene che la sinistra borghese ha un'ideologia ben definita anche se
fatta di pregiudizi contraddittori, benché si proclami post-ideologica e
rifugga da ogni scienza della società, per quanto si rifugi nelle
"narrazioni" e nelle aspirazioni, per quanto rifiuti la verifica della
pratica e della logica e proclami la libertà di ognuno di pensarla come
vuole e di tenersi stretti i suoi giudizi e i suoi pregiudizi. Le
"verità fondamentali" della dottrina comune della sinistra borghese sono
la negazione della divisione della società in classi sociali, la
negazione della lotta di classe come motore della trasformazione della
società, la negazione del ruolo particolare della classe operaia (i
lavoratori delle aziende capitaliste) nel superamento del modo di
produzione capitalista e della società borghese: in sintesi la negazione
della concezione del mondo che ha guidato il movimento comunista. A
queste "verità" per la sinistra borghese tanto scontate che non ritiene
neanche necessario dimostrarle, la sinistra borghese oggi aggiunge la
"verità" che la globalizzazione è un nuovo modo di produzione, che
avrebbe soppiantato "il vecchio capitalismo". Il capitale non sarebbe un
modo di produzione, ma la ricchezza che per una qualche aberrazione
sarebbe mal distribuita, sempre peggio distribuita.

In realtà con la globalizzazione la borghesia imperialista ha solo
guadagnato tempo, ha fatto fronte alla sovrapproduzione assoluta di
capitale nei paesi imperialisti aprendo il mondo alle libere scorrerie
dei loro gruppi finanziari, commerciali e industriali, assorbendo nella
produzione capitalista funzioni che ancora erano svolte come comuni
attività umane, accrescendo la divisione del lavoro. Oggi effettivamente
sembra che per la propria produzione e riproduzione un paese dipenda da
un altro quasi come nella società borghese un individuo dipende da un
altro: in realtà ogni paese dipende dai gruppi imperialisti. La
globalizzazione è solo una sovrastruttura del vecchio capitalismo, una
sua superfetazione, come lo era la mondializzazione imposta all'inizio
del secolo scorso. Oggi come allora è una caricatura del marxismo
sostenere che non si torna indietro perché una divisione della
produzione a livello mondiale è più produttiva della vecchia divisione
monetaria e industriale tra paesi. Costretti dalla crisi generale del
loro sistema, i gruppi imperialisti hanno sì unificato il mondo, ma
l'unità mondiale che essi hanno costruito è incompatibile con la vita e
il progresso dell'umanità. Quindi l'umanità per procedere sulla sua
strada la distruggerà. È quello che accadrebbe se spinti dal bisogno di
avere abitazioni avessimo costruito un quartiere che però risulta
inabitabile: non c'è altra soluzione che demolirlo per ricostruirlo con
criteri diversi.

Gettare una netta discriminante tra noi comunisti e la sinistra borghese
sul terreno della concezione del mondo è quindi indispensabile. La
discriminante tra noi e la sinistra borghese è un aspetto
imprescindibile della nostra autonomia dai gruppi che limitano
l'attività delle masse popolari alla rivendicazione e alla protesta, che
non vedono altro mondo oltre il mondo capitalista.

Il limite della lotta rivendicativa e della protesta è ben evidenziato
dallo svolgimento della lotta contro il monumento alla speculazione e
allo spreco eretto dalla Repubblica Pontificia con l'EXPO 2015 a Milano.


Dopo la manifestazione del 1° maggio sono iniziati il can can dei
politicanti e della stampa di regime su "isolare i violenti", la
persecuzione dei dimostranti e assieme a questo le lodi di Renzi e
Pisapia "ai lavoratori che con il loro impegno hanno permesso di
concludere i lavori per l'apertura di EXPO" e la manfrina del Papa che
occorre "pane e lavoro per tutti".

Rispetto a "isolare i violenti", diciamo anzitutto che bisogna
effettivamente isolare i responsabili della violenza della
disoccupazione, delle stragi di migranti in mare, del crollo delle
scuole, dei morti sul lavoro, delle guerre imperialiste,
dell'abbrutimento. In secondo luogo diciamo che quanto più contro il
marasma della crisi e le operazioni tipo EXPO 2015 con cui la borghesia
prolunga la vita del suo sistema, avanzerà la lotta per costituire il
Governo di Blocco Popolare, tanto più le azioni militanti dei "ribelli"
prenderanno una piega costruttiva. Allora anziché distruzione di vetrine
e incendi di macchine, avremo spese proletarie, tornelli delle
metropolitane aperti ai viaggiatori, occupazioni di case, banche
obbligate a fare crediti alle fabbriche gestite dagli operai
organizzati, ecc.: avremo le mille iniziative di base [8] con cui le
masse popolari organizzate renderanno l'Italia ingovernabile ai governi
emanazione dei vertici della Repubblica Pontificia e faranno ingoiare a
questi la costituzione del Governo di Blocco Popolare.

Ma per una valutazione d'insieme della lotta contro EXPO 2015, facciamo
integralmente nostro il comunicato diffuso subito dopo il 1° maggio
dalla Federazione Lombardia del Partito dei CARC [9] (Comitati di
Appoggio alla Resistenza - per il Comunismo). Lo riproduciamo
integralmente qui di seguito.

_IL PRIMO MAGGIO DI MILANO PARLA DI ALTERNATIVA_

_La campagna mediatica attorno ad auto, banche, negozi incendiati ha la
funzione di distogliere l'attenzione dagli aspetti principali di una
giornata di mobilitazione che racchiude molti insegnamenti. La
criminalizzazione sensazionalistica da una parte, e le giustificazioni
dell'opera di alcune centinaia di contestatori radicali dell'EXPO (o i
tentativi di "capire"), rispondono entrambe, benché con funzioni
diverse, alla manovra diversiva._

_Quello che la classe dominante dice di quella mobilitazione è in
definitiva ciò che dice sempre e comunque, che ne abbia "il pretesto" o
meno: è la liturgia trita e ritrita, con la bava alla bocca, della
difesa di valori, morale, relazioni sociali ed economiche di una società
in agonia. Chi assume quella lettura, quei valori, quella morale e si
identifica nelle relazioni sociali ed economiche di questa società in
agonia, non può che trovare del tutto "normale" e istintivo assumere
anche la diversione che l'informazione di regime produce e alimenta. _

_Non ci interessa qui controbattere la propaganda infame e strumentale
con cui tanti servetti dei vertici della Repubblica Pontificia ammorbano
le masse popolari. Più cocci di vetrine, più carcasse di auto, più
banche e negozi incendiati sono inevitabili: cresceranno
esponenzialmente. Quanto più aumentano gli effetti della crisi, tanto
più è destinata a crescere la ribellione; disordinata, caotica,
primitiva, ragionata, organizzata, spontanea, distruttiva che sia. Con
buona pace di chi oggi vuole primeggiare nella gara alla dissociazione
e, con ciò, più o meno coscientemente e compiutamente si fa promotore
del clima di linciaggio e delazione. Qualunque valutazione ognuno faccia
dalla manifestazione NO EXPO del Primo Maggio, riteniamo decisivo e
dirimente esprimere solidarietà agli arrestati, ai fermati, agli
indagati e agli espulsi: nessun tribunale e nessuna legge degli
speculatori, degli assassini, degli sfruttatori sono legittimati a
reprimere la ribellione al sistema di morte e oppressione che servono. _


_ Ribellismo, azioni militanti e ingovernabilità dal basso [10]_

_Ci rivolgiamo qui a quanti vogliono andare oltre la diversione e "il
gioco delle parti" e valorizzare ciò che questa mobilitazione ha
espresso, ha da insegnare a chi vuole imparare e può esprimere. _

_Nel loro complesso le "5 giornate NO EXPO di Milano" sono ulteriore e
ultimo esempio (in ordine di tempo) che ogni ambizione di costruire
movimenti di massa senza il coinvolgimento diretto e il protagonismo dei
lavoratori e della classe operaia è destinata ad alimentare e diffondere
frustrazione. Beninteso, non è una critica caustica a chi da anni
promuove la mobilitazione contro l'EXPO, ma una critica ideologica,
franca, a chi si ostina a ripetere che "la classe operaia non esiste
più", "i soggetti di riferimento sono nuovi e diversi". L'unica
iniziativa che ha davvero bloccato la città contro EXPO è stato lo
sciopero dei mezzi pubblici del 28 di aprile (mezzi di superficie
scarsi, metropolitane bloccate), indetto da un sindacato di base, la
CUB, che ha raccolto un'adesione ben al di sopra delle sue dimensioni e
del suo radicamento. Si è trattato della sola mobilitazione sindacale
convocata __CHIARAMENTE CONTRO EXPO__. L'adesione allo sciopero e i suoi
effetti dimostrano due cose: la prima è che non sono i lavoratori a non
essere interessati alla questione, ma è chi si oppone all'EXPO che deve
trovare modi, strumenti e metodi per coinvolgerli. La seconda è la
conferma (per alcuni una scoperta) che quando i lavoratori si mobilitano
hanno un ruolo decisivo. La loro assenza da un movimento, pure, è
decisiva. Tutto il resto delle mobilitazioni programmate, alcune
riuscite, altre meno, altre abortite dopo il Primo Maggio, per quanto
dense di contenuti e in certi casi comunicative, non hanno bloccato un
bel niente. _

_Altro aspetto da portare a casa come insegnamento generale è che al NO
occorre combinare un PER. Al netto dei creduloni che volevano "un altro
EXPO" di legalità, tutele, posti di lavoro e opere durature, cioè al
netto di chi crede che gli speculatori le speculazioni le possano fare e
le facciano a fin di bene, sempre i tranvieri danno la linea: hanno
scioperato per ottenere nuove assunzioni. Posti di lavoro. Non solo
soldi, turni, diritti, tutele, ma posti di lavoro. _

_Hanno sintetizzato la prospettiva del PER da affiancare e combinare al
NO: posti di lavoro contro il modello EXPO, le sue forme, i suoi
contenuti e le sue speculazioni. _

_L'abisso che esiste fra il mondo reale da un lato della barricata e
dall'altro tutto ciò che riguarda EXPO, è ben rappresentato dal fatto
che la mobilitazione dei tranvieri si è repentinamente manifestata a 3
giorni dal "grande evento" (nel duplice significato di inaugurazione
dell'EXPO e della May Day NO EXPO) a fronte di quasi 10 anni di
mobilitazione, dal fatto che è passata "inosservata" (come fosse un
corpo estraneo) e dal fatto che altrettanto repentinamente è ripiombata
nel silenzio (a beneficio delle vetrine, delle auto, delle banche, delle
delazioni, degli anatemi, delle dissociazioni). _

_Non serve a niente incolpare "gli spaccavetrine" se ora si parla delle
vetrine e non dei contenuti della manifestazione, non serve a niente
incolpare i vertici dei sindacati di regime che si sono venduti, che
hanno fatto affari, che hanno sostenuto e sostengono la Speculazione
Universale di Milano 2015: che abbiamo fatto, che avete fatto per
piantare le radici di questo Primo Maggio nella lotta di classe in
corso?_

_Qualche furbetto affermerà che fra le migliaia in corteo (e pure fra le
centinaia in mantello nero) c'erano tanti e tanti lavoratori e precari,
oltre che studenti e pensionati… e ci mancherebbe altro che fossero
scesi in piazza amministratori delegati e quadri d'azienda…. La
questione era, è e rimane la prospettiva. Se scendiamo in piazza per
dire NO, la scena (e i modi, le forme, oltre che i contenuti) sono di
chi dice NO in modo più radicale. Dire il PER è più faticoso e
difficile. Ma necessario, sia per togliere ritualità alle proteste, sia
per fare di ogni mobilitazione la tappa per quella successiva. _

_IL PRIMO MAGGIO NO EXPO DI MILANO PARLA DI ALTERNATIVA.__ Chi è troppo
affranto per le vetrine e preoccupato delle conseguenze (più che delle
prospettive), ripete ossessivamente che "è morto sul nascere un
movimento". Non si accorge di avere la funzione di un disco rotto:
nessun movimento muore per 10 o 100 vetrine rotte o 10 o 100 macchine
incendiate. Nessun movimento muore perché il governo inasprisce la
legislazione contro le manifestazioni (a proposito, oltre che
lamentarsi, cosa fanno le schiere di parlamentari, consiglieri,
amministratori per opporsi ai "giri di vite" repressivi?) e una volta
l'anno (la media con cui in Italia qualcuno va in piazza a spaccare
vetrine e incendiare auto e banche) si ripete l'epitaffio per questo o
quel movimento. Chi vuole vedere oltre la cortina di fumogeni e gas al
CS invece lo può vedere bene._

_Il Primo Maggio di Milano parla della necessità di mettere al centro
della mobilitazione la lotta contro gli effetti della crisi, prima fra
tutti la disoccupazione, parla della necessità e possibilità di mettere
al centro la lotta per un lavoro utile e dignitoso per tutti. Parla
della necessità di allargare il ragionamento su mobilitazione, conflitto
e consenso su ambiti "nuovi": quelli in cui la mobilitazione non si
esaurisce con la testimonianza di una protesta (o di una
rivendicazione), ma spinge i protagonisti ad assumere un ruolo attivo
nell'indicare le misure concrete contro gli effetti della crisi e li
chiama ad attuarle, a organizzarsi e organizzare per attuarle. _

_Parla del fatto che mille lotte rivendicative non fanno un movimento
unitario ma tanti spezzoni che curano ognuno il proprio orticello e su
questa linea finiscono per ostacolarsi a vicenda (benché tutti parlino
di "unità delle lotte"). _

_Alla fine l'EXPO era già un fallimento prima che iniziasse, lo è
ugualmente adesso che è iniziato e lo sarà anche dopo che sarà concluso.
Speculatori, mafiosi e politicanti hanno fatto tutto da loro. A noi, a
tutti noi, rimane la questione che _ _esisteva pure prima: costruire
l'alternativa. Riprendiamo il discorso da qui. Costruire l'alternativa
all'EXPO significa costruire l'alternativa ai vertici della Repubblica
Pontificia italiana, costruire la nuova governabilità dal basso,
scoprire e sviluppare la relazione (che esiste già, è oggettiva) fra i
lavoratori e tra la miriade di lotte territoriali. Il centro sono i
lavoratori delle aziende capitaliste e delle aziende pubbliche. _

_Costituire organizzazioni operaie nelle aziende private e
organizzazioni popolari nelle aziende pubbliche. OO e OP che si occupino
sistematicamente della salvaguardia delle aziende prevenendo le manovre
padronali per ridurle, chiuderle o delocalizzarle, studiando in
collegamento con esperti affidabili quale è il futuro migliore per
l'azienda, quali beni e servizi può produrre che siano necessari alla
popolazione del paese o alle relazioni (di solidarietà, di
collaborazione e di scambio) con altri paesi, predisporre in tempo le
cose. Questo è oggi il primo passo: lo chiamiamo "occupare l'azienda".
Stabilire collegamenti con organismi operai e popolari di altre aziende,
mobilitare e organizzare le masse popolari, i disoccupati e i precari
della zona circostante a svolgere i compiti che le istituzioni lasciano
cadere, a gestire direttamente parti crescenti della vita sociale, a
distribuire nella maniera più organizzata di cui sono capaci i beni e i
servizi di cui la crisi priva la parte più oppressa della popolazione, a
non accettare le imposizioni dei decreti governativi e a violare le
regole e le direttive delle autorità. E' il contrario che restare chiusi
in azienda ed è il salto decisivo: lo chiamiamo "uscire dall'azienda"._

_Le organizzazioni degli operai e degli altri lavoratori che fanno
questo sono la base per costituire un governo d'emergenza popolare e
farlo ingoiare ai padroni. Il Partito dei CARC sostiene e organizza ogni
operaio e ogni lavoratore che si mette su questa strada, che decide di
prendere in mano il proprio futuro!. _

_"Quando c'è un ordine sociale ingiusto, il disordine è il primo passo
per instaurare un ordine sociale giusto" scriveva Romain Rolland.
Sacrosanto. Ai lavoratori, ai giovani, alle donne, agli immigrati oggi
la situazione impone di combinare le due cose: rendere ingovernabile il
paese per ogni autorità della Repubblica Pontificia, imparando a
costruire la rete della nuova governabilità dal basso, imparando a
diventare classe dirigente della società con la costituzione del Governo
di Blocco Popolare._

Ben detto: è in questo spirito che il CC del (n)PCI esorta tutti i
lavoratori, le donne, i giovani, i pensionati e gli immigrati a
rafforzare la lotta contro l'EXPO 2015, a fare di essa una componente
del movimento per la costituzione del Governo di Blocco Popolare.

Gli operai avanzati devono diventare comunisti: in questo modo prendono
in mano le sorti del paese, fanno della classe operaia la nuova classe
dirigente del paese!

Quelli che aspirano a diventare comunisti devono costituire ovunque, in
ogni azienda capitalista, in ogni azienda pubblica, in ogni zona
d'abitazione Comitati di Partito (CdP) clandestini.

I Comitati di Partito devono fare di ogni lotta rivendicativa e di ogni
protesta una scuola di comunismo, devono approfittarne per far sorgere
Organizzazioni Operaie in ogni azienda capitalista e Organizzazioni
Popolari in ogni azienda pubblica e in ogni zona d'abitazione, per
orientarle a coordinarsi tra loro fino a costituire il Governo di Blocco
Popolare, farlo ingoiare ai vertici della Repubblica Pontificia e
marciare verso l'instaurazione del socialismo.

_**************_

_Per mettersi in contatto con il Centro del (n)PCI senza essere
individuati e messi sotto controllo dalla Polizia, una via consiste
nell'usare TOR [vedere _ http://www.nuovopci.it/corrisp/risp03.html
[11]_], aprire una casella email con TOR e inviare da essa a una delle
caselle del Partito i messaggi criptati con PGP e con la chiave pubblica
del Partito [vedere _ http://www.nuovopci.it/corrisp/risp03.html [11]_].
_

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[11] http://www.nuovopci.it/corrisp/risp03.html