Il Lunedì 6 Aprile 2015 11:07, "anlupo@???" <anlupo@???> ha scritto:
carissimi amici, non credevamo di trovare ancora altre emozioni e speranze, invece in Kurdistan abbiamo provato sensazioni simili a quelle incontrate in questi ultimi anni in Brasile, America Latina, tra i contadini e i popoli indigeni.
Siamo tornati dal Kurdistan, dove abbiamo incontrato un popolo che lotta e si difende, pur non parlando di eserciti, si organizza e vince.
Abbiamo partecipato alla loro festa di Primavera , il Newroz, prima a quello si Suruc, a pochi metri da Kobane liberata, e poi nel Kurdistan turco a Djiarbakir, insieme a 2 milioni di persone, che ascoltavano, ballavano e cantavano, le immagini sono travolgenti di speranza, le potete vedere in rete, cercando Newroz.
Molte altre notizie le potete trovare sul sito
www.retekurdistan.it/ o su quello di uiki, il cordinameto delle comunità curde in Italia
Qui sotto le nostre prime riflessioni e l'invito ad aiutare Kobane, la repubblica di Rojava, il PKK e Ocalan ancora in carcere,
Vi chiediamo di aiutare con soldi la ricostruzione di Kobane, ma speriamo che saremo uniti da una militanza comune in un progetto che loro hanno elaborato nella lotta, ma è valido per tutti noi, soprattutto per i nostri figli e nipoti
un abbraccio
antonio e chiara
RICOSTRUIREKOBANE LIBERATA : una speranza per tutta l’UmanitàUnesteso prato verde, qualche gruppetto di pecore sparse, alcune casebasse. In un grande spazio erboso, migliaia di persone festeggiano l’arrivodella primavera , del nuovo anno, la promessa di fertilità dellaterra dopo l’inverno trascorso, in un tripudio di giallo, rosso everde.
E’il Newroz, grande festa del popolo curdo. Siamo a Suruç (Kurdistanturco). Adun paio di chilometri, si vede una collina con una alta antenna, aisuoi piedi si estende una città, o meglio, le macerie di una città. Su quella collina, qualche mese fa sventolava labandiera nera dell’ISIS. La città è Kobanê,che la resistenza del popolo curdo, organizzato dalle brigate YPG eYPJ siriane ( le brigate di donne partigiane di cui hanno parla tuttii media occidentali), è riuscita a liberare dalle mani dei ferociinvasori. “Ma non chiamiamolo Stato Islamico” dicono i curdi “nonconcediamogli nessuna rappresentanza del mondo islamico che in veritànon hanno. Il Corano non permette che un mussulmano uccida una altromussulmano, mentre loro lo fanno. Non sono Stato Islamico, sono soloDaesh (asini) !”. “Abbiamo combattuto perliberare la nostra città” dicono”ma anche perdifendere l’intera civiltà dalla barbarie dei Daesh”. OraKobanê vuolerinascere dalle proprie macerie, novella fenice, c’è già unprogetto di ricostruzione ad impatto ambientale quasi a zero, chesarebbe tecnologicamente all’avanguardia.
Ma al momento mancanol’acqua potabile, gli impianti delle fognature e di depurazione ela corrente elettrica. Le zone circostanti sono ancora piene di campiminati.
Siteme l’arrivo del caldo che potrebbe far dilagare gravi epidemie(alcuni cadaveri sono ancora sotto le macerie). Kobanê èuno dei tre cantoni del Rojava, regione nel nord della Siria; a 35 kmda Kobanê e nel cantone di Cizîre sicombatte ancora.Abbiamovisto i campi dei profughi di Kobanê a Suruçed altri, dove hanno trovato rifugio gli Ezidi (altra popolazionecurda) che sono riusciti a scappare da Şengal, cittadina irachenaormai circondata dai Daesh, grazie ad un corridoio umanitario creatodai combattenti del YPG e YPJ. Sono campi creati dalleamministrazioni locali curde, grazie alla solidarietà popolare,tutti molto ben organizzati.
Una grande differenza: parecchi profughi di Kobanêstanno già smontando le tende per tornare a ricostruire le lorocase, invece molti dei profughi di Şengalnon se la sentono di tornare nel loro paese, in Iraq, dove le donnesono state rapite e violentate dai loro “vicini” di casa, primaancora che arrivassero i Daesh! Abbiamovisto da lontano l’enorme campo profughi gestito dal governoturco,circa 16.300 persone, presidiate da oltre 330 guardie armate,più simile ad un carcere che ad un campo profughi, lontano dalpaese, dove solo una delegazione di osservatori accreditati dall’ONUè potuta entrare. Una giovane donna italiana, avvocata, che nefaceva parte, ci ha detto che le tende, il vitto, tutto, è molto piùscadente rispetto ai campi gestiti dalle municipalità. Abbiamo avutol’onore di incontrare la co-presidente del Rojava (co-presidenteperché tutti gli incarichi sono affidati sia ad una donna cha ad unuomo – il confederalismo democratico prevede che ogni sesso abbiauna rappresentanza almeno del 40%).Icurdi sono un grande popolo ed hanno un leader, Abdullah Öcalan,riconosciuto ed amato da tutti loro, in carcere da 15 anni, anche perresponsabilità dell’Italia che nel 1999, in seguito alle pressionidei governi di Turchia e USA, durante il governo D’Alema, lo haestradato in Kenya, dove è stato catturato . Negli ultimi anniÖcalan ed il PKK turco (Partito dei Lavoratori Curdi) hannorielaborato il progetto di liberazione del popolo curdo, ispirandosial ConfederalismoDemocratico,che vuole superare l’idea di Stato Nazione.Iconcetti chiave del Confederalismo Democratico sono:
- la partecipazione democratica diretta della società civile, anche nella gestione delle risorse che appartengono al popolo e nell’economia, che deve essere indirizzata al bene sociale e non verso l’accumulazione del capitale ed il consumismo
- la parità donna/uomo
- la tutela dell’ambiente
Perrealizzare il Confederalismo Democratico, sostenere la resistenza diRojava e la ricostruzione di Kobanê èindispensabile il sostegno internazionale, il NOSTRO sostegno.Cosapossiamo fare? Certamentealmeno due cose:
1) sostenere la campagna già esistente per chiedere laliberazione diÖcalane fare pressione perché il PKK sia tolto dalla lista delleorganizzazioni terroristiche ( anche da quella UE) .
Laliberazione di Öcalansta al processo di pacificazione in Turchia, come quella di Mandela èstata per il Sudafrica.2)aiutare la ricostruzione, inviarefondi perKobanê, lasciando decidere a loro quali sono le priorità ( vediallegato).Coordinatebancarie per donazioni:IBAN: IT63 P033 5901 6001 0000 0132226 Conto:1000 / 00132226 Intestato a Mezzaluna Rossa Kurdistan Italia Onlus