[RSF] Clamori dalla Colombia

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13/12 - FARC: NON ABBIAMO MAI COMMESSO CRIMINI DI LESA UMANITA'
<http://www.nuovacolombia.net/Joomla/clamoridallacolombia/5839-1312-farc-non-abbiamo-mai-commesso-crimini-di-lesa-umanita.html>

Attraverso un documento letto dal Comandante Pablo Catatumbo ai
giornalisti intervenuti al Palazzo dei Convegni all'Avana, le FARC
hanno ribadito di non poter essere in alcun modo accusati di aver
“commesso crimini di lesa umanità”.

Le FARC, alzatesi in armi contro lo Stato colombiano nel 1964,
assumono come principio il diritto alla ribellione, riconosciuto, fra
gli altri, dalla “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani”

del 1948.

Come è noto, il governo Santos vuole rinchiudere in carcere i
dirigenti rivoluzionari affinché rispondano (sic) “almeno per i
crimini di lesa umanità”. Tuttavia, con tale crimine si intende
“ogni atto di assassinio, sterminio, riduzione in schiavitù,
deportazione o dislocamento forzato della popolazione, incarcerazione
o altra privazione grave della libertà fisica in violazione delle
norme del diritto internazionale, tortura, violenza sessuale,
persecuzione di un gruppo o di una collettività, sparizione forzata
di persone, o altri atti inumani di carattere simile, quando siano
commessi come parte di un attacco generalizzato o sistematico contro
una popolazione civile e consapevolmente”, fatti che certo non
possono essere contestati all'insorgenza.

Basandosi sulle norme del Diritto Internazionale Umanitario, il
colpevole di tali crimini è esclusivamente lo Stato colombiano, che,
attraverso l'utilizzo delle forze repressive del regime, ivi compresi
i gruppi paramilitari finanziati e addestrati dallo Stato stesso, ha
sistematicamente e dettagliatamente applicato i metodi terroristi
descritti (punto su punto) e stigmatizzati dalle Convenzioni per i
diritti umani.

Se, a conclusione dei dialoghi, fosse possibile applicare in pieno le
norme del diritto internazionale che si occupano dei crimini di lesa
umanità, quelli che dovranno temere il carcere sono i militari, i
paramilitari colombiani e i colletti bianchi dell'oligarchia che li
gestiscono.

09/12 - PARAMILITARISMO DI STATO MINACCIA MEDIA ALTERNATIVI
<http://www.nuovacolombia.net/Joomla/clamoridallacolombia/5832-0912-paramilitarismo-di-stato-minaccia-media-alternativi.html>

Attraverso un comunicato, diffuso alla fine di novembre, le
cosiddette “Aguilas Negras” hanno minacciato di morte 16
giornalisti e 13 media alternativi, impegnati a dare ampio spazio
alla voce dei movimenti popolari e a difendere il processo di pace.

I giornalisti sono concordi nell'affermare che dietro queste minacce
si cela una mano potente, che coordina gli attacchi contro la libertà
di espressione in Colombia.

Presi di mira anche i familiari di Luis Alberto Castaño, giornalista
che aveva denunciato abusi commessi dalla polizia pubblicando un
dettagliato servizio fotografico.

I paramilitari del “Blocco Capital D.C.” hanno prodotto un
volantino che, con i consueti errori di ortografia, elenca nomi e
cognomi di giornalisti che operano su tutto il territorio nazionale,
dimostrando un non secondario lavoro di intelligence previo.

Accusati di contiguità con l'insorgenza, aggrediti dalle forze
repressive del regime e minacciati dai gruppi paramilitari (spesso
composti da militari in servizio attivo, e sempre coordinati dalle
Forze Armate), i giornalisti colombiani non asserviti ai dettami
dell'oligarchia colombiana vivono una condizione drammatica, che
spesso li obbliga all’esilio.

Asimmetria nella potenza di fuoco mediatica, a vantaggio
dell’oligarchia, e persecuzione ai danni dei media critici e di
opposizione, sono due fattori della stessa equazione che rappresenta
il perdurare del conflitto. Senza il loro superamento la pace
resterà una chimera.

05/12 - COMUNITA' DEL CHOCO' DENUNCIANO PERSECUZIONI DELL'ESERCITO
DOPO LA LIBERAZIONE DEL GENERALE ALZATE
<http://www.nuovacolombia.net/Joomla/clamoridallacolombia/5820-0512-comunita-del-choco-denunciano-persecuzioni-dellesercito-dopo-la-liberazione-del-generale-alzate.html>

In un comunicato a firma di diverse comunità del dipartimento del
Chocó, la popolazione denuncia di essere vittima di arresti,
segnalazioni e persecuzioni da parte delle Forze Armate dello Stato
colombiano.

Dopo la figuraccia con la vicenda del generale Alzate, una dura
lezione che è costata all'ex comandante della Forza Tattica
“Titán” le sue quattro stellette, nonché un contundente colpo
alla dottrina santista della “negoziazione di pace

in mezzo alla guerra”, ora lo Stato colombiano se la prende con chi
è più debole, la popolazione civile.

Le comunità denunciano l'arresto arbitrario del leader comunitario
Jhon Jairo Perea Martínez, e le stigmatizzazioni di altri leaders, i
mitragliamenti contro le abitazioni di civili e le continue
provocazioni e persecuzioni dell'Esercito.

Consapevole del proprio non secondario ruolo nella riapertura dei
lavori al Tavolo dell'Avana, la popolazione del Chocó, dipartimento
ricco di risorse minerarie (sistematicamente date in concessione a
compagnie estrattive transnazionali) dichiara di “aggiungere la
propria ad altre iniziative nazionali che esigono l'implementazione
di un cessate il fuoco immediato”.

Le corrotte forze armate di regime, che hanno da subito maldigerito
la liberazione del generale Alzáte condotta dall'insorgenza
rivoluzionaria delle FARC, ora non trovano di meglio da fare che
scatenare la loro rabbia contro la popolazione civile, colpevole, ai
loro occhi, di averla favorita.

01/12 - FARC LIBERANO GENERALE ALZATE E ALTRI DUE PRIGIONIERI DI
GUERRA
<http://www.nuovacolombia.net/Joomla/clamoridallacolombia/5812-0112-farc-liberano-generale-alzate-e-altri-due-prigionieri-di-guerra.html>

La mattina di domenica 30 novembre l'insorgenza rivoluzionaria delle
FARC-EP ha liberato il Brigadiere Generale dell'Esercito Nazionale
Rubén Darío Alzate Mora, comandante della Forza Tattica Congiunta
“Titán”, l'avvocata dell’esercito Gloria Urrego ed il caporale
Jorge Contreras Rodríguez, catturati due settimane prima da unità
guerrigliere.

La liberazione è avvenuta in una località a nord di Quibdó, nel
dipartimento del Chocó, sotto la

supervisione del membro del tavolo dei Dialoghi dell'Avana, Pastor
Alape, in qualità di Comandante del Blocco fariano “Iván
Ríos”, che ha consegnato i prigionieri ad una commissione
umanitaria composta da rappresentanti di Cuba, Norvegia e Croce Rossa
Internazionale.

In un comunicato pubblicato dalla Delegazione di Pace in seguito alla
liberazione, si legge che la guerriglia constata la necessità di
“ridisegnare le regole del gioco”, poiché “un processo di pace
che è arrivato a questo livello, e che sta per discutere i temi più
decisivi per la pace stessa, non può essere sottomesso a nessun tipo
di atteggiamento precipitoso e irriflessivo”; il riferimento è
chiaramente alla sospensione unilaterale dei dialoghi voluta da
Santos in seguito alla cattura del generale.

“E' ora del cessate il fuoco bilaterale, dell'armistizio, affinché
nessun avvenimento bellico sul campo di battaglia possa servire a
giustificare l'interruzione di un compito così importante e storico,
com'è quello di raggiungere la pace”, conclude il comunicato.

In questi giorni si sta rivelando tutta l'assurdità e l'ipocrisia
della dottrina Santos dei “dialoghi in mezzo al conflitto”. Il
popolo colombiano e tutto il movimento popolare esigono la
sospensione delle ostilità, che è ormai l'unica strada percorribile
per poter garantire il proseguimento dei dialoghi; e solo la retriva
oligarchia colombiana, in particolare quella parte di essa legata al
militarismo guerrafondaio, sembra non averlo ancora capito.
Nonostante gli schiaffoni ripetutamente inflitti loro dalle FARC sui
campi di battaglia, come per l’appunto la vicenda del generale
Alzáte dimostra.



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