http://www.connessioniprecarie.org/2014/11/08/call-from-the-strike-meeting-to-the-european-movements-and-networks/
Bruxelles 06/11: cronaca di una sorpresa di massa
di MILENA TRAJKOVSKA – da Bruxelles
Giovedì 6 novembre più di 150.000 lavoratori, studenti e migranti hanno 
marciato a Bruxelles per protestare contro il nuovo governo, in carica 
da poche settimane dopo lunghi negoziati. Giornata magnifica. In tanti 
hanno risposto alla chiamata dei tre sindacati (FGTB, CSC e CGSLB) 
contro le politiche economiche del governo di destra, come 
l’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni, le misure che 
penalizzano i disoccupati, l’inasprimento della politica 
sull’immigrazione o i tagli di bilancio nei servizi pubblici. In piazza 
risuonavano slogan contro «l’austerità, la discriminazione, la 
disuguaglianza, gli sfratti, la povertà, le restrizioni!».
Un corteo colorato, rosso, verde, blu. La manifestazione è stata un 
successo di pubblico. La manifestazione è stata organizzata dai tre 
sindacati più grandi nel paese, ma è stata appoggiata anche dai 
moltissimi collettivi politici belgi. Dopo questa manifestazione, 
qualcosa cambia a favore dei movimenti sociali negli equilibri di potere 
e nelle trattative con il governo. I manifestanti rifiutano «un piatto 
di miseria» per i lavoratori, il piatto della fame, della povertà.
L’accordo raggiunto dal nuovo governo federale è semplicemente un orrore 
assoluto per i lavoratori e le famiglie. Solo i ricchi sono risparmiati 
dalle misure del governo: coloro che lavorano sodo saranno pesantemente 
tassati. Chi è sceso in piazza vuole invece che tutti contribuiscano, 
secondo la capacità di pagare e le risorse, senza impoverire 
ulteriormente la famiglia media, non costringendo altri lavoratori a 
vivere in condizioni inaccettabili, dopo anni di sacrifici.
Il gruppo «Jeunesse en résistance» ha chiamato a manifestare contro i 
provvedimenti di questo governo di destra e per rifiutare la distruzione 
del modello sociale. Per questo motivo si sono riuniti mercoledì sera in 
piazza Anneessens fino alla vigilia della manifestazione nazionale.
La città era chiusa: chiuse le scuole, chiusi i locali, chiuse le 
fabbriche e i mezzi di trasporto in sciopero. La rete Stib era quasi 
completamente ferma e giovedì 6 novembre nessun autobus, tram o 
metropolitana doveva circolare a Bruxelles. Il sindacato aveva spiegato 
che «non è possibile consentire ai lavoratori di esprimere il loro 
malcontento e allo stesso tempo garantire un servizio minimo per i 
passeggeri, anche in un evento nazionale».
Tutte le strade della città erano per il corteo. Pensavo a quando ci 
saremmo mossi dalla Gare du Nord, mentre dall’altra parte, vicino alla 
Gare du Midi, la testa del corteo era già arrivata e noi eravamo ancora 
fermi al punto di partenza. Erano strette e corte le strade di Bruxelles 
per il popolo che si esprimeva in colori e modi diversi.
Le donne saranno le più colpite dalle nuove politiche federali, e in 
tante hanno denunciato che le misure del governo aumenteranno 
ulteriormente la disuguaglianza tra uomini e donne. Questo è il motivo 
della piattaforma socio-economica del gruppo «Vie Féminine». Si 
camminava, si cantava e si ballava con tanta ironia raccogliendo 
applausi e solidarietà.
È stata una giornata storica per il Belgio: lo sciopero ha raggiunto 
livelli che non si vedevano da decenni, il leader della Confindustria 
locale (FEB) ha pensato bene di lanciare il tweet 
#Aujourd’huiJeTravaille (oggi io lavoro), mentre 150mila persone 
sfilavano per il centro di Bruxelles, dando voce alla rabbia contro il 
governo, colpevole di promuovere il ‘dumping sociale’ colpendo le 
pensioni, i salari e il welfare.
Nel corteo erano molte le tute da lavoro arancioni: tute non 
etichettate, tute senza simboli sindacali. Erano gli operai del porto di 
Anversa. Diverse centinaia di loro si sono scontrati duramente con la 
polizia. Il sito antifascista belga RésistanceS ha sottolineato come tra 
i portuali di Anversa vi sia, ormai da tempo, la presenza di 
simpatizzanti di estrema destra e come questi abbiano aizzato gli 
scontri. Durante gli scontri sono state segnalate anche aggressioni ad 
alcuni migranti lungo il corteo. Questo ha provocato reazioni 
contrastanti negli altri manifestanti e tra le persone che hanno 
partecipato al corteo in maniera pacifica. I portuali sono pieni di 
rabbia e sfiducia, considerando il fatto che sono ormai anni che lottano 
contro le misure governative e ogni volta portano a casa poco e niente: 
il governo precedente portava avanti delle trattative sindacali, 
mostrando timide aperture e offrendo sempre poco, tanto per tenere calma 
la rabbia. Ora col nuovo governo le porte sembrano chiuse e con le nuove 
riforme le loro condizioni di lavoro sono cambiate e cambieranno ancora 
in peggio.
La rabbia è giustificata, la fiducia ormai persa. Organizzare una 
manifestazione del genere a Bruxelles non è cosa da poco, ci sono voluti 
anni di lavoro, durante i quali i portuali hanno perso terreno. In 
questi anni l’estrema destra ha colto l’occasione per penetrare tra i 
portuali, e per fare da sponda alle esplosioni di violenza che finiscono 
per deviare l’attenzione rispetto allo scopo stesso della manifestazione 
e alla componente antirazzista e antifascista. Esattamente quello che 
prima della manifestazione gli organizzatori dichiaravano di rifiutare: 
non si voleva farla diventare un gioco di potere tra piccoli gruppi, per 
non cancellare le ragioni della protesta, della rabbia e 
dell’insoddisfazione. Queste ragioni sono però molto forti, e dopo il 6 
novembre non si tornerà indietro. Il messaggio della manifestazione è 
che di qualsiasi parte sia il governo, di destra o sinistra, finché non 
cambiano le politiche governative nei confronti di tutti i lavoratori, 
gli studenti, i migranti, ci saranno altri eventi sorprendenti come 
quello del 6 novembre.
Questo evento è stato il primo passo per altre azioni già annunciate, 
per il 15 dicembre è già previsto uno sciopero generale.