[Forumlucca] Le donne di Kobane

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Autore: Aldo Zanchetta
Data:  
To: forumlucca
Oggetto: [Forumlucca] Le donne di Kobane
Pepe Escobar è uno dei non molti giornalisti “fuori dalla righe” e
leggendolo si impara sempre qualcosa.



Scrive su Asia Time e spesso viene tradotto in spagnolo su www.rebelion.org,
dove lo leggo



Questa volta potete leggerlo in italiano grazie a comune-info.net



Buona lettura



Aldo




<http://comune-info.net/2014/11/democrazia-diretta-lenigma-kobane/> La
democrazia diretta e il mistero di Kobanê


<http://comune-info.net/autori/pepe-escobar/> Pepe Escobar | 1 novembre
2014 |
<http://comune-info.net/2014/11/democrazia-diretta-lenigma-kobane/#respond>
0 commenti


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2F11%2Fdemocrazia-diretta-lenigma-kobane%2F> Print Friendly Version of this
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La resistenza delle donne di Kobanê non è più sola. È già un simbolo
planetario di grande valore e importanza. Il primo novembre si manifesta in
Germania e in Argentina, in Australia e in Portogallo, in Canada e in molte
città italiane. L’assedio delle bande dell’Isis è stato prima ignorato, poi
esibito e poi nuovamente oscurato dai grandi media di tutto il mondo. Ma
cosa succede veramente a Kobanê? Siamo certi che quella regione agricola
senza aereoporti né pozzi di petrolio, sia il vero campo di battaglia?
Oppure invece Kobanê, al di là del suo indiscusso valore simbolico, è una
pedina cruciale in uno spietato gioco manipolato da Washington, Ankara e
Irbil? Di certo nessuno Stato vuole che la misteriosa democrazia diretta di
Kobanê e della Rojava – la casa di un esperimento rivoluzionario che sfida
l’egemonia del sistema capitalista dello Stato-nazione ben oltre il suo
significato regionale – si consolidi, si espanda e cominci a essere
conosciuta nel Sud del mondo. Le donne di Kobane corrono dunque più di un
pericolo micidiale, rischiano di essere rese schiave ma anche di essere
crudelmente tradite dalle potenze che dicono di sostenerle. L’assedio
dell’Isis, in fondo, continua a sembrare più una manovra di diversione, una
trappola per il governo di Obama che il centro di una strategia di guerra.
Il Califfo punta alla provincia di Anbar in Iraq, che già controlla in gran
parte, ma soprattutto alla capitale: forse i “barbari” sono già alle porte,
non solo di Kobane ma di Baghdad



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-sinir8
di Pepe Escobar

Le valorose donne di Kobanê, dove i Kurdi siriani stanno disperatamente
combattendo contro l’ISIS/ISIL/Daesh, stanno per essere tradite dalla
“comunità internazionale”. Oltre che contro i terroristi del Califfo
Ibrahim, devono combattere i piani di tradimento di Usa, Turchia e
dell’amministrazione del Kurdistan iracheno. Ma che cosa sta accadendo
veramente a Kobanê?

Cominciamo a parlare della Rojava. Il vero significato della Rojava – le tre
province a maggioranza kurda della Siria del nord – è racchiuso in questo
<http://ozgur-gundem.com/?haberID=82100&haberBaslik=Rojava,%20sadece%20bir%2
0y?n%20tayini%20de?ildir&action=haber_detay&module=nuce> editoriale (in
turco) pubblicato dall’attivista detenuto Kenan Kirkaya. Sostiene che la
Rojava è la casa di un “modello rivoluzionario che sfida l’egemonia del
sistema capitalista dello Stato-nazione” – ben oltre il suo significato
regionale “per i Kurdi, i Siriani o il Kurdistan”.

Kobanê – una regione agricola – si trova nell’epicentro di questo
esperimento non-violento di democrazia, reso possibile da un accordo preso
tra Damasco e Rojava agli inizi della tragedia siriana (non sostenete il
cambio di regime contro di noi e vi lasceremo tranquilli). Qui, per esempio,
si dice che “se anche un solo aspetto di un vero socialismo fosse in grado
di sopravvivere lì, milioni di persone insoddisfatte sarebbero attratte da
Kobanê”.

Nella Rojava, le decisioni vengono prese attraverso assemblee popolari,
multiculturali e multireligiose. I tre massimi funzionari di ogni
municipalità sono un kurdo, un arabo e un cristiano assiro o armeno; e
almeno uno dei tre deve essere una donna. Le minoranze non kurde hanno le
proprie istituzioni e parlano le proprie lingue.

Oltre a una miriade di consigli di donne e di giovani, ci sono anche un
esercito femminista sempre più famoso, la milizia YJA Star (“Unione delle
donne libere”, dove la stella sta a simbolizzare la dea
<http://it.wikipedia.org/wiki/I%C5%A1tar> Ishtar della Mesopotamia).

Il simbolismo non potrebbe essere più chiaro: pensate alle forze di Ishtar
(Mesopotamia) che combattono le forze di Isis (Iside, la dea dell’antico
Egitto), diventata un califfato intollerante. All’inizio del secolo XXI, la
barricate femminili di Kobanê si trovano all’avanguardia della lotta al
fascismo.

Ci dovrebbero essere inevitabilmente parecchi punti di incontro tra le
Brigate Internazionali che combattevano il fascismo in Spagna nel 1936 e
quello che sta succedendo nella Rojava, come evidenzia
<http://www.theguardian.com/commentisfree/2014/oct/08/why-world-ignoring-rev
olutionary-kurds-syria-isis> uno dei pochi articoli pubblicati nei media
mainstream occidentali.

Se queste componenti non bastassero, a far impazzire i Wahabiti e e i
sostenitori del <http://it.wikipedia.org/wiki/Takfir> takfir, profondamente
intolleranti, e i loro potenti protettori del Golfo pieni di petroldollari,
ci pensa la situazione politica generale.

La lotta nella Rojava è diretta essenzialmente dal PYD, che è il ramo
siriano del PKK turco, i combattenti marxisti in guerra contro Ankara dagli
anni Settanta. Washington, Bruxelles e la NATO – sotto la continua pressione
turca – hanno sempre bollato il PYD e il PKK come “terroristi”.

Un accurato esame di Democratic Confederalism, l’impedibile libro del leader
del PKK Abdullah Öcalan rivela che l’equazione terrorista/stalinista è un
inganno (Öcalan è stato confinato nel 1999 nell’isola-prigione di Imrali).

Quello che cercano il PKK – e il PYD – è il “municipalismo libertario”. Che
di fatto è esattamente ciò che sta tentando la Rojava, comunità
autogovernate che applicano la democrazia diretta, usando come pilastri i
consigli, le assemblee popolari, le cooperative dirette dai lavoratori e
difese da milizie popolari. Da lì il posizionamento della Rojava
all’avanguardia di un movimento mondiale di economia/democrazia cooperativa
il cui obiettivo finale sarebbe mettere da parte il concetto di
Stato-nazione.

Questo esperimento non solo ha politicamente luogo nella zona nord della
Siria; in termini militari, sono stati il PKK e il PYD che hanno realmente
salvato decine di migliaia di Yazidi assediati dall’ISIS/ISIL/Daesh sul
Monte Sinjar, e non le bombe statunitensi, come dicono i mezzi
dell’informazione dominante. Ora, come spiega il co-presidente del PYD Asya
Abdullah, ciò che serve è un “corridoio” per rompere l’accerchiamento di
Kobanê da parte dei terroristi del Califfo Ibrahim.

L’inganno del Sultano Erdogan

Ankara, nel frattempo, sembra intenzionata a protrarre la politica dei
“molti problemi con i nostri vicini”.
Per il ministro della Difesa turco Ismet Yilmaz, “la causa principale
dell’esistenza dell’ISIS è il regime siriano”. Il Primo Ministro Ahmet
Davutoglu – che inizialmente aveva inventato la defunta dottrina degli “zero
problemi con i nostri vicini” – ha ripetutamente messo in evidenza che
Ankara interverrà solo con truppe di terra a Kobanê per difendere i Kurdi
solo se Washington presenterà un “piano post-Assad”.

E poi c’è un personaggio che deborda la realtà, il presidente turco Tayyip
Erdogan, noto anche come il Sultano Erdogan. Le condizioni del Sultano
Erdogan sono ben note. I Kurdi siriani dovrebbero combattere contro Damasco
sotto il comando di quella squallida finzione del ricostituito (e ancora da
addestrare in Arabia Saudita)Libero Esercito Siriano; dovrebbero scordare
qualsiasi tipo di autonomia e dovrebbero accettare docilmente la richiesta
turca a Washington di creare una no-fly-zone sopra la Siria e di mettere “in
sicurezza” il confine in territorio siriano. Non c’è da stupirsi che sia il
PYD sia Washington abbiano rigettato le richieste.

Il Sultano Erdogan si popone di riprendere il processo di pace con il PKK –
e vuole gestirlo da una posizione di forza. Per ora la sua unica concessione
è stata permettere ai Peshmerga kurdi iracheni di entrare nel nord della
Siria per controbilanciare le milizie del PYD/PKK e quindi prevenire il
rafforzamento dell’asse anti-Turco curdo.

Allo stesso tempo il Sultano Erdogan sa che l’ISI/ISIL/Daesh ha già
reclutato almeno 1.000 possessori di passaporto turco. Il suo ulteriore
incubo è che il fermento tossico presente in “Siraq” prima o poi possa
traboccare senza controllo nei confini turchi.

Barbari alle porte

I terroristi del Califfo Ibrahim hanno già telegrafato le loro intenzioni di
massacrare e/o schiavizzare l’intera popolazione civile di Kobanê. Kobanê,
dal canto suo, non ha alcun valore strategico per l’ISIS/ISIL/Daesh (è ciò
che ha detto il Segretario di Stato USA John Kerry la settimana scorsa, ma
dopo, com’era prevedibile, ha ritrattato).La molto persuasiva comandante del
PYD è tuttavia ben cosciente della minaccia rappresentata
dall’ISIS/ISIL/Daesh. Kobanê non è essenziale. se paragonata a Deir ez-Zor
(che ha un aeroporto per le forniture all’Esercito Arabo Siriano) o ad
Hasakah (che ha pozzi petroliferi controllati dai Kurdi con l’aiuto
dell’Esercito Arabo Siriano). Kobanê non ha aeroporto né pozzi di petrolio.

D’altra parte, la caduta di Kobanê genererebbe un’immensa propaganda
positiva per l’abile impresa del Califfo . Amplierebbe la percezione di un
esercito vittorioso specialmente tra le nuove potenziali reclute, con
passaporto europeo, e stabilirebbe una solida base molto vicino alla
frontiera turca.

Essenzialmente, ciò che il sultano Erdogan sta facendo è combattere sia
Damasco (a lungo termine) sia i Kurdi (a medio termine), mentre in realtà dà
il via libera (a breve termine) all’ISI/ISIL/Daesh. In prospettiva,
tuttavia, il giornalista turco Fehim Tastekin ha ragione: l’addestramento di
inesistenti ribelli siriani “moderati” nella democratica Arabia Saudita
porterà solo ad una “pakistanizzazione” della Turchia.Un remake dello
scenario creato durante la jiahd afghana degli anni Ottanta.

<http://comune-info.net/wp-content/uploads/2014/10/14680.jpg> 14680

Se tutto ciò non fosse già abbastanza confuso, con un voltafaccia – e
cambiando il proprio “dogma” sui terroristi – Washington sta prendendo
contatti con il PYD. Cosa che provoca un ulteriore mal di testa al sultano
Erdogan.

Il do ut des tra Washington e il PYD c’è ancora. Alcuni fatti avvenuti sul
campo lo confermano: più bombardamenti USA , più lanci di aiuti da parte
Usa, compresi i grandi lanci falliti, nei quali nuove armi sono finite in
mano ai terroristi del Califfo.

Un fatto chiave non va dimenticato. Non appena il PYD è stato più o meno
“riconosciuto” da Washington, il capo del PYD Saleh Muslim è andato a
incontrare lo scaltro leader del Governo Regionale Kurdo (RGC) Masoud
Barzani. È stato quando il PYD ha promesso di condividere il potere” con i
Peshmerga di Barzani per gestire la Rojava

I Kurdi siriani obbligati ad abbandonare Kobanê e a esiliare in Turchia,
quelli che sostengono il PYD, non possono far rientro in Siria, ma i Kurdi
iracheni possono andare avanti e indietro a loro piacimento. Questo accordo
sospetto è stato siglato dal capo dell’intelligence del KRG, Lahur Talabani.
Il KRG va molto d’accordo con Ankara.

Questo fa ulteriore luce sul gioco di Erdogan: vuole che i Peshmerga – che
sono acerrimi nemici del PKK – diventino l’avanguardia contro
l’ISIS/ISIL/Daesh e che dunque indeboliscano in questo modo l’alleanza
PYD/PKK. Ancora una volta, la Turchia mette i Kurdi contro altri Kurdi.

Washington, da parte sua, sta manipolando Kobanê per legittimare
completamente – utilizzando una vena “umanitaria” (Responsabilità di
proteggere) – la sua crociata contro l’ISIS/ISIL/Daesh. Non si ricorderà mai
a sufficienza che tutto ha avuto inizio con una raffica di notizie sulla
preparazione di un nuovo 11 settembre da parte del sospetto e fantomatico
gruppo Jorasan. Jorasan, com’era prevedibile, è poi sparito completamente
dalle cronache.

A lungo termine, il raggiro statunitense è una seria minaccia per
l’esperimento di democrazia diretta nella Rojava – che Washington non può
che interpretare come – Dio ce ne liberi! – un ritorno al comunismo.

Kobanê è ora pertanto una pedina cruciale in uno spietato gioco manipolato
da Washington, Ankara e Irbil. Nessuno di questi attori vuole che
l’esperimento di democrazia diretta di Kobane e della Rojava abbia successo,
si espanda e cominci ad essere conosciuto in tutto il Sud Globale. Le donne
di Kobane corrono davvero il pericolo mortale di essere, se non
schiavizzate, crudelmente tradite.

E la faccenda si fa ancor più sinistra quando l’azione dello SI/ISIL a
Kobane viene vista essenzialmente per quello che è: una manovra di
diversione, una trappola per il governo di Obama. In realtà i terroristi del
Califfo puntano alla provincia di Anbar in Iraq – che già controllano in
gran parte – e alla cruciale cintura di Baghdad.

I barbari sono già alle porte, non solo di Kobane ma anche di Baghdad.

<http://comune-info.net/wp-content/uploads/2014/10/Al-di-qua-di-Kobane.jpg>
Al-di-qua-di-Kobane

foto tratta da connessioniprecarie.org