[RSF] settimo (e ultimo) articolo sull'incontro dei moviment…

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Aihe: [RSF] settimo (e ultimo) articolo sull'incontro dei movimenti popolari
Senza organizzazione nessuna conquista. Le proposte di
azione dell'incontro dei movimenti popolari

Ancora sotto l’impatto delle parole pronunciate da papa
Francesco durante la seconda giornata dell’incontro
“Terra, Labor, Domus” - di momento storico ha parlato
non a caso Ignacio Ramonet, sottolineando come qualcosa stia
cambiando nella Chiesa, e stia cambiando “nella direzione
giusta” – i movimenti popolari riuniti in Vaticano hanno
affrontato l’ultima giornata dei lavori, quella dedicata
alle proposte di azione. Ma l’ultimo giorno ha offerto
anche l’occasione di ascoltare il racconto di molte
esperienze di resistenza e di lotta, come quella vissuta da
Rebecca Thomas Kedari, del sindacato indiano KKPKP, per
migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei
raccoglitori e riciclatori di rifiuti (“Siamo i veri
difensori dell’ambiente”, ha affermato con orgoglio) o
quella portata avanti tra innumerevoli ostacoli (in quanto
la protesta si paga spesso e volentieri con la prigione) dai
lavoratori del settore informale in Cambogia, su cui si è
soffermato Heng Sam Orn, sottolineando la necessità di
promuovere, incessantemente e instancabilmente, processi di
organizzazione popolare, unendo le forze e facendo sentire
la propria voce a livello internazionale. Perché – è
stato sottolineato da più parti – senza organizzazione
non c’è lotta, e senza lotta non ci sono conquiste, e
dunque non ci sono neppure cambiamenti.
Forte e chiara è risuonata la voce del popolo curdo, sulla
cui lotta si sono soffermati Abdullah Aysu, della
Confederazione contadina della Turchia, e Yilmaz Orkan di
Kurdish Networks, il quale ha invitato alla creazione di una
coalizione internazionale dei popoli contro la guerra.
E non poteva non farsi sentire la voce della Palestina,
attraverso l'intervento di Suha Jarrar, della Union of
Agricultural Work Committees, che, denunciando la brutale
colonizzazione israeliana, si è soffermata sulla lotta per
la sovranità alimentare e per la riforma agraria come la
forma più efficace di resistenza. Una resistenza che si
scontra, tuttavia, non solo con gli attacchi sistematici
sferrati da Israele nella Striscia di Gaza e nei Territori
Occupati, ma anche con i complicati meccanismi burocratici
israeliani, con il muro di separazione che ha strappato ai
contadini i loro campi, con le confische di terra, quella
più fertile, per l’espansione degli insediamenti
illegali, con le discriminatorie politiche idriche
(l’accesso all’acqua da parte dei palestinesi è non a
caso uno dei più bassi del mondo intero) e persino con lo
sradicamento di 800mila ulivi, quegli ulivi così
essenziali per l'economia e l'identità della Palestina.
Cosicché, ha spiegato Suha Jarrar, “rivendicare la
sovranità alimentare e la giustizia ambientale, difendendo
a ogni costo il legame con la propria terra, significa già
di per sé lottare contro la colonizzazione”. Ed è una
lotta che può contare ora su uno strumento straordinario
di resistenza: la campagna internazionale di boicottaggio,
disinvestimento e sanzioni, finalizzata a mettere fine
all’apartheid e all’occupazione israeliana.
Ma anche nel Nord del mondo non mancano gli ostacoli alla
resistenza dei contadini e delle contadine, come ha spiegato
dettagliatamente Dena Hoff, della National Family Farm
Coalition degli Stati Uniti, riferendosi non solo ai
cambiamenti climatici, ma anche all’offensiva delle
transnazionali agroalimentari (prima fra tutte la Monsanto)
o alla costruzione di grandi e distruttive opere come
l’oleodotto Keystone XL per il trasporto del petrolio
estratto dalle sabbie bituminose canadesi. E come ha
chiarito anche Giovanni Pandolfini del movimento italiano
Genuino Clandestino (rete di persone, gruppi informali e
associazioni che praticano in Italia l’agricoltura
contadina, "quell’agricoltura a piccola scala che tutela
la salute della terra, dell’ambiente e degli esseri
viventi"): “I contadini in Italia – ha sottolineato -
sono stati cancellati. La nostra bella campagna è stata
trasformata in un deserto”, soffocata dal cemento o
ricoperta da sterminate monoculture su cui lavorano
“grandi squadre di nuovi schiavi”, quando non
semplicemente abbandonata.
L’ultimo giorno dei lavori è stato tuttavia
caratterizzato soprattutto dall’elaborazione e dalla
discussione dei documenti finali dell’incontro, quelli ad
uso interno come pure la Dichiarazione finale dell'incontro
dei movimenti popolari (che può essere letta sul sito
www.movimientospopulares.org). Né è mancata una sintesi
di tutto il dibattito svoltosi nell’ultimo giorno,
affidata a Joao Pedro Stedile e a Paola Estrada e articolata
attorno ai tre ambiti tematici della terra, del lavoro e
della casa.
Così, rispetto alla Terra, il proclama “non vi sia
nessun contadino senza terra” va affiancato a quello
“nessun popolo senza il suo territorio”. Tutti i popoli
hanno diritto alla sovranità sui loro territori e sulle
loro risorse naturali. I movimenti popolari sono chiamati a
lottare per una Riforma Agraria Popolare, integrale,
democratica, centrata sulla sovranità alimentare,
sull’accesso universale all’acqua, sul controllo delle
sementi, sull’agroecologia, sulla produzione di alimenti
sani per tutto il popolo. Come pure a lottare contro i
transgenici e i veleni agricoli e contro i progetti minerari
di cui è noto il catastrofico impatto sui popoli e
sull'ambiente.
E poi, sviluppando il principio "non vi sia nessun
lavoratore senza diritti", occorre lottare perché tutti
abbiano diritto a un lavoro degno e a un reddito tale da
garantire una vita dignitosa, perché si promuova
l'organizzazione di tutti i lavoratori del settore informale
oggi dispersi e disorganizzati, perché a tutti vengano
riconosciuti i diritti del lavoro e perché tutti possano
trovare lavoro nei propri luoghi di vita, senza essere
costretti ad emigrare. Ma i movimenti sono anche chiamati a
lottare contro ogni forma di discriminazione e ogni forma di
schiavitù, a denunciare la subordinazione di Stati,
governi e sindacati agli interessi delle transnazionali, a
rafforzare legami di solidarietà tra i lavoratori per
affrontare al meglio il potere delle grandi imprese, ad
appoggiare l'occupazione delle fabbriche e ogni forma di
produzione solidale e cooperativa.
In base quindi al principio "non vi sia nessuna famiglia
senza una casa dignitosa", i movimenti si impegnano, tra
l'altro, a trasformare le periferie degradate in spazi
comunitari di solidarietà e buen vivir, a combattere la
speculazione finanziaria e immobiliare, a promuovere
processi di autogestione cooperativa, a impedire qualsiasi
sgombero dovuto al mancato pagamento dell'affitto o di
un'ipoteca, a lottare per il diritto al ritorno di tutte le
popolazioni sfollate, a difendere occupazioni collettive di
edifici e di terreni inutilizzati per risolvere il problema
della casa.
Accanto a questi, altri impegni sono stati proposti dai
rappresentanti dei movimenti, come la costruzione delle
scuole di formazione politica per elevare il livello della
coscienza politica della base, la creazione di una rete di
solidarietà che consenta di mobilitarsi contro ogni caso
di ingiustizia e di persecuzione in qualsiasi Paese del
mondo, la collaborazione con tutte le tradizioni religiose
per coscientizzare il popolo sulla necessità
dell'organizzazione, il ricorso all'insegnamento di papa
Francesco per diffondere tra i popoli l'esigenza di lottare
per i cambiamenti necessari nel mondo, la promozione di
nuovi modi di consumo e di nuovi stili di vita, in maniera,
ha evidenziato Stedile, che "nessun lavoratore insegua il
sogno di diventare un piccolo borghese".
Infine, l'accento dei delegati è stato posto sulla
necessità di continuare a riunire i settori organizzati in
lotta per la terra, il lavoro e la casa, di creare una
piattaforma di comunicazione tra i partecipanti per la
promozione di azioni comuni, di organizzare un incontro dei
movimenti ancora più ampio e più articolato, di
mantenere un dialogo continuo con papa Francesco in vista
della creazione di un’istanza di collaborazione
permanente.

Claudia Fanti - Adista