[RSF] sesto articolo sull'incontro dei movimenti popolari

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Autore: claudia@adista.it
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To: MST-Comitato, MST-Italia, Comitato-Italiano-MST, forumroma, sgeral, elvira_corona, sayonara.comunicacionalba2014, viacampesina.sudamerica, jpastedile
Oggetto: [RSF] sesto articolo sull'incontro dei movimenti popolari
Dalla resistenza all’appropriazione del potere politico.
L’invito di Evo Morales ai movimenti popolari

Se una delle grandi sfide dei movimenti popolari è, come
ha evidenziato Margaret Archer, presidente della Pontificia
Accademia delle Scienze Sociali, quella di tradursi in
“forma legittima di governo”, secondo il principio di
“una democrazia partecipativa che trasmetta dal basso
verso l’alto le esigenze dei poveri”, nessuno era più
indicato di Evo Morales, leader cocalero diventato
presidente della Bolivia, per affrontare la questione. Ed
è proprio con le sue parole che si è conclusa la seconda
giornata dell’incontro dei movimenti popolari “Terra,
Labor, Domus”, dedicata alla riflessione sulle cause
strutturali dell’esclusione: “non c’è nulla di
sacro nel capitalismo”, il “parto malato
dell’umanità”, in quanto, “nelle sue mani, tutto
diventa merce, e si vende e si compra la vita stessa”. Ma
è sull’esperienza di rifondazione della Bolivia che si
è soffermato Morales, evidenziando la necessità per i
movimenti di passare dalla fase della resistenza a quella
dell’appropriazione del potere politico, dalla lotta
sociale alla lotta elettorale, in nome di una democrazia che
rappresenti gli interessi del popolo e non del mercato - non
è certo un caso che il Ministero del Lavoro sia passato
dalle mani di un imprenditore a quelle di un operaio - e che
sia dominata non dalla logica della maggioranza e della
minoranza, ma da un processo decisionale fondato sul
consenso. Un’appropriazione del potere politico che
immediatamente si traduce, come appunto dimostra il caso
boliviano, nella rinuncia alla guerra, “massimo spreco di
vita”, come l’ha definita Morales (“dopo una guerra
– ha detto – la vita non torna mai più ad essere la
stessa”), e nella promozione di una cultura della pace. Ed
è questo rifiuto di ogni invasione - la forma di guerra
che l’America Latina conosce così bene, avendola subita
innumerevoli volte - che ha portato all’espulsione
dell’ambasciatore degli Stati Uniti in Bolivia: dove
c’è un ambasciatore Usa c’è un golpe, scherzano
spesso i latinoamericani, e se negli States non c’è mai
un colpo di Stato è proprio perché non hanno un
ambasciatore statunitense. Sono sempre dei pretesti, ha
evidenziato Morales, a giustificare l’intervento militare
a stelle e strisce: se non è il terrorismo, sono i diritti
umani o il narcotraffico. E che quello del narcotraffico
sia appena un pretesto lo ha mostrato chiaramente il governo
boliviano, riducendo - senza violenza e senza conflitti,
solo offrendo altre opzioni di vita - la superficie
destinata alla coltivazione della coca da 32mila ettari a
23mila.
E, dopo la rifondazione politica, quella economica, a
cominciare dalla nazionalizzazione delle risorse naturali:
se lo sfruttamento degli idrocarburi portava prima nelle
casse dello Stato appena 300 milioni di dollari, ora sono
più di 5 miliardi di dollari quelli su cui può contare
il Paese, una cifra consistente che ha permesso di
sradicare l’analfabetismo, contrastare l’abbandono
scolastico e migliorare i servizi di base, che, ha insistito
Morales, non devono mai ridursi ad un affare privato. Senza
contare l’avvio di un processo che, dall’esportazione di
materie prime senza valore aggiunto, sta promuovendo, per la
prima volta, l’industrializzazione del Paese, per muovere
poi il passo successivo, quello della promozione di
un’economia della conoscenza.
Infine, la difesa della Madre Terra, la Pacha Mama, il
nostro pianeta ammalato di capitalismo: non si può
accettare, ha detto, che la Terra sia ridotta a semplice
merce, comprata e venduta in base alle leggi del mercato. E
ha ammonito: il pianeta può continuare ad esistere senza
di noi, ma noi non possiamo vivere senza la Terra, il nostro
focolare, la nostra casa comune. Da qui l’impegno del
governo per un nuovo modello energetico, per la promozione
di un’agricoltura a conduzione familiare e per
l’incremento del consumo di prodotti locali, come pure la
lotta contro i transgenici e la speculazione finanziaria
sugli alimenti.

Claudia Fanti - Adista