[RSF] FW: [nowaroma] I: in 500 al Colosseo, alla fiaccolata…

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Aihe: [RSF] FW: [nowaroma] I: in 500 al Colosseo, alla fiaccolata in sostegno ai difensori di Kobane


Date: Thu, 9 Oct 2014 11:09:17 +0200
From: v.miliucci@???
To: mariomiliucci@???; sandroponzetti@???; nowaroma@???; silvsimo@???; lorettamussi48@???; ciciarello.stefano@???; etdavoli@???; info@???; forumpalestina@???; carletta.b@???; cpiano@???
Subject: [nowaroma] I: in 500 al Colosseo, alla fiaccolata in sostegno ai difensori di Kobane






Ieri sera al Colosseo in 500 alla fiaccolata di sostegno ai combattenti di Kobane.
Una visiva e vivace comunicazione alle migliaia di persone che transitavano intorno al monumento e al metrò; gli interventi a ricordare l'eroica resistenza dei kurdi a Kobane, la denuncia contro il governo Renzi e l'insieme dei parlamentari sordi ad ogni attività di sostegno anche a carattere umanitario; la sollecitazione a mantenere costante l'attenzione e la mobilitazione, predisponendoci a scendere in piazza ben più numerosi a metà della prossima settimana( tenendo conto che sabato 11/x a Roma-Casa Internazionale delle Donne ci sarà un convegno con le donne kurde a carattere europeo).
Infine il breve ma significativo corteo dal Colosseo al Circo Massimo, una immagne nella notte con fiaccole e slogan cadenzati che ricordava molto la " via crusis", anche qui il tributo ai/alle combattenti kurdi/e che difendono valori universali e si immolano per essi.
Vincenzo

ps. L'appuntamento per preparare la manifestazione per la prossima settimana è per domenica 12/x ore 15 c/o la casa di accoglienza kurda Ararat - l.go Dino Frisullo al Villaggio Globale






AGIRE ORA PER SCONGIURARE UN MASSACRO CONTRO I
CURDI A KOBANE!
Migliaia di persone stanno per essere uccise e
massacrate davanti ai nostri occhi.
Ora è tempo di agire e evitare un grande massacro
che sta per accadere a Kobane!
Partecipiamo in tanti, facciamo
arrivare la nostra voce al mondo!


MERCOLEDI' 8
OTTOBRE 2014
A PARTIRE
DALLE 19.00 AL COLOSSEO
FIACCOLATA

KOBANE NON E' SOLA!
CONTRO IL FASCISMO DELLO STATO
ISLAMICO!
PER L'AZIONE DELLA COMUNITA'
INTERNAZIONALE!






TURCHIA. 21 morti in scontri tra curdi e polizia:

Manifestazioni
anti-Isis in tutto il paese. Il presidente è accusato di voler veder
caduta la città siriana per poter attaccare Damasco. E su Ankara pesano i
180 jihadisti liberati.



di Chiara Cruciati
Roma, 8 ottobre 2014, Nena News
– Le dichiarazioni con cui i vertici turchi si riempiono la bocca in
questi giorni sono crollate come un castello di carta ieri: dodici
morti, almeno dodici, durante scontri tra manifestanti curdi e polizia
turca. Sei di loro sono stati uccisi a Diyarbakir: un 25enne, Hakan
Buksur a Mus; un altro a Vart. Alle manifestazioni della
comunità turca, organizzate dal Partito Democratico del Popolo in
solidarietà con la città curdo-siriana di Kobane, le forze di sicurezza
di Ankara hanno risposto con una dura repressione: gas lacrimogeni,
cannoni ad acqua, ma soprattutto proiettili veri.
Il
ministro degli Interni, Efkan Ala, ha accusato i manifestanti di “aver
tradito il loro paese” e minacciato conseguenze “imprevedibili” nel caso
di ulteriori proteste: “La violenza sarà affrontata con la
violenza. Quest’attitudine irrazionale dovrebbe essere subito
abbandonata e i manifestanti dovrebbero lasciare le strade”. Immediata
la risposta del Pkk, che ha chiamato la comunità curda a tornare in
piazza.
Le proteste – che nelle stesse ore si tenevano anche in
Europa: un gruppo di manifestanti curdi ha fatto irruzione della sede
del Parlamento Ue – sono esplose in quasi tutto il paese, da Ankara e
Istanbul alla provincia sud di Mardin, nelle città di Sirte, Batman e
Mus, dove è stato imposto il coprifuoco già da ieri pomeriggio. Scontri
anche lungo il confine con la Siria, dove le forze militari hanno
lanciato lacrimogeni per disperdere la piccola folla che tentava di
passare la rete. Il dito è puntato contro il presidente Erdogan,
accusato di essere solo un bugiardo: la Turchia, dicono i manifestanti,
ha abbandonato Kobane e resta in attesa che cada.
Per
ora i fatti sul terreno paiono dar ragione ai manifestanti curdi: dopo
il voto del parlamento della scorsa settimana che ha dato mandato al
governo per il dispiegamento di truppe all’estero, l’esercito
turco ha inviato una trentina di carri armati al confine con la Siria e
ha disperso le proteste alla frontiera. Niente di più. Ieri Erdogan è
tornato a premere sulla coalizione per un intervento via terra e a
ripetere che “Kobane è sul punto di cadere”. L’obiettivo di Ankara si delinea ogni giorno di più: entrare
in Siria per far cadere il presidente Assad, non per distruggere
l’Isis. Per questo ieri il presidente è tornato a parlare di no-fly zone
sul cielo siriano, necessaria ad impedire all’aviazione di
Damasco di alzarsi in volo, e di una zona cuscinetto in cui addestrare
le opposizioni ad Assad.
In tal senso la presa di Kobane da parte
jihadista sarebbe un ottimo pretesto: città strategica, al confine con
la Turchia, permetterebbe alle milizie di al-Baghdadi di controllare
tutto il corridoio di territorio che da Aleppo arriva alla roccaforte
islamista Raqqa, e che prosegue verso la frontiera con l’Iraq. Con
Kobane, l’Isis diverrebbe una concreta minaccia alla stabilità turca. E
infatti Ankara si premura: ieri i vertici hanno girato alla Nato la
richiesta di stilare un piano di difesa della Turchia in caso di attacco
jihadista.
Sul piano curdo, a frenare l’intervento a
favore della comunità di Kobane sono gli stretti legami con la
resistenza curda turca. A Kobane in queste settimane combattono i
miliziani del Pkk, il cui leader Ocalan pochi giorni fa aveva previsto
la rottura e avvertito Ankara: “Se Kobane cade, il processo di pace [tra
Turchia e Kurdistan turco] fallirà”. A monte la convinzione
che oggi la Turchia abbia volutamente abbandonato i curdi di Kobane e
prima abbia permesso la crescita innaturale del gruppo jihadista
chiudendo un occhio sul passaggio di armi e miliziani.
A
peggiorare la posizione di Erdogan la notizia dello scambio di
prigionieri trattato con lo Stato Islamico per il rilascio dei 49
ostaggi, catturati a Mosul a giugno. Ieri la Gran Bretagna ha chiesto
chiarimenti ad Ankara in merito a quanto apparso sulla stampa: 180
miliziani dell’Isis, curati – pare – in ospedali turchi sono stati
liberati per poter avere indietro i 49 prigionieri. Ankara smentisce.

da Nena News



Infuria la battaglia a Kobane tra gli interessi delle potenze Proseguono
i combattimenti strada per strada, casa per casa, a Kobane, città
siriana al confine con la Turchia. Contrariamente alle voci che
circolavano nelle scorse giornate, Kobane non è caduta, l'esito del
conflitto è tuttora incerto mentre le milizie dell'YPG e quelle Stato
Islamico si affrontano in uno scontro all'ultimo sangue, nel quale gli
obiettivi gepolitici delle grandi potenze dell'area sono sempre più
determinanti nel bilancio dello scontro.
Erdogan ha dichiarato che
per la Turchia il PKK costituisce un nemico di pari grado di quello
rappresentato dallo Stato Islamico, e che scenderà in campo contro l'IS
soltanto a condizione che le sue richieste vengano esaudite. Di fatto,
queste si sublimano nel definitivo via libera alla destituzione di Assad
dalla Siria, preceduto dall'istituzione di una no-fly zone e dal
finanziamento alle milizie anti-Assad in lotta contro il presidente
alawita.
In quest'ottica anche gli USA vanno a nozze con la
strategia turca. Non avendo eliminato il presidente siriano a causa
dell'opposizione soprattutto russa e delle complicazioni che una nuova
offensiva militare avrebbe avuto a livello interno, il ruolo svolto
finora dall'ISIS in termini di destabilizzazione del Medio Oriente può
condurre cosi al risultato desiderato con altri mezzi.
Il
risultato dello scontro è tuttora incerto: se fino a ieri sembrava che
l'IS avesse preso gran parte della città, le ultime news raccontano di
militanti dello stesso IS in fuga da Kobane a seguito dei bombardamenti
americani, che tuttavia non hanno minimamente messo in campo una
strategia decisa alla risoluzione del conflitto, sembrando piu che altro
decisi a prendere tempo.
Quello che è certo è che ad Erdogan non
dispiacerebbe senza dubbio intervenire solo una volta che le milizie
curde fossero state sterminate, esasperando sempre di più però la
situazione nell'area sudorientale del paese. Continuano infatti in
Turchia le manifestazioni dei curdi contro il governo e le sue decisioni
scellerate, che stanno mandando incontro alla morte centinaia di
persone a Kobane e fornendo nuovi pretesti a Erdogan per attaccare il
PKK (nonostante il processo di pace aperto da quest'ultimo negli ultimi
mesi, a questo punto quasi definitivamente compromesso).
12
persone sono morte negli scorsi giorni durante cortei di protesta, di
cui 8 nella sola Diyarbakir, con le autorità turche che continuano a
difendere il proprio operato e a rifiutare di unirsi in un'operazione
contro l'IS.




Manifestazioni pro-curdi, coprifuoco in sei province.
Intanto la Turchia è alle prese anche con la rivolta della parte curda
della popolazione, scesa in piazza in tutte le città per chiedere
interventi più concreti in difesa di Kobane. Ieri, negli scontri di piazza sono morte almeno 19 persone, di cui otto a Diyarbakir (VIDEO).
Per la prima volta in vent'anni le autorità di Ankara hanno imposto il
coprifuoco nelle sei province del paese a maggioranza curda, per tentare
di riportare la calma. Il coprifuoco, mai imposto in Turchia dal 1992,
quando la ribellione del Pkk toccava il suo culmine, resterà in vigore
fino alle sei locali di domattina. La compagnia di bandiera Turkish
Airlines ha annullato fino a nuovo ordine i voli su Diyarbakir e sulle
altre città in cui vige il coprifuoco: Batman, Mardin, Mus, van e siirt.
Il ministro dell'Interno Efkan Ala ha accusato i manifestanti filocurdi
di "tradire il proprio Paese", ammonendo che "la violenza chiamerà
altra violenza".














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