[Forumlucca] ci sono morti e morti

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46 studenti assassinati in un paese “nemico dell’occidente” riempirebbero
giornali, TV e quant’altro



Se la cosa accade in un paese “amico”, il più accurato silenzio



6 ottobre 2014

Terrorismo di Stato in Messico: Iguala come Tlatelolco, Peña Nieto come Díaz
Ordaz

Gennaro Carotenuto



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L’orrore di Iguala in Messico è infine confermato e non sarà il silenzio dei
media internazionali, che guardano sempre altrove rispetto alla macelleria
messa in atto da vent’anni in uno dei principali alleati degli USA, a
renderlo meno orribile. Nella fossa comune ritrovata nello Stato di
Guerrero, lo stesso del turismo d’élite di Acapulco, vi sarebbero la maggior
parte dei 43 studenti sequestrati lo scorso 26 settembre dalla Scuola
Normale Rurale di Ayotzinapa, nella quale erano già stati assassinati sei
loro compagni.

Gli antropologi forensi argentini da oggi saranno all’opera per le
identificazioni sui corpi ritrovati. Almeno 17 dei 43 studenti sono stati
indubbiamente visti nel patio del comando di polizia di Iguala da dove
furono trasferiti nel luogo dove è stata trovata la fossa comune. La polizia
stessa avrebbe commesso la strage -sulla dinamica dei fatti ormai non ci
sono troppi dubbi- con la collaborazione di sicari dei narco che poi hanno
fatto sparire i corpi. Il 26 settembre in vari assalti, alla scuola stessa,
al sindacato dei maestri, ad un autobus, erano già stati direttamente
assassinati da poliziotti e sicari del narco almeno altri sei studenti,
tutti tra i 16 e i 22 anni, almeno uno di questi con chiari segni di
tortura.

Al momento vi sono 22 persone, quasi tutti poliziotti, detenuti per un
crimine che ripresenta anche nel Messico di Peña Nieto la tradizione nera
del Terrorismo di Stato messicano, da Tlatelolco a Corpus Christi ad Acteal.
La persecuzione sistematica contro stampa indipendente, sindacalisti,
attivisti dei diritti umani e movimenti studenteschi è divenuta via via una
caccia all’uomo incrudelita dal governo di Felipe Calderón dal 2006 in
avanti. Questi deliberatamente usò la cosiddetta guerra al narco per colpire
i movimenti sociali. Enrique Peña Nieto continua le pratiche del
predecessore.



Messico, narcos e polizia fanno strage di studenti

06 ottobre 2014

I 38 desaparecidos di Iguala ritrovati in sei fosse comuni. Negli assalti,
polizia prima e mafiosi poi, sei morti e 25 feriti. Contro la repressione
mobilitazione nazionale il prossimo 8 ottobre

da Città del Messimo, Andrea Spotti

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Nonostante le autorità invitino ad aspettare i risultati delle perizie,
tutto sembra indicare che appartengano agli studenti normalisti scomparsi
oltre una settimana fa, i resti dei corpi ritrovati ieri all’interno di tre
fosse comuni ad Iguala, nello stato del Guerrero. Le vittime sono state
ritrovate grazie alle dichiarazioni di uno dei poliziotti arrestati per
l’assalto armato ai danni dei normalisti portato avanti nella notte tra il
26 e il 27 settembre scorsi da un gruppo di agenti municipali ed elementi
legati alla criminalità organizzata. Messa in pratica con la volontà di
uccidere, l’agressione ha provocato la morte di 6 persone ed il ferimento di
altre 25. Molti dei 38 desaparecidos, prima di essere vittime di sparizione
forzata, sono stati visti sulle volanti della polizia locale e all’interno
della caserma della stessa.

I drammatici fatti di Iguala ci parlano della preoccupante situazione che
vivono i movimenti sociali messicani (e la popolazione in generale), i
quali, dal 2006 a questa parte (a partire cioè dall’inizio della cosiddetta
guerra al narcotraffico lanciata dall’ex-presidente Calderón e continuata
dal governo di Peña Nieto), si trovano stretti fra l’incudine della
repressione statale ed il martello della violenza di mafie e paramilitari.
In diverse zone del Paese infatti persecuzioni giudiziarie, detenzioni
illegali, sparizioni forzate ed omicidi di uomini e donne legati ad
organizzazioni sociali e a movimenti di lotta sono tristemente all’ordine
del giorno.

Secondo la ricostruzione fatta dai normalisti, tutti tra i 17 e i 25 anni,
la polizia li ha aggrediti mentre facevano ritorno ad Ayotzinapa a bordo di
tre autobus occupati, alla fine di una giornata passata a raccogliere fondi
per sostenere la partecipazione al tradizionale corteo del 2 ottobre in
memoria degli studenti massacrati a Tlatelolco nel 1968. Gli assalti sono
stati due: il primo, durante l’inseguimento, iniziato appena fuori della
centrale degli autobus di Iguala; e, il secondo, una volta che le cinque
pattuglie sono riuscite a bloccare e circondare i mezzi di trasporto, quando
una trentina di agenti ha iniziato a sparare da diverse angolazioni. In
entrambi i casi, gli spari sono partiti senza motivazioni e non sono stati
preceduti da nessun preavviso. Tutto questo è successo attorno alle 21.

Verso mezzanotte, poi, mentre si trovavano fuori dalla sede del sindacato
dei maestri CETEG (Coordinadora de los Trabajadores de la Educación de
Guerrero) per denunciare quanto accaduto, i giovani sono stati vittime di un
secondo assalto. A sparare, stavolta, non erano uomini in divisa ma membri
alcune organizzazioni mafiose presenti sul territorio di Iguala. Il bilancio
dei due attacchi omicidi è tragico: tre studenti uccisi, Daniel Solís, Julio
César Ramírez e Julio Cesar Mondragón, ed uno gravemente ferito, Aldo
Gutiérrez, cui è stata diagnosticata la morte cerebrale.

I normalisti che sono riusciti a sopravvivere parlano di diversi compagni
fermati dalle forze dell’ordine, cosa che viene confermata anche dalle
indagini ufficiali svolte dalla procura dello stato del Guerrero e che
indica la responsabilità dei poliziotti locali rispetto alla scomparsa dei
38 normalisti. Inoltre, sebbene la polizia municipale abbia avuto un ruolo
da protagonista nel feroce assalto, alcuni testimoni hanno segnalato anche
la presenza delle polizie statale e federale, le quali, si sarebbero
allontanate poco dopo l’inizio della sparatoria guardandosi bene
dall’intervenire.

Successivamente, lungo la statale che conduce a Chilpancingo, la capitale
guerrerense, la furia anti-normalista di polizia e delinquenti ha investito
il pullman sul quale stava viaggiando la squadra di calcio degli Avispones,
di ritorno a casa dopo la trasferta ad Iguala, colpendo anche un taxi che
passava da quelle parti. Gli spari hanno ucciso il calciatore quattordicenne
David Josué García, l’autista dell’autobus Victor Lugo, e la signora Blanca
Montiel, che si trovava sul taxi.

Sulle intenzioni omicide di polizia e narcos non possono esserci dubbi. La
durata della sparatoria che, secondo quanto raccontato da un testimone a La
Jornada, è stata di circa 40 minuti, e la potenza di fuoco messa in campo lo
dimostrano in modo evidente. Stando al procuratore dello stato Iñaki Blanco
gli assassini hanno usato mitragliette AR-15 ed intorno agli autobus dei
normalisti sono stati ritrovati circa 150 bossoli sparati da 30 diverse armi
da fuoco.

Il tutto, contro un obiettivo disarmato, pacifico ed indifeso. Il quadro,
inoltre, è reso ancora più tetro dal fatto che a Julio Cesar, lo studente
ucciso ritrovato il giorno successivo alla strage con evidenti segni di
tortura, è stata tolta la pelle dal viso, chiaro segno della partecipazione
di gruppi narcos nell’operativo poliziesco e della complicità esistente tra
polizia locale e mafia. Quest’ultima, come raccontano a Desinformemonos, è
presente sul territorio, che è importante centro del traffico di droga, con
almeno 9 cartelli.

Il mandante della strage, secondo quanto ricostruito fino ad oggi, è il
sindaco di Iguala, José Luis Abarca, conosciuto nella zona per le sue
relazioni con gruppi criminali e in passato accusato di omicidio. Abarca,
appartenente al progressista Partido de la Revolución Democratica (PRD), era
convinto che i normalisti fossero giunti in città per contestare l’evento in
cui sua moglie, sorella di uno dei luogotenenti del cartel dei Beltran
Leyva, avrebbe presentato la sua seconda relazione annuale in quanto
presidenta del DIF (ente per lo sviluppo della famiglia). Sarebbe dunque
stato per evitare che i normalisti facessero casini, per usare le parole del
sindaco, rovinando così la festa alla futura candidata alla carica di primo
cittadino, che gli autobus su cui viaggiavano gli studenti e gli Avispones
sono stati crivellati di proiettili.

Dopo aver inizialmente cercato di sabotare le indagini, cercando perfino di
colpevolizzare i normalisti, il sindaco ha in seguito lasciato
temporaneamente il suo incarico dicendo di voler facilitare il lavoro degli
investigatori per poi scegliere, dopo essere stato scaricato dal suo partito
e dal govenatore Angel Aguirre, la via della latitanza. Oggi è ricercato con
l’accusa di sparizione forzata, mentre 22 agenti di Iguala sono in stato di
arresto ad Acapulco e per 16 di loro è stata confermata la partecipazione
alla sparatoria.

Sebbene la responsabilità diretta in quelle che compagni e parenti delle
vittime definiscono come vere e proprie esecuzioni sommarie sia molto
probabilmente del sindaco è difficile non pensare anche alle colpe dei
governi statale e federale, le cui polizie non hanno mai dimostrato
tenerezza alcuna nei confronti degli studenti normalisti dello stato, i
quali al contrario sono sempre stati criminalizzati sia dallo stato che dai
media che li descrivono come violenti trattandoli come un pericolo pubblico.
Tutto questo a causa di una tradizione di lotta che dura almeno dagli anni
’30 e di un combattivo presente che resiste al tentativo in atto da qualche
decennio di eliminare quest’anomalia dal sistema scolastico messicano.

Di conseguenza, per quanto Aguirre abbia condannato l’aggressione prendendo
le distanze dal sindaco e offrendo una ricompensa di un milione di pesos per
chiunque fornisca notizie utili a ritrovare i giovani scomparsi, questi atti
vanno considerati come una risposta mediatica che ha forse come obiettivo
quello di far dimenticare all’opinione pubblica il fatto che la polizia del
governatore in questione, il quale presiede un governo di centro sinistra
dal 2011, coadiuvata dal quella federale, aveva già fatto fuoco sui
normalisti nel dicembre del 2011, uccidendo gli studenti Jorge Alexis
Herrera e Gabriel Echeverría, mentre altri due vennero investiti e uccisi
sulla statale Acapulco-Zihuatanejo il 7 gennaio del 2013, senza che nessuno
abbia mai pagato per questo.

Insomma, al di là dell’improvviso interesse da parte del governatore per i
normalisti, determinato dall’attenzione mediatica, gli attacchi nei loro
confronti e la rerpressione dura delle loro mobilitazioni sono stati la
constante durante l’amministrazione di Aguirre, che si è caratterizzata per
perseguitare attivisti sociali, difensori dei diritti umani e membri della
CRAC (Coordinadora Regional de Autoridades Comunitarias), la ormai storica
organizzazione indigena guerrerense. La situazione è tale che un gruppo di
74 organizzazioni sociali di 22 stati del Paese sostiene che i fatti di
Iguala dimostano “la gravità della crisi umanitaria che affronta lo stato
del Guerrero e la decomposizione delle sue forze di polizia”.

Nei giorni successivi all’assalto, la rezione degli studenti è stata
determinata. Tutte le normali del Paese si sono mobilitate e nel Guerrero è
stata bloccata l’autostrada del sole, mentre il 2 ottobre migliaia di
persone hanno sfilato per le strade di Chilpancingo chiedendo giustizia e la
“restitución con vida” dei desaparecidos. La solidarietà è arrivata anche
dal tradizionale dal partecipatissimo corteo di Città del Messico.

Nonostante la strage di Iguala rappresenti un crimine che lascia senza
parole ed il ritrovamento dei corpi faccia tremare la vene ai polsi, casi
del genere non sono affatto infrequenti in Messico. Solo la settimana scorsa
sono state trovate fosse comuni a Xalapa, Veracruz, mentre in Chiapas tre
ejidatarios del Bachajón aderenti alla Sexta zapatista, dopo essere stati
arrestati illegalmente sono stati torturati ed infine denunciati per
aggressione a pubblico ufficiale. Le carceri del Paese inoltre si stanno
riempiendo di detenuti politici, il più delle volte si tratta di attivisti
in difesa del territorio di origine indigene a campesina. Mentre la
sparizione forzata e la morte sono un rischio che corrono sempre più spesso
giornalisti indipendenti, attivisti per la difesa dei diritti umani o
dell’ambiente, sindacalisti scomodi, e chiunque possa mettere in discussione
gli interessi del potente di turno, dal sindaco alla multinazionale,
dall’impresa mineraria al crimine organizzato.

Mentre scriviamo queste ultime righe, sui portali dei principali siti dei
giornali messicani cambiano le cifre e si inizia a parlare di 6 fosse comuni
ed è sempre più forte, sebbene non ci siano ancora conferme ufficiali, il
sospetto che si tratti dei normalisti desaparecidos. Rabbia e indignazione
crescono sulle reti sociali. Di fronte all’enormità dei fatti e del loro
impatto mediatico, e dopo aver dato tempo al governo nazionale di speculare
politicamente sulla tragedia, la Procura della Repubblica ha finalmente
deciso di attrarre a sé il caso. In serata, familiari e compagni degli
studenti normalisti hanno lanciato una giornata nazionale di mobilitazione
per il prossimo 8 ottobre. Non sarebbe male – e non solo per le vittime di
questa carneficina di stato ma per tutto il Messico de abajo, martoriato da
8 anni di guerra e militarizzazione, se ci fossero mobilitazioni solidali
anche in altre parti del mondo.