[Retenowar] QCodeMagazine. Italia-Kurdistan, aiuti non armi

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著者: Alessio Di Florio
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To: avantipopolo, fori-sociali, fortecomunismo, fuser, pescarafree, retenowar, reteantirazzista, riscossarossa
題目: [Retenowar] QCodeMagazine. Italia-Kurdistan, aiuti non armi
http://www.qcodemag.it/2014/08/21/italia-kurdistan-aiuti-non-armi/


*Il governo italiano promette armi ai curdi, dimenticando le scelte del
passato e privilegiando ancora la violenza al posto della politica. La
mobilitazione della società civile italiana*
*di Alessio Di Florio*

*21 agosto 2014* – L’avanzata sanguinaria dell’ISIS in Iraq ha riacceso i
riflettori dell’attenzione internazionale sul Kurdistan. I mass media e
l’opinione pubblica italiana ne avevano completamente dimenticato
l’esistenza da quando il Governo D’Alema consegnò il leader del PKK alla
Turchia.

Le notizie sulle condizioni di detenzione di Ocalan in questi anni sono
state tutte terribili, ma il Governo italiano non si è mai mosso e si è mai
minimamente preoccupato… 11 anni dopo l’avvio della guerra che ha
consegnato l’Iraq alla totale instabilità e le ha “regalato” la presenza
del cosiddetto “terrorismo islamico”, davanti alla ferocia disumana
dell’ISIS (in Siria totalmente ignorato dall’attenzione mediatica quanto
sostenuto, addestrato e armato da “potenze occidentali” come recentemente
ha “confessato” *Hillary Clinton*
<http://www.theatlantic.com/international/archive/2014/08/hillary-clinton-failure-to-help-syrian-rebels-led-to-the-rise-of-isis/375832/>affermando
che l’ISIS è “roba” statunitense ma “è scappato di mano”) l’unica soluzione
prospettata dagli Stati dell’UE (Italia compresa) è quella di invio di armi
ai peshmerga curdi, gli stessi che sono stati accusati di aver abbandonato
le postazioni, lasciando così in balia della ferocia dell’ISIS le
popolazioni di interi villaggi.



Mentre il PKK di Ocalan, che realmente sta combattendo contro l’ISIS,
rimane nella lista nera delle organizzazioni terroristiche. Contro questa
scelta è attiva una *petizione*
<http://www.retekurdistan.it/2014/08/16/rimuovere-il-partito-dei-lavoratori-del-kurdistanpkk-dalla-lista-delle-organizzazioni-terroristiche-internazionali/#.U_R0z1Y8i-B>
mentre
in Italia un *appello*
<http://www.retekurdistan.it/2014/08/15/appello-ai-democratici-italianialle-associazionialle-organizzazioni-politichedel-sindacatodella-societa-civile/#.U_R06VY8i-B>
ai democratici italiani lo ha inviato nei giorni scorsi la “Rete Italiana
di solidarietà con il popolo kurdo” chiedendo l’invio di aiuti umanitari e
promuovendo una propria “*raccolta di fondi per sostenere le decine di
migliaia di persone rifugiate nel Regione del Rojava (Siria) dove resiste
l’autogestione popolare protetta dalle YPG e dalle YPJ (Forze di difesa
femminili) e nel Sud Kurdistan” . Una posizione ribadita** dopo alcuni
articoli di stampa che le hanno assegnato una posizione favorevole
all’invio di armi ai peshmerga. La Rete Italiana di solidarietà con il
popolo
<http://www.retekurdistan.it/2014/08/19/rete-kurdistan-italialitalia-mandi-subito-aiuti-umanitari-e-non-armie-si-adoperi-politicamante-per-stabilizzare-lautonomia-democratica-in-tutto-il-kurdistan/#.U_R0oVY8i-D>curdo
ha,
al contrario, affermato di essersi sempre espressa *“*contro interventi
armati esterni nell’area o per armare una parte sul campo*” ma a
favore di “*aiuti
umanitari*”.

L’impegno internazionale deve portare all’isolamento internazionale
dell’ISIS (una chiara denuncia di chi li finanzia, addestra e arma …), al
sostegno della “*autonomia democratica nelle regioni kurde, da sud (Iraq) a
Nord (Turchia), da est (Iran) a ovest (Siria)” *a partire dalla “*l’esperienza
di autogoverno in Rojava (Kurdistan occidentale siriano) iniziata due anni
fa, e che costituisce un potenziale modello per la convivenza pacifica e
democratica fra i vari popoli del Medio Oriente*” nel mirino degli “*attacchi
sanguinari di ISIS già da tempo e prima della loro aggressione in
territorio iracheno,nel silenzio pressoché unanime della comunità
internazionale*”.

L’unica soluzione reale per la *Rete Italiana di Solidarietà con il popolo
kurdo* è “*una soluzione pacifica porterà a una stabilizzazione dell’intera
area: al posto delle armi, si pensi piuttosto a dialogare con i kurdi, ad
esempio togliendo il PKK, che si è mosso prontamente sul campo per aprire
corridoi umanitari al fine di mettere in salvo la popolazione minacciata di
massacri da ISIS, dalla lista delle organizzazioni terroristiche degli USA
e dell’Unione Europea, e spingendo sulla Turchia perchè continui il
negoziato con Öcalan che può mettere fine a un conflitto che dura da
trent’anni*”.

Contro l’invio di armi si è espressa anche la *Rete Italiana per il Disarmo*
<http://www.disarmo.org/rete/a/40516.html>, chiedendo al contrario al
Governo Italiano di sostenere un impegno internazionale a protezione delle
popolazioni “*che si attenga strettamente alle regole del diritto
internazionale senza alimentare il conflitto*”. Giorgio Beretta
dell’Osservatorio OPAL di Brescia rivela che il Governo Italiano dovrebbe
inviare “*armi di fabbricazione sovietica sequestrate al trafficante Zhukov
e detenute per anni nelle riservette dell’isola sarda della Maddalena*” che
una “*una sentenza del Tribunale di Torino del 2006 mai resa operativa*”
prevedeva dovessero essere distrutte. Per questo viene chiesto “*che venga
subito aperta un’inchiesta parlamentare considerato che una parte di quelle
armi pare sia stata inviata nel 2011 agli insorti di Bengasi apponendo da
parte dell’allora governo in carica (Berlusconi IV) il segreto di stato*”.

La stessa *Rete Disarmo* <http://www.disarmo.org/rete/a/40504.html> aveva
precedentemente ribadito che “*i conflitti e le crisi umanitarie che da
settimane stanno scuotendo diversi paesi del nord Africa e del Medio
Oriente (Striscia di Gaza, Libia, Iraq, Siria ecc.) non si risolvono
inviando armi, ma sospendendo le forniture di sistemi militari a tutte le
parti in conflitto e costruendo con impegno soluzioni vere e condivise*” e
che “*la normativa italiana (la legge n.185 del 1990) vieta espressamente
l’esportazione di materiali di armamento “verso i Paesi in stato di
conflitto armato, in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta
delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali
dell’Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da
adottare previo parere delle Camere*”.

*Alessio Di Florio*