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Date: Thu, 17 Jul 2014 02:13:58 +0200
Subject: [donneinnero] Fw: Gaza, il gas nel mirino
Un articolo di Manlio Dinucci per chi non l'abbia già letto.
L’ARTE DELLA GUERRA
Gaza, il gas nel mirino
Manlio Dinucci
Per capire qual è
uno degli obiettivi dell’attacco israeliano a Gaza bisogna andare in profondità,
esattamente a 600 metri sotto il livello del mare, 30 km al largo delle sue
coste. Qui, nelle acque territoriali palestinesi, c’è un grosso giacimento di
gas naturale, Gaza Marine, stimato in 30 miliardi di metri cubi del valore di
miliardi di dollari. Altri giacimenti di gas e petrolio, secondo una carta
redatta dalla U.S. Geological Survey (agenzia
del governo degli Stati uniti), si trovano sulla terraferma a Gaza e in
Cisgiordania.
Nel 1999, con un accordo firmato da Yasser Arafat,
l’Autorità palestinese affida lo sfruttamento di Gaza Marine a un consorzio
formato da British Gas Group e Consolidated Contractors (compagnia privata
palestinese), rispettivamente col 60% e il 30% delle quote, nel quale il Fondo
d’investimento dell’Autorità ha una quota del 10%. Vengono perforati
due pozzi, Gaza Marine-1 e Gaza Marine-2. Essi
però non entrano mai in funzione, poiché sono bloccati da Israele, che pretende
di avere tutto il gas a prezzi stracciati.
Tramite l’ex premier Tony
Blair, inviato del «Quartetto per il Medio Oriente», viene
preparato un accordo con Israele che toglie ai palestinesi i tre quarti dei
futuri introiti del gas, versando la parte loro spettante in un conto
internazionale controllato da Washington e Londra. Ma, subito dopo aver vinto le
elezioni nel 2006, Hamas rifiuta l’accordo, definendolo un furto, e chiede una
sua rinegoziazione. Nel 2007, l’attuale ministro della difesa israeliano Moshe
Ya’alon avverte che «il gas non può essere estratto senza una operazione
militare che sradichi il controllo di Hamas a Gaza». Nel 2008, Israele lancia
l’operazione «Piombo Fuso» contro Gaza.
Nel settembre 2012 l’Autorità
palestinese annuncia che, nonostante l’opposizione di Hamas, ha ripreso i
negoziati sul gas con Israele. Due mesi dopo, l’ammissione della Palestina
all’Onu quale «Stato osservatore non membro» rafforza la posizione
dell’Autorità palestinese nei negoziati. Gaza Marine resta però bloccato,
impedendo ai palestinesi di sfruttare la ricchezza naturale di cui dispongono. A
questo punto l’Autorità palestinese imbocca un’altra strada.
Il 23
gennaio 2014, nell’incontro del presidente palestinese Abbas col presidente
russo Putin, viene discussa la possibilità di affidare alla russa Gazprom lo
sfruttamento del giacimento di gas nelle acque di Gaza. Lo annuncia l’agenzia
Itar-Tass, sottolineando che Russia e Palestina intendono rafforzare la
cooperazione nel settore energetico. In tale quadro, oltre allo sfruttamento del
giacimento di Gaza, si prevede quello di un giacimento petrolifero nei pressi
della città palestinese di Ramallah in Cisgiordania. Nella stessa zona, la
società russa Technopromexport è pronta
a partecipare alla costruzione di un impianto termoelettrico della potenza di
200 MW.
La formazione del nuovo governo palestinese di unità nazionale,
il 2 giugno 2014, rafforza la possibilità che l’accordo tra Palestina e Russia
vada in porto. Dieci giorni dopo, il 12 giugno, avviene il rapimento dei tre
giovani israeliani, che vengono trovati uccisi il 30 giugno: il puntuale casus
belli che innesca l’operazione «Barriera protettiva» contro Gaza.
Operazione che rientra nella strategia di Tel Aviv, mirante a
impadronirsi anche delle riserve energetiche
dell’intero Bacino di levante, comprese quelle palestinesi, libanesi e siriane,
e in quella di Washington che, sostenendo Israele, mira al controllo dell’intero
Medio Oriente, impedendo che la Russia riacquisti influenza nella regione. Una
miscela esplosiva, le cui vittime sono ancora una volta i palestinesi.
(il manifesto, 15 luglio 2014)
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