Szerző: pilar castel Dátum: Címzett: forumroma@inventati.org, cristina.torelli@fastwebnet.it, Poema, mirta Tárgy: [RSF] FW: [nowaroma] I: Se i palestinesi fossero umani....
domani sera fiaccolata in Campidoglio >
>
> Da leggere assolutamente ciao
>
> -----Messaggio originale-----
> Da: Gigi - FabioNews [mailto:luigi.eusebi@poste.it]
> Inviato: lunedì 14 luglio 2014 10.34
> A: cicabumrebelde@???
> Oggetto: Se i palestinesi fossero umani....
>
> * - Basta Guerre - Geopolitica del Caos - Palestina -*
>
> Se i Palestinesi fossero umani * 11 luglio, 2014 *
> [di Santiago Alba Rico
> <http://comune-info.net/autori/santiago-alba-rico/>
> su Comune-Info
> <http://comune-info.net/2014/07/se-i-palestinesi-fossero-umani/>
> ]
>
> Riconoscere ai Palestinesi un “desiderio di vendetta”
> significherebbe ammetterne l’umanità. Israele non può farlo. La
> sua reazione all’aggressione nemica può invece essere
> “sproporzionata” proprio perché umana. Non si tratta solo di
> razzismo ma di calcolo politico: aprire il conflitto alla categoria
> della storia vuol dire mettere in discussione l’indipendenza e il
> carattere “ebraico” di uno Stato che, per definizione, è
> autogeno, s’è generato da sé. Ogni attacco palestinese è pertanto
> sempre il primo, apre tutte le risposte e si basa sul male,
> sull’antisemitismo dei suoi autori. Ammettere responsabilità
> precedenti, iniziali, potrebbe far diventare un’indagine di polizia
> un’indagine storica molto pericolosa. La maggior parte dei
> giornalisti e dei semplici cittadini occidentali considera normale che
> gli Israeliani abbiano un nome, un volto, dei sentimenti: sono “dei
> nostri”, sono esseri umani. I Palestinesi non devono averli, è quel
> che Israele più teme. Dovremmo far brillare al sole l’umanità dei
> Palestinesi, per senso della decenza ed empatia ma anche per precise
> ragioni politiche. Come forse aveva intuito Vittorio Arrigoni
>
> Dopo il sequestro e l’assassinio di Mohamed Abu Khdeir,
> palestinese di 16 anni, la polizia israeliana – ci dicono i giornali
> – “indaga per scoprire se si tratta di una vendetta di estremisti
> per l’assassinio di tre adolescenti israeliani” avvenuto pochi
> giorni prima. Sembra ragionevole indagare le ragioni di un omicidio e
> arrestare i colpevoli, ma questa stessa “indagine” rivela
> l’anomalia strutturale sulla quale si fondano le pratiche di polizia
> in Israele. Quando circa due settimane fa tre adolescenti israeliani
> sono stati sequestrati e poi assassinati, né la polizia né il
> governo israeliano si sono presi la briga di indagare se non si
> trattasse forse di un attacco di vendetta per l’occupazione, la
> demolizione delle case, le umiliazioni, le torture, gli arresti di
> massa e i bombardamenti. Il governo israeliano ha accusato
> immediatamente Hamas, nonostante il rifiuto da parte del movimento
> palestinese di ogni responsabilità sull’accaduto, ed ha scatenato
> un’ordinaria – diciamo – operazione di polizia nella quale
> l’esercito di occupazione ha incarcerato 420 palestinesi, perquisito
> più di 2000 case e ucciso cinque persone, tre delle quali
> adolescenti.
>
> Né il governo israeliano né i governi europei né la maggior parte
> dei nostri giornali ritengono che questa “operazione militare”
> possa giustificare una risposta “legittima”; peggio ancora:
> neanche considereranno che questa “operazione” possa provocare a
> sua volta una vendetta barbarica. L’idea della vendetta – come
> quella che hanno commesso questi “estremisti” israeliani contro
> l’adolescente Mohamed Abu Khdeir – implica l’ipotesi che sia
> stato vittima di un risentimento o un’ingiustizia precedente; e se
> la reazione può considerarsi irrazionale e perfino criminale,
> presuppone in qualsiasi caso un dolore immenso e una sete di giustizia
> negata. Anche la “vendetta barbarica” è riservata, per tanto,
> agli israeliani, sensibili al dolore e capaci di distinguere tra il
> bene e il male ed è per questo che a volte commettono un piccolo male
> accecati dalla rabbia, dalla sofferenza e dal – diciamo –
> “eccesso di bene”. Non che i palestinesi non possono difendersi
> legittimamente da un’occupazione illegale; è che non sono ancora
> sufficientemente umani per vendicarsi. Vendicarsi di cosa? Questo
> supporrebbe l’ammettere atti precedenti, e responsabilità iniziali,
> e allora l’”indagine di polizia” diventerebbe un’indagine
> storica molto pericolosa per l’esistenza stessa di Israele.
>
> In breve, i Palestinesi né si difendono né si vendicano. Ogni
> attacco palestinese è sempre il primo, quello che apre tutte le
> risposte, e si basa soltanto nel male radicale dei suoi autori –
> antisemitismo o semplice nichilismo tautologico.Riconoscere nei
> palestinesi un “desiderio di vendetta” equivarrebbe a introdurre
> la storia in Israele, che è per definizione autogena ed eterna. Ma
> negare ai palestinesi anche il più irrazionale e perfino criminale
> “desiderio di vendetta” implica negargli anche la più elementare
> umanità. Al contrario di quanto si afferma spesso, negare
> l’umanità dei palestinesi non è razzismo, o non è solo razzismo.
> E’ un imperativo tecnico-politico: riconoscere la loro umanità
> obbligherebbe gli israeliani a mettere in discussione la propria e a
> mettere in discussione anche, alla radice, la fondazione e storia del
> loro Stato.
>
> I palestinesi non possono essere nemmeno “vendicativi”. Sono
> semplicemente il male metafisico e animale: la negazione radicale,
> come le cellule cancerogene (metafora frequentemente utilizzata dai
> sionisti). La disumanità palestinese è scritta, come il carattere
> “ebraico” dello Stato, nella dichiarazione di indipendenza di
> Israele. Non è possibile rinunciare ad una cosa senza rinunciare
> all’altra.
>
> Anche ciò che eufemisticamente a volte chiamiamo risposta
> “sproporzionata” israeliana costituisce parte di questa routine
> costituente. Questa “sproporzione” serve, ovviamente, per
> nascondere l’occupazione. L’idea stessa di “sproporzione”,
> come quella di “vendetta”, presuppone un’azione aggressiva
> anteriore, sempre precedente, quella del nemico, alla quale si
> risponde. Ma allo stesso tempo la “sproporzione”, come ho scritto
> altre volte, si giustifica da sé, è “chiaramente ovvia” e appare
> tanto più legittima quanti più mezzi utilizza e più vittime miete.
> Tale è la “sproporzione” militare che essa stessa evidenzia, con
> le sue bombe a grappolo e le sue nubi di fumo, una sproporzione morale
> o ontologica: ciò che separa la fiera sete di giustizia o, almeno, di
> vendetta, propria degli israeliani, il cui male rimane così mantenuto
> all’interno dei confini dell’umano, e la disumanità inspiegabile,
> gratuita e sciatta dei palestinesi.
>
> Dimenticata la “sproporzione” originale dell’occupazione,
> accettata da tutti la “sproporzione” militare come un segno
> dell’umanità, tal volta eccessiva, degli israeliani e della
> disumanità dei palestinesi, ai quali non si riconosce sufficiente
> dolore umano per poter desiderare di vendicarsi, non c’è nulla di
> strano se abbiamo visto e letto in tutti i giornali le fotografie e i
> nomi dei ragazzi israeliani assassinati e siamo dovuti andare a
> cercare faticosamente l’immagine e il nome di Mohamed Abu Khdeir.
>
> Sono sicuro che fino ad alcuni anni fa questa “sproporzione” era
> il risultato di espresse indicazioni e manipolazioni coscienti. Oggi,
> probabilmente, non ce n’è più bisogno e questo testimonia la
> vittoria simbolica di Israele. Oggi, probabilmente, la maggior parte
> degli occidentali, giornalisti, analisti e semplici cittadini, proprio
> perchè comprendono il concetto di giustizia e lo difendono,
> considerano normale che gli israeliani abbiano un nome, un volto e dei
> sentimenti – poiché sono “dei nostri”, vale a dire esseri umani
> – mentre i palestinesi non possono averli, neanche a 16 anni,
> perché la dichiarazione di indipendenza dello Stato ebraico di
> Israele – e le sue “sproporzioni” quotidiane – escludono
> questa possibilità. La madre, il padre, gli zii, i fratelli di
> Mohamed non si vendicheranno: sono stati esclusi, e con essi tutti i
> loro connazionali, dall’umanità.
>
> La condizione stessa della liberazione della Palestina – in una
> versione o in un’altra, anche facendo concessioni in termini di
> giustizia storica – è quella della ri-umanizzazione mediatica dei
> palestinesi. Poiché sono responsabili della loro disumanizzazione,
> bisogna esigere dai mezzi di comunicazione occidentali di contribuire
> alla loro ri-umanizzazione. Soltanto quando i palestinesi hanno un
> nome e volto e la morte di uno dei loro figli ci risulta tanto
> inaccettabile quanto quella di un israeliano (che dico: basterebbe che
> la morte di dieci, cento palestinesi ci apparisse inaccettabile quanto
> quella di un solo israeliano), soltanto quando ci voltiamo e vediamo
> il volto bello e pulito di Mohamed identico a quello di qualsiasi
> spagnolo (o italiano, n.d.t.) della sua stessa età, avremo compiuto
> qualche progresso verso una soluzione della “questione
> palestinese”. Perché allora inizieremo a comprendere che il vero
> problema che bisogna risolvere è in realtà la “questione
> israeliana”. Questo è quello che Israele più teme: l’umanità
> dei palestinesi. Questo è ciò che per il più elementare senso di
> decenza ed empatia umana e il più responsabile dei pragmatismi
> politici, dobbiamo fare brillare sotto il sole.
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