mercoledì 25 giugno dalle 18 alle 19
sui gradini del palazzo ducale di Genova, 630° ora in silenzio per
la pace
Incollo il volantino che verrà distribuito
Altre info su
www.orainsilenzioperlapace.org
Da quando sono state inventate,
le competizioni sportive inducono a riflessioni di carattere
politico: basti pensare alla “tregua olimpica” in Grecia (le
guerre cessavano, la competizione tra le città si trasferiva
provvisoriamente negli stadi, e spento il fuoco sacro tutto
riprendeva come e peggio di prima) ed al famoso principio del
“panem
et circenses” che
induceva i maggiorenti romani a sborsare somme incredibili per
divertire ed anestetizzare la plebe.
Ai giorni nostri niente e nessuno
può fermare i campionati di calcio, spesso caratterizzati da
episodi di corruzione e malversazione.
Nel 1985 si giocò allo
stadio di Heysel poco dopo la morte di 39 persone schiacciate
nella ressa. Portate via le salme, fu fischiato l’inizio della
partita.
La coppa Davis nel 1976 in Cile
ed i mondiali di calcio in Argentina nel 1978 si svolsero in due
stadi che fino a pochi mesi prima erano servite da centri di
detenzione e di tortura per gli oppositori dei due regimi
militari. L’argentino Videla ricevette anche da un’agenzia
specializzata statunitense, la Burston-Masteller, una serie di
“suggerimenti” sul modo di utilizzare il mondiale di calcio per
ripulire l’immagine internazionale dell’Argentina. Nel frattempo
continuavano sparizioni e torture, come continuano a raccontare
le mamme e le nonne di Plaza de Mayo.
Nel 2006 si sono svolti a Torino
i giochi olimpici invernali. Sponsor principale: la
multinazionale Coca Cola, nota in tutto il mondo per la
sistematica violazione dei diritti dei lavoratori. Anche in
questo caso, con mezzi informativi limitatissimi, ci fu chi
cercò di sottolineare la contraddizione tra la presunta
“neutralità” dello sport e l’abitudine allo sfruttamento dello
sponsor principale. Caso unico nella storia dei giochi, a Genova
la fiaccola olimpica fu spenta per evitare le modeste
contestazioni di pochi oppositori.
Oggi: mondiali di calcio in
Brasile. Il Brasile di oggi non è paragonabile a quello del
regime militare di cui anche l’attuale “presidenta” fu vittima.
Ma migliaia di persone sono state espulse dalle loro case; dieci
lavoratori sono morti nella costruzione degli stadi; solo gli
sponsor potranno commercializzare i propri prodotti durante gli
eventi.
Su Repubblica del 21 giugno
Concita De Gregorio intervista
Ney, 32 anni, che ha lavorato tre anni al
cantiere dell'Arena das Dunas, uno stadio che diventerà del
tutto inutile alla
fine
dei giochi ed accanto al quale è da poco franata una “favela”.
Nel cantiere Ney ha lavorato otto
ore al giorno, con
straordinari
frequenti e forfetizzati, per 900 real al mese, circa 300 euro.
Lo stadio è costato 450 milioni di real. Dei 900 mensili che
vanno a Ney per pagare l'affitto della casa dove vive con la
madre due fratelli la moglie e due figli ne spende 500. 400
real, 130 euro, restano per vivere.
…”Così quando sono venuti
Bebeto, Ronaldo, la governadora e tutte le autorità al
cantiere, qualche mese fa, a dire che ci avrebbero regalato
due biglietti per andare allo stadio, a noi operai, ho
pensato subito: li vendo. Poi alla fine ce ne hanno dato uno
solo, non so perché. A me è toccato quello di Stati
Uniti-Ghana. L'ho venduto per 250 real e li ho dati a mia
moglie Mariana. Lei fa la cameriera a chiamata nei resort
per turisti ricchi.
Metterà via i soldi per
comprare una lavatrice
”
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