http://www.connessioniprecarie.org/2014/06/21/la-cgil-e-i-migranti-ovvero-il-sonno-dellombelico-genera-mostri/
La CGIL e i migranti, ovvero il sonno dell’ombelico genera mostri
Che i sindacati e i sindacalisti siano abituati a guardare il proprio
ombelico non è certo una novità; forse più innovativa è la pretesa che
anche altri lo guardino. È questa la novità proposta da Piero Soldini,
responsabile nazionale per l’immigrazione della CGIL, in una recente
intervista circa il rapporto tra il suo sindacato e i lavoratori migranti.
Velata dall’apparente colpevolizzazione del ruolo della CGIL nel
rappresentare i lavoratori migranti all’interno del direttivo nazionale
del più grande sindacato italiano, alla fine di queste dichiarazioni
giunge la richiesta di far capo al loro ombelico. Ma procediamo con ordine
e ampliamo il quadro.
Negli ultimi decenni il lavoro migrante è aumentato esponenzialmente, al
pari delle forme di lavoro che lo sfruttano. Lo Stato non si è tirato
indietro dal legiferare in materia, tutelando legalmente lo sfruttamento e
garantendo centralità al povero datore di lavoro, altrimenti preda dei
flussi economici globali (la Bossi-Fini). Il sindacato, dal canto suo, ha
spostato sempre più lo sguardo sulla propria organizzazione e sulle lotte
intestine che lo attraversano, divenendo sempre più spesso rappresentante
dei suoi stessi funzionari. Un sindacato i cui sindacalisti si tutelano
dal loro stesso sindacato… non è una presa per il culo, è così. È questo,
in sintesi, il processo di «ombelicalizzazione sindacale». Ma, appunto,
fin qui nulla di nuovo.
Finché, un giorno, Piero Soldini si sveglia come da un incubo e poiché,
come tutti quelli che dormono, non si è accorto di quanto è avvenuto
attorno al suo letto, ha accusato alcuni lavoratori, in particolare i
migranti, di essere anche loro assopiti, avvertendoli della necessità di
svegliarsi, meglio se con il suo ausilio, cioè quando dice lui e dove dice
lui. Sì, soprattutto i migranti, perché sono loro i meno tutelati… A’
Soldì, vorresti mica farci credere che gli altri lo siano? Vabbé, lasciamo
perdere. Torniamo ai migranti. Il nostro prode eroe non più addormentato
ci illumina circa la sola via percorribile per uscire da questo stallo:
«Se ne può uscire se i lavoratori e le lavoratrici migranti acquistano
maggiore consapevolezza. Devono abbandonare ogni condizione di soggezione
e non piegarsi a chi dice loro di aspettare il turno».
La domanda sorge spontanea: di quante lotte hanno bisogno Soldini e la
CGIL per capire che i migranti è da mo’ che hanno alzato la testa? Nardò,
Rosarno, la gru di Brescia, il 1° marzo, le lotte della logistica e
possiamo continuare a elencarne altre… Ma forse la questione che solleva
Soldini non è questa, forse ciò di cui si lamenta veramente non è che i
migranti non alzino la testa, anche perché forse è lui che guardandosi di
continuo l’ombelico non riesce a vedere cosa facciano gli altri. Crediamo
che il messaggio allora sia un altro e meno facile da proporre al
pubblico: migranti, dovete smetterla di portare avanti le vostre lotte
senza consultarci; migranti, dovreste iniziare anche voi a far capo al
nostro bellissimo ombelico che vi permetterà di perdere di vista tutto ciò
che è veramente importante. Se guarderete il nostro ombelico assieme a
noi, vedrete che tutto andrà meglio e centinaia di altri migranti
smetteranno di vedere in voi le tracce di una lotta che funziona,
necessaria e liberatoria. E, ancora: migranti, con le vostre lotte
disturbate il nostro sonno e ci mettete in cattiva luce, perché così si
palesa la nostra totale inutilità, sia per voi, sia per tutti quei
lavoratori che vengono quotidianamente sfruttati nei luoghi di lavoro.
Soldini, forse ti avremmo considerato con maggior serietà se fossi stato
più schietto, ma colpevolizzare i migranti e tutti i lavoratori di essere
poco coscienti della propria condizione di sfruttati va oltre una semplice
narcolessia politica. La reputiamo invece una bieca strategia per
depotenziare il valore politico delle lotte che i migranti hanno ormai
messo in campo da anni. Dormi Piero, dormi…