[Forumlucca] R: Ospedale di Lucca

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BRAVO MASSIMILIANO !

Aldo

-----Messaggio originale-----
Da: Forumlucca [mailto:forumlucca-bounces@inventati.org] Per conto di Massimiliano Piagentini
Inviato: mercoledì 21 maggio 2014 17:48
A: forumlucca@???
Oggetto: [Forumlucca] Ospedale di Lucca

In questi giorni, in molti si stracciano le vesti a proposito del nuovo ospedale san luca, mettendono in evidenza le "criticità".
Nel 2005, però, ci fu una sola persona che in consiglio comunale votò contro la realizzazione di quel presidio: la consigliera di Rifondazione comunista Roberta Bianchi.
A distanza di 9 anni, penso sia utile (e molto istruttivo) rileggere l'intervento con cui R. Bianchi motivò il suo no a quel progetto.

massimiliano

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Lucca 20.12.2005
Roberta Bianchi, Consigliere comunale P.R.C

Come Rifondazione riteniamo che vi siano diversi motivi per dire di no a questo accordo.
Innanzitutto contestiamo il metodo seguito. La Regione di fatto ha imposto un sistema per cui o si costruiscono tutti e quattro gli ospedali o non se ne fa alcuno, mettendo in questo modo i soggetti coinvolti, in situazione di oggettiva difficoltà perché con le proprie scelte condizionano l’esito anche altrove, e magari in un’altra città l’ospedale serve davvero.
Il secondo punto di contrasto è relativo alla necessità di un nuovo ospedale a Lucca. Sicuramente l’attuale struttura presenta molte criticità che rendono necessari interventi seri, ma ci chiediamo perché non si è presa in considerazione l’ipotesi di intervenire su questa struttura anziché pensare di costruirne ex novo un’altra, cementificando altro territorio e creando ulteriori necessità di collegamenti adeguati e di infrastrutture. Non siamo i soli a dire che potevano essere individuate soluzioni alternative.
Ma soprattutto come Rifondazione contestiamo l’idea di sanità che il nuovo ospedale presuppone. Si parla infatti di ospedale per acuti. Ciò significa che il ricovero ospedaliero sarà limitato a tre, quattro giorni; la fase acuta della malattia, appunto, o dell’intervento. Già ora i tempi di degenza si sono ridotti notevolmente, alcuni reparti sono stati accorpati e c’è stata una diminuzione di posti letto, ma con la costruzione del nuovo ospedale questo sistema verrà definitivamente sancito; sono previsti infatti 200 posti in meno. La diminuzione di posti letto è conseguente alla concezione di ospedale che emerge con chiarezza dalla lettura delle linee d’indirizzo della sanità regionale, ma che ci è stata ribadita anche stasera, e cioè che l’ospedale deve servire per coprire l’emergenza, la fase acuta, dopodiché il paziente, (meglio definito come cliente/utente) potrà tornare a casa o trovare accoglienza in altre strutture presenti sul territorio. Noi non siamo contrari al fatto che l’ammalato rimanga in ospedale il meno possibile, (e chi sta bene in ospedale!), il problema è che di strutture di supporto sul territorio non ve ne sono e non sono previsti finanziamenti. La legge regionale parla di ospedali di comunità riservati ai lungodegenti, ai malati oncologici e a malati con non autosufficienza temporanea ma non vi è riferimento alcuno a progetti in tal senso né a fondi destinati a questo tipo di investimento.
L’alternativa dunque è la cura presso il proprio domicilio. Ma anche in questo caso non vi sono servizi sul territorio in grado di soddisfare le esigenze degli ammalati.
Attualmente nella nostra USL la spesa sanitaria è così ripartita: 5% per la prevenzione, 43% per l’ospedale, 52% per le spese sul territorio. I finanziamenti sono già oggi insufficienti a garantire servizi minimi. Per avere garantito un adeguato servizio sul territorio sarebbe necessario un aumento consistente della quota destinata alla spesa sanitaria. Non ci pare che gli interventi del Governo vadano in questa direzione.
Stando così le cose è evidente che i pazienti precocemente dimessi saranno a totale carico delle famiglie, sia nel caso di dimissioni precoci dopo un intervento chirurgico, sia per la riabilitazione o l’assistenza dopo il periodo acuto di una malattia, anche quando si tratti di malati cronici. La situazione rischia dunque di diventare drammatica per molte famiglie. Questo pericolo, già oggi presente, è chiaro ai più, tant’è che in molti, oltre noi di Rifondazione, hanno preso posizione sulla necessità di avere strutture adeguate sul territorio, il che ha indotto i soggetti coinvolti nell’operazione, dall’Assessore regionale, al direttore dell’Asl 2, finanche al Presidente della Provincia a cominciare a parlare di Cittadella della Salute da collocarsi in una parte dell’attuale presidio ospedaliero di Campo di Marte. Sarebbe però importante che chi fa delle affermazioni fosse in grado di supportarle con dati certi di cui al momento nessuno dispone, e sinceramente mi sento molto presa in giro, come cittadina e come consigliera comunale. Questa sera abbiamo l’onore di avere tra noi i massimi vertici della Regione in materia di Sanità, ad imbonire e blandire questo Consiglio con promesse che non abbiamo alcuna certezza che verranno mantenute. Lo stesso Sindaco che ha condotto le trattative nel più assoluto isolamento, nel senso che non ha ritenuto di dover informare mai il Consiglio di come stavano procedendo le trattative, che non ha mai ritenuto prima di questo momento di dover vincolare la propria firma a impegni precisi in merito alla realizzazione di strutture sul territorio, ora ci propone un atto di indirizzo che vincola l’area di Campo di Marte a utilizzo pubblico, con priorità per la Cittadella della Salute. Lo stesso Presidente della Provincia che ha sottoscritto l’accordo e che interviene sul giornale per dire che a Campo di Marte va realizzata la Cittadella della Salute e addirittura ci dice come dovrebbe essere, ma non chiarisce come si farà a realizzarla, perché non ha preteso che tutto quello che propone fosse messo nero su bianco con garanzie precise in merito ai finanziamenti. Perché è bene che si sappia che negli accordi ufficiali non vi è alcun riferimento a quanto ultimamente e, tardivamente, si va ripetendo che deve essere garantito. Tant’è che l’Accordo di Programma prevede solo la massima valorizzazione di Campo di Marte il che non significa proprio nulla, anzi dal momento che dalla vendita di Campo di Marte si debbono ricavare 23 milioni di euro per poter costruire il nuovo ospedale, il termine potrebbe significare
semplicemente: cerchiamo di ricavarne il massimo utile possibile.
Vorrei che si dicesse ai cittadini con quali soldi si pensa di realizzare queste strutture di supporto e soprattutto se una volta realizzate saranno gratuite per tutti. Dove sta scritto quanto si va dicendo a gran voce. Anche quando si è costruito l’ospedale della Versilia si è parlato di potenziamento delle strutture sul territorio, ma ad oggi non se ne vede nemmeno l’ombra.
Temiamo molto che una volta incassato il voto di questo Consiglio accada la stessa cosa anche da noi.
Tornando al monoblocco: il direttore generale, ma anche l’Assessore hanno detto che l’evoluzione tecnologica e tecnica e di approccio ai servizi pubblici richiede un ospedale con le seguenti caratteristiche:
compatto per ridurre i tempi di trasferimento e flessibile, vale a dire con elevato grado di adattabilità e che la realizzazione del nuovo ospedale consentirà di risparmiare il 20% delle risorse. La qual cosa è assolutamente contraddetta dai costi di gestione di ospedali già realizzati. Basta andare a parlare con gli operatori della Versilia o del Valdarno, per rimanere solo nella nostra Regione. Va inoltre detto che la struttura compatta è oggi considerata superata, perché al contrario di quello che si dice non è assolutamente flessibile né adattabile, nel caso cambino le condizioni e le necessità. Oggi da più parti si parla di una struttura più piccola, un piccolo monoblocco, contornata e collegata ad altre strutture, una struttura del genere è considerata più funzionale rispetto alle condizioni che cambiano in continuazione. E questo è sicuramente realizzabile a Campo di Marte, e sicuramente con minore spesa. Se queste sono opinioni non dimostrabili in questa sede, ci chiediamo però perché se è così importante e funzionale una struttura monoblocco non si sia pensato di modificare in tal senso i due ospedali di Pisa, che sono ambedue a padiglioni e l’ospedale di Careggi, a Firenze, quello sì vecchio e fatiscente e anch’esso a padiglioni. Queste strutture ospedaliere, ben più importanti della nostra, in che modo potranno garantire tempi veloci di trasferimento dei pazienti da un reparto all’altro, come potranno intervenire con appropriatezza e sicurezza visto che per loro non si parla di creare una nuova struttura a monoblocco? Scusate ma a noi questa operazione sa tanto di speculazione.
E poiché di questo siamo convinti vorrei fare una breve cronistoria dei fatti.
Tutto sembra nascere da un “regalo” del Governo Berlusconi: un finanziamento di 169 milioni di euro per realizzare 4 nuovi ospedali nei primi mesi del 2003. In realtà qualche segnale dovremmo già cercarlo nella decisione della Regione Toscana della metà del 2002 di cambiare i 4 direttori generali delle quattro Asl dove saranno realizzati i quattro nuovi ospedali, perché saranno loro a decidere, ma al momento ancora non lo si sapeva, chi vincerà la gara per progetto e realizzazione.
La Finanziaria 2004 eliminò questo stanziamento. Nonostante questo il presidente Martini e l’assessore Rossi andarono avanti, senza precisare chi avrebbe tirato fuori i soldi.
Si fecero avanti due cordate per aggiudicarsi l’appalto. Il secondo gruppo edile italiano, l’Astaldi già impegnata con i progetti della Legge Obiettivo berlusconiana, con problemi di indebitamento finanziario (187,5 milioni di euro nel 2002 rispetto ai 73 milioni del 2001, anche a causa di un prestito obbligazionario di 150 milioni emesso in quell’anno dalla controllata lussemburghese Astaldi Finance, molto maggiore del capitale sociale che è poco più di 98 milioni di euro, operazione che ricorda molto Parmalat) ed una cordata toscana di cui fanno parte anche la lega rossa delle cooperative, l’ex municipalizzata pratese Consiag ed altri soggetti locali. Abbastanza imprevedibilmente vinse, ossia venne scelta dai quattro direttori generali, nominati l’anno prima dall’assessore regionale Rossi, Astaldi, nonostante che dal punto di vista architettonico e sicuramente del costo, il progetto toscano fosse migliore (a detta di esperti). La cordata toscana fece ricorso al Tar e rese pubblici particolari che rendono sconcertante l’operazione, e che chiunque può leggere nella sentenza del Tar toscano che dette ragione alla cordata toscana. In seguito il gruppo Astaldi fece ricorso al Consiglio di Stato che modificò la sentenza del Tar e riavviò la procedura. Nel frattempo il governo Berlusconi sbloccò i fondi. Questi i fatti. Ed allora, e mi avvio a conclusione, come Rifondazione non possiamo che ribadire la nostra contrarietà a questo accordo. Vorrei solo per ultimo mettere in evidenza il momento particolare che il nostro Comune sta vivendo. Abbiamo un Sindaco che non ha più una maggioranza in questo Consiglio come dimostrano le divergenze su tutte le questioni importanti di cui andiamo discutendo; un Sindaco che ha mostrato chiaramente che gli affari della città in questi anni sono stati gestiti altrove, al di fuori delle Istituzioni legittimamente elette dai cittadini. E se il Consiglio voterà l’accordo affiderà proprio a lui la responsabilità di questa operazione, perché questo prevede l’accordo di programma. Il Consiglio comunale, la stessa Conferenza dei Sindaci che pure ha il massimo di competenze in materia di sanità locale non potranno né controllare né indirizzare, non avranno alcuna voce in capitolo. Solo per questo noi dell’opposizione dovremmo rifiutarci di sottoscrivere questo accordo. Certo ci dispiace per le altre città che dell’ospedale hanno bisogno, ma non possiamo né dobbiamo subire questi ricatti. La Regione ha sbagliato tutto fin dall’inizio e noi non possiamo avallare questo sbaglio, permettendo che vi sia spreco di denaro pubblico, di territorio, e che i cittadini non abbiano garanzie sul futuro della sanità a Lucca.

Lucca 20.12.2005
Roberta Bianchi, Consigliere comunale P.R.C.
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