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L'Altra Europa con Tsipras

Francesco detto "Francuccio" Gesualdi

​​La battaglia dell'Euro
Video Intervista

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Per un'Europa di speranza
Dobbiamo aver chiaro che i problemi sociali che affliggono l’Europa non sono di natura tecnica, ma politica. Addirittura morale. Sono il frutto
della degenerazione culturale di un’intera dirigenza politica. Non solo quella che sta ai vertici delle istituzioni europee, ma anche quella che
siede nei parlamenti e nei governi nazionali, ricordandoci che le scelte attuate in Europa non provengono da editti imposti da forze extra-terrestri,
ma sono figlie di decisioni prese collegialmente dai governi dell’Unione. E considerato che in democrazia la dirigenza è espressione della volontà
popolare, se ne deduce che la degenerazione non è circoscritta ai vertici, ma coinvolge l’elettorato. È il morbo mercantilista penetrato
nell’intera società.

Nel dopo guerra, e così è stato per circa un trentennio, c’era una forte aspirazione all’equità, alla democrazia, a liberare ogni persona dalla
schiavitù della penuria e del bisogno. Era diffusa la convinzione che dalle situazioni di sofferenza se ne esce solo con un grande sforzo collettivo
ed era alta la disponibilità a garantire a tutti, anche agli inabili e agli incapaci, diritti fondamentali come lavoro, scuola, istruzione,
assistenza sanitaria, sicurezza sociale. Poi l’individualismo ha preso campo. La ricchezza ci ha fatto rinchiudere in noi stessi. Ci siamo illusi
che col portafoglio gonfio non avessimo più bisogno degli altri ed è cambiata la nostra percezione del mondo. Se prima vedevamo i nostri vicini come
amici a cui chiedere aiuto, ad un tratto abbiamo cominciato a guardarli come potenziali nemici che vogliono appropriarsi delle nostre ricchezze.
Abbiamo chiuso le nostre case con porte blindate, abbiamo messo le inferriate alle finestre, abbiamo piazzato allarmi ad ogni apertura trasformando le
nostre case in galere.
Assunto il denaro come l’alfa e l’omega della nostra vita, abbiamo interiorizzato le logiche del mercato. Abbiamo accettato che non solo
l’economia, ma la società stessa fosse organizzata secondo le logiche della concorrenza sfrenata, della forza come unico criterio di affermazione,
del prezzo come unico criterio di scelta. E l’Europa non ha fatto eccezione. L’abbiamo costruita come un ring dentro al quale le imprese possono
guerreggiare fra loro per conquistare la supremazia dell’arricchimento sulla pelle di lavoratori, ambiente e comunità.
Perciò non deve sorprendere se pur sapendo che una moneta unica fra paesi diversi aggrava gli squilibri, è stato adottato l’euro senza alcun
meccanismo a protezione dei paesi più deboli. Come non deve sorprendere se il debito pubblico è stato gestito avendo a cuore solo l’interesse dei
creditori senza tenere in alcuna considerazione le conseguenze per i cittadini.
Noi tutto questo possiamo cambiarlo. L’importante, però, è non occuparci degli aspetti tecnici senza avere prima fatto chiarezza sugli obiettivi
che vogliamo raggiungere e sui valori che vogliamo affermare. Il problema, ad esempio, non è euro sì euro no, ma se vogliamo un’Europa di tutti
contro tutti o un’Europa solidale. Se optiamo per la prima soluzione possiamo pure scegliere di uscire dall’euro per recuperare competitività
attraverso la svalutazione della moneta. Se invece optiamo per la solidarietà, allora la scelta da fare è quella di estendere in tutta Europa gli
stessi diritti ai lavoratori, di prevedere un salario minimo europeo, di organizzare un medesimo trattamento previdenziale, di dotarci di meccanismi
che frenano l’aggressività dei forti, di attrezzarci per rafforzare le economie locali.
E parlando di debito pubblico la grande scelta da fare è se contano di più gli interessi dei creditori o i diritti dei cittadini. Se decidiamo che
l’interesse più alto è quello della finanza, non abbiamo altra scelta se non l’austerità, ricordandoci che la storiella della crescita è solo
un modo per prendere tempo e continuare a farci chinare la testa. Se invece decidiamo che prima di tutto vengono i diritti dei cittadini, allora ci
sono molte altre strade da poter battere: una tassazione più equa, la riduzione unilaterale degli interessi, la rinegoziazione del capitale, la
riforma della Banca Centrale Europea.
Certo si tratta di scelte coraggiose che susciteranno le ire del potere economico. Per cui dobbiamo prepararci al conflitto. Ma Gandhi ci ha insegnato
che nessun potere può farcela di fronte a un popolo deciso a difendere i propri valori ad oltranza.

Contro la corruzione cambiamo politica
Gli arresti appena avvenuti per le mazzette che giravano dietro a Expo 2015 sono la dimostrazione...

... che tangentopoli in Italia non è mai tramontata. Da anni la Corte dei conti ci avverte che la corruzione in Italia porta un colpo mortale ai
conti pubblici per 50-60 miliardi all’anno. Soldi di tutti che invece di essere spesi in servizi, finiscono nelle tasche di politici e imprese.
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