[Forumlucca] E NOI, QUANTO SIAMO LIBERI?

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Szerző: Aldo Zanchetta
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E NOI, QUANTO SIAMO LIBERI?



Ricevo da un giovane concittadino queste brevi note su un’esperienza che lo
ha coinvolto intensamente e al di là di ogni aspettativa. Credo che la
lettura possa suscitare interesse e soprattutto riflessioni. Ci sono ancora
popoli capaci di levarsi in piedi per dire NO! E affermare molti SI!. A.Z.



Escuelita Zapatista

25-26-27 gen 2013

Sono molti anni che sento parlare di zapatismo e conoscere da vicino il
movimento è un'opportunità che non voglio perdere. Eppure durante il
tragitto notturno da Città del Messico a San Cristobal qualche dubbio mi
viene. È il mio primo viaggio in Messico, sono in vacanza, non sono mai
stato un attivista, non ho particolarmente voglia di sentire sermoni
politici; questi pochi giorni di Chiapas potrei spenderli visitando siti
archeologici Maya e farmi qualche giorno di mare. Alla fine decido di non
cambiare i miei programmi, mi sono iscritto al secondo turno della Escuelita
da più di un mese e dare buca agli zapatisti non mi sembra carino.

Giunto a San Cristobal raggiungo il luogo del ritrovo. Troviamo un grande
viavai. Gli altri partecipanti all'escuelita sono ragazzi più o meno
giovani, qualche adulto; messicani soprattutto, ma anche argentini,
statunitensi, qualche spagnolo, pochissimi italiani, una coppia musulmana,
un cinese. E ovviamente ci sono gli zapatisti che verificano le iscrizioni
ed organizzano i minibus verso i vari caracoles. Questo primo impatto con il
mondo degli zapatisti è emozionante, penso di essere nel posto giusto. Il
passamontagna che tutti indossano nasconde un mondo tutto da scoprire, gli
sguardi lasciano immaginare volti umili e decisi, il pensiero esatto che mi
passa per la testa è 'qui fanno davvero sul serio'.

Vengo destinato al caracol de La Realidad. Il viaggio è scomodo e sembra
interminabile, siamo in 20 persone su un minibus da 12. Quando arriviamo c'è
un bellissimo cielo stellato e saranno le otto e mezzo di sera anche se mi
sembra già notte fonda. Veniamo accolti a La Realidad con i cori “Viva
Zapata! Viva la Libertà! Viva l'EZLN!”. Tra un coro e l'altro due marimbe
suonano un intermezzo musicale, una melodia allegra e ritmata che ricorda
vagamente l'inno zapatista. Ci sediamo insieme agli altri alunni arrivati
prima di noi, più di 200.

Ad ogni alunno della escuelita viene presentato il suo accompagnatore. È un
momento abbastanza intenso, una sorta di cerimonia. Per ogni coppia chiamata
al microfono c'è un applauso. Mentre aspetto di essere chiamato sono
contento e penso di essere capitato in un posto unico. Dopo non molto
riconosco il mio nome nonostante la pronuncia imprecisa del compas “Alumno
Daniel Dawini... guardiano.... Emilio”. Sono proprio io. Mi alzo e vado a
stringere la mano al ragazzo che si avvicina verso di me. Emilio mi
accompagna verso l'edificio dove ci sistemiamo per passare la notte. Gli
faccio un po' di domande per conoscerlo. Emilio ha 22 anni, 2 figli, 2 anni
vissuti negli Stati Uniti, tornato in Chiapas perché, mi dice, si era
“stancato” di vivere là. L'escuelita si è svolta nei 3 giorni successivi. Il
primo giorno viene fatta una lunga e interessante presentazione
dell'autonomia politica del movimento. L'organizzazione all'interno delle
singole comunità, il coordinamento tra queste, l'elezione degli organi di
rappresentanza, l'organizzazione del sistema scolastico e sanitario. Una
buona parte della lezione viene tenuta da donne che spiegano i diritti
acquisiti all'interno delle comunità zapatiste. Nei due giorni successivi
sono ospite di una famiglia della comunità di Hidalgo, a 2 ore di camion e 1
ora di barca dalla Realidad, nel bel mezzo della Selva Lancandona. In questi
giorni ho condiviso la vita quotidiana dei campesinos, la pesca, il lavoro
agricolo, il riposo, le discussioni politiche, il gioco con i bambini.

L'escuelita ha un titolo: “La libertà secondo gli zapatisti”. Dove stia
questa libertà me lo chiedo e me lo richiedo durante quei giorni. Me lo
chiedo perché non riesco a vederla nella sobria vita dei campesinos come nel
funzionamento degli organi di governo autonomo. Oltre al fatto che mancano
totalmente le strutture che considero necessarie per l'esercizio stesso
delle mie libertà: l'accesso ai mezzi di informazione, di comunicazione e di
trasporto è limitatissimo.

Cosa sia la libertà non ce l'ho così chiaro. È forse questo il problema? Il
gabbiano Jonathan mi dà qualche spunto; la libertà di volare alto, dove
nessuno ha mai volato. È una la libertà che ha a che fare con una sfera
molto intima dell'individuo. Che comincia con il guardarsi dentro, con
l'ascoltare prima di tutto se stessi. Quando penso alla libertà non posso
fare a meno di pensare a me stesso. Mi sento libero se innanzi tutto mi
riconosco. Gli zapatisti, che da 20 anni nascondono addirittura i loro volti
con un passamontagna, sono evidentemente lontani da questa visione; altro
che processo di individuazione di cui parlano tanto i nostri psicologi.

Eppure l'aria di rivoluzione si respira in maniera molto definita. Mi
emoziono addirittura quando il campesino che mi ospita mi chiede di
sostenere la resistenza degli zapatisti del Chiapas. Lo fa prima di
salutarmi, mentre per il nono pasto consecutivo, colazioni comprese, mi
offre tortillas di mais con fagioli. E lo fa con queste precise parole:
“L'ultima cosa che vorrei chiederti è questa, quando tornerai al tuo paese
di' che qui in Chiapas ci sono persone che stanno resistendo”. Ecco la
liberdad segun los zapatistas, così lontana dalla mia cultura che mi sono
serviti 3 giorni per riconoscerla.

Rivoluzione è una parola immensa, che non si pronuncia quasi più, che fa
sentire inadeguati, che attrae ma mette di fronte ai propri limiti. La
rivoluzione è una cosa più grande dell'uomo. Chi l'ha fatta infatti è
considerato più che un uomo: un eroe. Il merito di questo viaggio è stato
riavvicinarmi al senso di questa parola, un senso al quale mi ero
allontanato non reputandolo alla mia portata. Rivoluzione e libertà è una
buona sintesi di quanto approfondito durante l'escuelita. La relazione tra i
due termini è stata per me una scoperta. Mi è toccato apprenderlo dagli
stessi che mi chiedono come mai ho preso l'aereo anziché l'autobus per
arrivare in Messico. Non so proprio che dire, oltre a ringraziare
pubblicamente gli zapatisti, tanto tanto di cappello!

Daniele