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Repubblica Genova
G8, irrompe la Corte dei Conti “I poliziotti paghino il Viminale”
MARCO PREVE
LA CORTE dei Conti contesta ad un gruppo di funzionari di polizia, già
condannanti per l’irruzione alla Diaz, il danno erariale derivante dal
tentato omicidio di Mark Covell il giornalista inglese massacrato davanti
ai cancelli della Diaz. Venne risarcito dal ministero dell’Interno con 350
mila euro, che ora la Corte chiede ai funzionari responsabili di non aver
evitato il pestaggio e non aver individuato gli autori. Intanto, il
vicequestore che denunciò la “macelleria messicana”, viene emarginato dai
vertici e sottoposto a procedimento disciplinare si fa difendere dalla
moglie.
IPOLIZIOTTI «vili e brutali» — e i funzionari che permisero che ciò
accadesse — che massacrarono di botte il giornalista inglese Mark Covell
all’esterno della scuola Diaz, subito prima dell’irruzione nella scuola
simbolo del G8, scampati alla sanzione
penale grazie all’omertà di corpo, rischiano di dover saldare
“finanziariamente” le loro responsabilità.
Nei giorni scorsi, infatti, alcuni di loro hanno ricevuto l’“invito a
dedurre” dalla procura regionale della Corte dei Conti. Si tratta in
sostanza di una sorta di avviso di garanzia con cui agli interessanti
viene comunicato che su di loro è stata avviata un’indagine per un
presunto danno erariale.
In questo caso di tratta dei 350 mila euro che lo Stato, come Miziotto
nistero dell’Interno, diede a Covell dopo una lunga causa civile come
risarcimento per l’aggressione subita dai poliziotti.
Proprio come accaduto in queste ore agli agenti responsabili della morte
di Federico Aldrovandi, ai quali la Corte dei Conti chiede il milione e
800 mila euro con cui sono stati risarciti i famigliari del giovane di
Ferrara ucciso nel 2005 durante un fermo, anche a Genova sta accadendo la
stessa cosa.
In questo caso nessun poli-
o funzionario è stato condannato per il tentato omicidio di Covell. La
procura indagò venti persone (12 funzionari e 8 agenti, tutti imputati per
la Diaz tranne il vicequestore Lorenzo Murgolo) ma non poté che chiedere
un’archiviazione sottoscritta dal gip Adriana Petri con delle motivazioni
che hanno però il tono di una vera e propria condanna morale. Il giudice
infatti «prende amaramente atto che nonostante la lunga istruttoria... la
pubblica accusa non è riuscita,
anche a causa dell’evidente azione delle forze di polizia di copertura
delle responsabilità individuali, ad individuare gli autori materiali
della gratuita aggressione...
«.
La Corte dei Conti non ha però bisogno di un riscontro penale per muovere
le proprie contestazioni, poiché dai numerosi video oltre a quelli che
mostrano il pestaggio (ma gli agenti in assetto antisommossa non sono
riconoscibili, neppure uno di loro che ad un certo momento interrompe
il massacro salvando probabilmente la vita a Covell) in altri si
distinguono chiaramente i funzionari che passano e nulla fanno per evitare
il calvario del giornalista inglese.
Lo sottolineava lo stesso gip. Ad esempio Francesco Gratteri (condannato
in Cassazione per i falsi verbali della Diaz) all’epoca capo dello Sco
«era giunto tra i primi sui luoghi allorché era comunque visibile il corpo
di Covell esanime in terra vicino al cancello, così da avere subito
contezza
delle violenze già iniziate»; oppure Gilberto Caldarozzi un altro dei
funzionari più alti in grado: «Caldarozzi riceveva comunicazione dal
tenente Cremonini della presenza di Covell rannicchiato a terra gravemente
ferito e non trovava di meglio che ordinargli di dedicarsi al suo
servizio». Mentre altri funzionari «avevano osservato il corpo riverso in
terra di Covell».
Il giornalista inglese viene pestato a più riprese da tre ondate di
celerini che confluiscono davanti
al cancello della Diaz. Covell «intrappolato e accerchiato da molteplici
poliziotti che si avventano su di lui con furia colpendolo con manganello
e calci... una persona drammaticamente sola, di corporatura esile,
disarmata, in chiaro atteggiamento difensivo... quindi si vede Covell
ormai a terra che viene lasciato per qualche breve momento solo... finché
da una fila di poliziotti se ne stacca uno che lo colpisce alla schiena
con un calcio; questa vile azione scatena una nuova ondata
di violenza brutale... perpetrata da altri poliziotti... ridendo
tra loro e schernendolo».
Repubblica
ha contattato alcuni dei legali dei destinatari dell’“invito a dedurre”
che hanno spiegato come stiano «preparando le nostre difese». Ma oltre ai
350mila euro la Corte dei Conti potrebbe contestare anche il danno
d’immagine e in questo caso, vista la portata degli eventi del 2001, la
somma potrebbe moltiplicarsi.
Denunciò la “macelleria” emarginato dai vertici
Nel processo disciplinare Fournier difeso dalla moglie
ACCUSATO dai suoi stessi vertici di aver tradito il corpo, difeso nel
“processo interno” dalla propria moglie/ collega. Che il procedimento
disciplinare in fase più avanzata per gli eventi del G8 genovese riguardi
l’unico poliziotto che ammise che di aver assistito ad una «macelleria
messicana» può sembrare paradossale, solo se ci si dimentica
l’atteggiamento tenuto in questi 13 anni dal Viminale e dal Dipartimento
di Pubblica Sicurezza: copertura totale e progressioni di carriera
garantite ai propri uomini coinvolti nel processo per i falsi e le
violenze della scuola Diaz.
Tutti tranne uno: Michelangelo Fournier. Vicequestore nel luglio 2001
quando era il vice comandante del Reparto Mobile di Roma, stesso grado
oggi anche se “Funzionario addetto di sezione” alla Direzione Nazionale
Antidroga. Certo non un incarico di particolare prestigio.
Breve riepilogo. Fournier è il funzionario che durante il massacro nella
scuola intervenne per fermarlo. Unico imputato ad accettare di essere
interrogato in aula, racconterà di aver assistito ad una “macelleria
messicana”. Sostiene che a picchiare non fossero
i suoi uomini ma quelli di altri reparti, ma non identifica e denuncia chi
sta commettendo un reato. Per qualcuno è una specie di “eroe” per gli
altri un “traditore”, per i giudici un poliziotto che cerca di salvare il
suo onore senza tradire i colleghi. Viene condannato in primo grado per
lesioni a due anni e gli vengono riconosciute le attenuanti generiche. In
appello è prescritto. Viene
sottoposto a procedimento disciplinare. «Abbiamo preparato la difesa con
cura — racconta l’avvocato Silvio Romanelli, suo legale al processo penale
— ma in sede di commissione Fournier deve essere difeso da un appartenente
all’amministrazione, che in questo caso è sua moglie. Il procedimento è
stato bloccato due volte. La prima quando abbiamo chiesto la ricusazione
di un membro che aveva espresso giudizi poco lusinghieri su Fournier,
sostenendo in buona sostanza che con le sue dichiarazioni aveva infangato
la polizia. Abbiamo ottenuto la sostituzione di questo membro della
Commissione ma nel frattempo la stessa ha chiesto chiarimenti alla Corte
d’Appello che deve ancora trasmettere le carte e gli atti richiesti. Una
volta acquisiti i documenti, il processo disciplinare riprenderà. Certo è
paradossale che proprio lui sia il primo a rischiare una sanzione». I
celerini che pestarono a sangue gli occupanti, ottenuta la prescrizione,
sono tornati come se nulla fosse accaduto in servizio, forse (il ministero
rifiuta di fornire dettagli) negli stessi reparti mobili.
(marco preve)