[Nogelminispbo] Sicuritalia: quando la crisi porta profitto

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Author: Sean Patrick Casey
Date:  
To: Autorganizzazione Studentesca
CC: No Gelmini SciPol Bologna, redazione, Collettivo SPA
Subject: [Nogelminispbo] Sicuritalia: quando la crisi porta profitto
http://www.connessioniprecarie.org/2014/01/28/sicuritalia-quando-la-crisi-porta-profitto/?fb_action_ids=264351160397467&fb_action_types=og.likes&fb_source=aggregation&fb_aggregation_id=288381481237582


Sicuritalia: quando la crisi porta profitto

di Collettivo Lavoro Insubordinato

Pubblichiamo un’analisi delle condizioni di lavoro a Sicuritalia, una
società che fornisce servizi di sorveglianza a moltissime aziende ed enti
pubblici sul territorio nazionale. Già abbiamo denunciato, attraverso le
parole di un’addetta alla sicurezza
(http://www.connessioniprecarie.org/2012/05/31/su-la-testa-discutendo-con-una-lavoratrice-di-sicuritalia/),
il modo in cui, utilizzando lo statuto di cooperativa, Sicuritalia fa
profitti spremendo i suoi «soci». Considerata la sua costante espansione
pur nella crisi, questo si conferma il modello vincente di imprenditoria
italiana, capace di muoversi con abilità per elevare al massimo la
flessibilità, abbassare i salari e cavalcare a proprio esclusivo vantaggio
le politiche a sostegno dell’occupazione.

***

Come lavoratori e lavoratrici, o aspiranti tali, ci siamo imbattuti una
miriade di volte in colloqui in cui bisogna dimostrare di avere tante
qualità e di essere flessibili per corrispondere alle esigenze delle
aziende e dei mercati, sempre più variabili in tempi di crisi. Questa
volta però vogliamo ribaltare la situazione: saremo noi a valutare il
curriculum di un’azienda, sulla base di una serie di segnalazioni che ci
sono arrivate da varie sedi in Italia. L’azienda in questione è
Sicuritalia, una professionista nell’assicurarsi enormi guadagni anche in
tempo di crisi. È difficile dire di che cosa si occupi esattamente questa
azienda o meglio, di cosa non si occupi. Sul sito di Sicuritalia ci viene
presentata un’ampia gamma di servizi: dalla vigilanza privata alla
lucidatura marmi, dalla custodia valori alla derattizzazione. Sotto la
voce «chi siamo», oltre a vantarsi delle 37 sedi direzionali e operative
in tutta Italia, la nostra candidata ci dice di essere «leader nel settore
sicurezza e dei servizi fiduciari», con 40000 clienti tra cui figurano
molti nomi di spicco tra banche e multinazionali, ma anche molti comuni,
università e aziende pubbliche, e addirittura il Ministero della Difesa.

Se consideriamo l’andamento di Sicuritalia nella crisi vediamo una
costante crescita del fatturato e un’espansione degli appalti e dei
settori di impiego, grazie anche all’aumento delle esternalizzazioni.
Indagando sulle modalità di questa rapida espansione, si vede che essa è
il risultato di una politica aggressiva basata su gare d’appalto al
ribasso. Peggiorare le condizioni di chi per Sicuritalia lavora, le ha
permesso di eliminare in molte zone la concorrenza. La paga oraria di
custodi e portieri, ad esempio, è di 4,90 euro lordi. Inoltre i custodi
vengono assunti con contratti da 30 a 40 ore settimanali mentre di fatto
ciascuno viene chiamato a lavorare per un numero molto maggiore di ore
«straordinarie» pagate con una maggiorazione oraria di 80 centesimi.
Questo garantisce un’estrema flessibilità nelle prestazioni: l’orario
viene deciso di settimana in settimana e i lavoratori devono essere sempre
reperibili e disponibili a coprire assenze di altri colleghi, spesso con
pochissimo preavviso. Questa totale disponibilità, che viene richiesta per
il bene dell’azienda che rischia di pagare delle penali se lascia vuote
delle postazioni, è obbligata anche perché fare più ore di straordinario
possibile è l’unica strada per riuscire ad aumentare il proprio salario.

Quando Sicuritalia vince un nuovo appalto, ai lavoratori precedentemente
assunti viene offerto di rimanere ma ogni volta una parte di salario viene
tagliata: prima è stata tolta la quattordicesima (mentre la tredicesima
equivale solo a metà del salario), poi gli scatti di anzianità, poi si è
diminuita direttamente la paga oraria. A questo si accostano i tagli alle
garanzie minime per la sicurezza sul lavoro e a una responsabilizzazione
maggiore del lavoratore, sia in termini di mansioni da svolgere sia in
termini di responsabilità legale. In altri casi, si decide semplicemente
di non mantenere gli effettivi e di sostituire l’intera forza lavoro,
senza dover rispettare il contratto nazionale di categoria. In più,
Sicuritalia ha una struttura aziendale mista, si compone, cioè, di una
cooperativa e di una srl che possono essere usate alternativamente per
muoversi in un tessuto legislativo che prevede ampi margini di manovra
quando si tratta di contribuire all’erosione delle condizioni di lavoro a
vantaggio dell’efficienza e della flessibilità. Sicuritalia può così
cogliere le situazioni più convenienti dal punto di vista degli sgravi
fiscali per il sostegno all’occupazione; e può, d’altra parte, risparmiare
continuamente sul costo dei suoi dipendenti. La chiave di volta di questa
capacità è proprio il suo statuto di cooperativa che, oltre a costare ai
«soci» 150 euro ogni sei mesi, consente di limitare i loro diritti senza
permettere loro di partecipare alle assemblee e senza che siano in qualche
modo informati del regolamento sociale della cooperativa.

Quando ci si lamenta delle proprie condizioni di lavoro, si levano
immediatamente voci che avvertono che, di questi tempi, con la crisi, si è
già fortunati ad avere un lavoro. Voci che però non spiegano il fatto che
Sicuritalia ci sta guadagnando e che lo fa con l’appoggio di politiche
pubbliche che promuovono la flessibilità lavorativa e politiche per
l’occupazione che si traducono solo in sgravi fiscali per le aziende e che
sanzionano di fatto l’annullamento di qualsiasi diritto dei lavoratori. La
flessibilità che fa scuola è quella dell’insicurezza sul lavoro, del
salario da fame, del mancato riconoscimento, anche dal punto di vista
dell’inquadramento contrattuale, di determinate competenze. Questo stato
di fatto rivela gli inevitabili corollari dell’esortazione a giovani e
meno giovani a essere più intraprendenti e ad adeguare una formazione
costante alle esigenze del mercato del lavoro: per investire il proprio
capitale umano, bisogna dire addio alla possibilità di avere voce sulle
condizioni di questo investimento, nonché alla possibilità di guadagnarci
qualcosa al di là dell’incerta sussistenza quotidiana.

Di certo, questa parabola discendente nelle condizioni del lavoro ha fatto
leva anche sull’isolamento dei lavoratori, che sono impiegati in
postazioni diverse e sono costretti in quella che, a causa dell’alta
ricattabilità, è una vera e propria lotta per tenersi stretto il lavoro
che crea numerosi conflitti tra i colleghi. D’altra parte, una tale
situazione di sfruttamento richiede un capillare controllo fatto di
pressioni psicologiche e minacce di licenziamento per stare in piedi.
Anche per questo, lamentarsi individualmente o fare vertenze individuali
non è stato sufficiente per migliorare le cose, né per incidere su una
situazione in cui è ampio lo spazio di manovra previsto dalle leggi per
aumentare la precarietà. Solo contrastando l’isolamento e trovando forme
di organizzazione si può smettere di essere il materiale su cui gli
azionisti di Sicuritalia e gli statistici al servizio del governo fanno i
conti per far quadrare i loro bilanci.