[Nogelminispbo] Gli illusionisti del capitale e il nero pane…

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Autore: Sean Patrick Casey
Data:  
To: Autorganizzazione Studentesca
CC: No Gelmini SciPol Bologna, Assemblea Antifascista Permanente, Collettivo SPA, Circolo Anarchico Camillo Berneri
Oggetto: [Nogelminispbo] Gli illusionisti del capitale e il nero pane del realismo
http://www.connessioniprecarie.org/2014/01/13/gli-illusionisti-del-capitale-e-il-nero-pane-del-realismo/

Gli illusionisti del capitale e il nero pane del realismo


Una delle più rilevanti testate giornalistiche nazionali ci ha offerto,
oggi, illuminanti consigli per gli acquisti, proponendo modalità di
selezione degli immigrati adeguate a un paese economicamente avanzato come
l’Italia. Una «politica realista», ci viene detto, è quella della
«convenienza» anziché dell’«accoglienza». Una volta che si sia dissipata
la nebbia delle statistiche «fraudolente» che gonfiano i livelli di
disoccupazione giovanile includendovi gli studenti, sarà possibile
stabilire opportunamente la «domanda» di forza lavoro, una merce tanto
preziosa quanto scomoda, «attraendo» immigrati con qualifiche
specializzate, che trovino impiego in quei settori che i giovani indigeni
lasciano vuoti. In questo modo si eviterebbe anche che la manodopera
scarsamente qualificata finisca nel sotterraneo mondo dell’impiego
illegale, notoriamente gestito dalla criminalità. Poche ma essenziali
indicazioni per stabilire una politica che finalmente si lasci alle spalle
l’universalismo che spetta alla Chiesa e a qualche obsoleta ideologia
laica e per affermare con forza il particolarismo di uno Stato che deve
rendere conto solo ai propri contribuenti.

Sono lontani i tempi in cui gli ideologi del capitale avevano un certo
rigore e con perizia piegavano le statistiche alla loro verità. Qui la
perizia non è di casa e l’invocazione dell’agire razionale assomiglia a un
vero e proprio illusionismo. Con toni tanto più spettacolari quanto più
risuonano dalla cattedra si invoca l’interesse dei contribuenti.
Giustissimo! Il calcolo razionale vorrebbe che i migranti fossero tra i
principali beneficiari di ciò che spetta ai contribuenti, visto che
proprio loro contribuiscono in percentuali assai importanti alle casse
dello Stato. Qualche losco individuo accecato dalle logiche
dell’accoglienza potrebbe sospettare che forse neppure ai contribuenti
«nativi» spetti poi tanto, in un’Italia che è così avanzata economicamente
da mettere i suoi laureati al lavoro in settori scarsamente qualificati, o
che li costringe a emigrare per trovare un’occupazione che corrisponda al
loro grado di formazione. Si tratterebbe però di una supposizione
fraudolenta, priva di realismo. Dobbiamo crederci se a dircelo è uno
scienziato politico. Stupisce che non sia mai passato per Prato e non ne
abbia mai sentito parlare, visto che è convinto che il lavoro nero
riguardi solo la criminalità organizzata e non abbia niente a che fare con
la fiorente imprenditoria degli appalti e dei contoterzisti, nota in tutto
il mondo per la sua irreprensibilità.

L’operazione di trasformare i migranti in «ladri di welfare», oltre che di
lavoro, gode comunque di un certo prestigio europeo, al punto che ormai
non è più necessario essere extracomunitari per essere espulsi da un paese
dell’Unione. Non c’è neppure bisogno di essere neri o di professare
religioni lontane dal cattolicesimo che, dopo essere stato liquidato in
nome della necessaria separazione tra i fini della Chiesa – l’accoglienza
– e quelli dello Stato – la convenienza –, improvvisamente torna a essere
la religione di questo Stato. La magia degli illusionisti del capitale non
conosce confini! Nonostante l’accusa d’ipocrisia rivolta a tutti coloro
che la pensano diversamente, nonostante la pretesa inquietante di avere
una percezione unica di cosa è reale, d’illusionismo si tratta. Chiunque
abbia una conoscenza anche generica delle politiche migratorie attuali
potrebbe persino dubitare che tanta scienza politico-giornalistica si
fondi su di un’effettiva competenza. L’approccio che pretende di imprimere
a fuoco il marchio dell’utilità sulla pelle della forza lavoro immigrata,
trasformandola in una merce importata con tutti i certificati e tutte le
garanzie preventive, sta mostrando ovunque i propri limiti. Gli uomini e
le donne sono una merce strana e non accettano volentieri di farsi
marchiare, nemmeno se gli scienziati politici vogliono convincerli che lo
impone il calcolo razionale. Per questo, gli Stati reali, non quelli di
carta immaginati su un foglio di giornale, devono quotidianamente fare i
conti con migranti che si muovono in tutto il mondo nella più totale
indifferenza verso quanto sostenuto dagli illusionisti del capitale. Per
questi ultimi questo fatto è amaro quanto un boccone di pane nero. Per noi
si tratta solo di realismo.