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_AVVISO AI NAVIGANTI 35_
15 dicembre 2013
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Non è un tweet! Ma non è a metri che si misura il pensiero!
A CHI VUOLE CAPIRE IL CORSO DELLE COSE E DARGLI UNA DIREZIONE GIUSTA.
Certamente una parte dei destinatari del nostro messaggio si ritrarrà
scoraggiata dalla lunghezza del testo. Vorrebbero un prêt-à-porter, un
tweet o un sms. Ma non esiste niente del genere. Chi vuole capire, chi
vuole orientarsi, chi vuole essere capace di orientare, chi vuole
dirigere e non essere menato per il naso, deve capire. Capire il corso
delle cose è possibile ed è possibile anche fargli cambiare direzione.
Ma per capire quello che le classi dominanti cercano in mille modi di
nascondere e confondere, bisogna fare uno sforzo individuale non da
poco. A chi lo vorrà fare affidiamo il nostro Avviso ai Naviganti.
Il benemerito movimento dei Forconi ha fatto fare un passo avanti alla
crisi della Repubblica Pontificia, ha creato incrinature perfino nelle
sue "forze dell'ordine" e ha seminato il panico nella sinistra borghese,
tra i sindacalisti di regime collaboranti e complici, nei
benintenzionati volontari delle ONG di regime.
La tradizione, i pregiudizi e il sistema di relazioni sociali tenevano i
lavoratori autonomi estranei alle mobilitazioni degli operai, dei
precari, dei pensionati, degli immigrati e degli studenti. Ora in
qualche misura e a loro modo si sono messi in moto.
Tutti i comunisti e gli esponenti avanzati delle masse popolari, in
primo luogo gli operai avanzati, devono lavorare perché le varie parti
delle masse popolari in movimento confluiscano in un unico grande
movimento di rinnovamento del paese. Detto di passaggio, è questa
confluenza e non i pianti e lai della sinistra borghese che emarginerà i
promotori delle prove di fascismo (Forza Nuova, Casa Pound, ecc.) che
ovviamente nella mobilitazione dei lavoratori autonomi trovano un
terreno di manovra un po' più favorevole di quello che trovano tra
operai, precari, pensionati, immigrati e studenti.
I comunisti e gli altri esponenti avanzati delle masse popolari
assolveranno questo compito tanto meglio e più rapidamente, quanto più
avranno chiara coscienza del contesto economico, nazionale e
internazionale, della lotta che conducono e delle soluzioni che essa
consente.
Per questo diffondiamo, con alcune revisioni, l'articolo _Capitale
finanziario ed economia reale capitalista_ di Ernesto V. e Nicola P.
pubblicato nel n. 44 (luglio 3013) [7] di _La Voce_.
Questo articolo spiega la natura e l'origine della situazione attuale e
espone sinteticamente il percorso fatto dall'economia capitalista dagli
anni '70 del secolo scorso ai nostri giorni e gli aspetti essenziali del
corso delle cose, la collocazione dell'Italia nel contesto europeo e
mondiale e i grandi margini d'azione di cui disponiamo per porre fine al
vortice catastrofico in cui i vertici della Repubblica Pontificia
trascinano il nostro paese e giocare la nostra parte per rimettere
l'umanità intera su una strada di progresso.
La crisi generale del capitalismo
CAPITALE FINANZIARIO ED ECONOMIA REALE CAPITALISTA
_Ernesto V. e Nicola P._
_La realtà in cui siamo immersi e che vogliamo trasformare ci si
presenta come un caos. Solo dopo che, con lo studio dei molti
protagonisti e delle molte relazioni che la compongono, siamo arrivati
alla individuazione delle singole parti, alla comprensione della natura
di ognuna, all'individuazione delle loro reciproche relazioni e alla
costruzione nella nostra mente del disegno d'assieme della società in
cui viviamo, partendo ora da questo (quindi guardando ora le cose
dall'alto del risultato raggiunto) siamo in grado di ritornare ai
protagonisti e alle relazioni concrete della vita immediata e capire
finalmente il ruolo di ognuno dei primi e il senso di ognuna delle
seconde ed elaborare linee efficaci per trasformare la realtà._(1)
1. Studiare in proposito K. Marx, _Il metodo dell'economia politica_, da
Introduzione ai _Lineamenti fondamentali (Grundrisse),_ 1859. In _Opere
Complete_, E.R., vol. 29; disponibile sul sito del (n)PCI:
http://www.nuovopci.it/classic/marxengels/ecopol.html
L'oggetto principale di questo articolo è la relazione _attuale _tra il
capitale finanziario e l'economia reale capitalista. Con questa ultima
espressione indichiamo l'insieme delle attività con cui i capitalisti
fanno produrre da lavoratori salariati beni e servizi per ricavarne,
vendendoli, un profitto che valorizza (fa aumentare) il loro capitale:
in altre parole la rete di aziende e la loro attività (la _struttura_
della società) da cui si sviluppano tutte le attività di cui il mondo
brulica. L'economia reale capitalista è quindi anche l'insieme delle
attività svolgendo le quali i lavoratori salariati ricevono un reddito.
Il capitale finanziario si distingue dal capitale impiegato
nell'economia reale perché è capitale che cerca di valorizzarsi senza
impegnarsi direttamente nella produzione di beni e servizi (le azioni e
obbligazioni di società dell'economia reale sono una frazione del
capitale finanziario, ma attualmente sono una frazione non più dirigente
di esso, sostituita in questo ruolo dal capitale speculativo). Capire
quale è la relazione attuale tra il capitale finanziario e l'economia
reale capitalista è indispensabile per rispondere a ragion veduta a una
delle principali e più diffuse questioni che si pongono quando si tratta
di decidere la linea da seguire di fronte alla crisi in corso: la
regolamentazione delle attività finanziarie è una soluzione alla crisi?
Ovvero è possibile ricreare un'economia reale capitalista senza capitale
finanziario?
Da quando nel 2008 la crisi è entrata nella sua fase acuta e terminale,
la speculazione finanziaria, le banche, il debito pubblico, i paradisi
fiscali, le istituzioni del sistema finanziario mondiale e le autorità
che le sostengono sono il bersaglio contro cui periodicamente si
scagliano politicanti spregiudicati alla Berlusconi, miliardari "dal
volto umano" alla George Soros, imprenditori "illuminati" alla Della
Valle, vescovi e papi "caritatevoli" alla Ratzinger e alla Bergoglio,
gruppi attivi nelle prove di fascismo alla Forza Nuova o CasaPound. Si
scagliano a parole, e non potrebbe essere che a parole visto che è tutta
gente che ha fatto la sua parte per aprire la strada alla proliferazione
delle attività finanziarie, si è personalmente arricchita grazie ad esse
o è stata complice di speculatori, finanzieri e banchieri, agisce per
conto di una parte di essi rispolverando l'armamentario del complotto
giudaico-massonico.
Anche nel campo delle masse popolari hanno seguito analisi e proposte di
soluzione alla crisi che, pur con declinazioni diverse, hanno al centro
la regolamentazione del capitale finanziario. Tutta la saggezza degli
economisti, degli uomini politici, dei dirigenti sindacali e degli altri
portavoce della sinistra borghese,(2) consiste nello sfornare ognuno,
individualmente o a gruppi (scuole), analisi e proposte che, se
applicate, porterebbero, assicurano i loro fautori, al risultato di far
vivere bene, o almeno un po' meglio di quanto succeda, la massa della
popolazione (cioè i proletari, i lavoratori autonomi e i pensionati con
i relativi familiari), mantenendo _sostanzialmente intatto_ l'attuale
sistema di relazioni sociali.
_Sostanzialmente intatto_, nel senso che tutti costoro danno per
scontato che la produzione di beni e servizi continui a restare affidata
ad aziende capitaliste, ma molti di essi propongono (ogni individuo e
gruppo distinguendosi in questo dagli altri) come soluzione alla crisi
in corso
1. una qualche regolamentazione, comunque una regolamentazione maggiore
dell'attuale, delle "attività creative" con cui gli amministratori del
capitale finanziario si mangiano tra loro (cannibalismo), spremono
l'economia reale e fanno sfornare nuovo denaro dalle banche centrali e
dalle altre banche (dal sistema bancario);
2. un qualche intervento, con misure d'autorità o approfittando della
loro forza economica o finanziaria, delle Pubbliche Autorità nel sistema
di spremitura dell'economia reale da parte del capitale finanziario e
nell'economia reale stessa (piani industriali, ecc.), in qualche misura
ripristinando le relazioni tra politica ed economia esistenti nei paesi
imperialisti nel trentennio del capitalismo dal volto umano (1945-1975).
Alcuni di costoro spingono poi l'audacia del loro pensiero e dei loro
propositi fino a proporre l'abolizione del capitale finanziario e il
ritorno a un'economia reale capitalista senza capitale finanziario.(3)
2. La SINISTRA BORGHESE è quella congerie di uomini politici, di
sindacalisti, di preti di buon cuore e di intellettuali che denunciano e
persino sinceramente si indignano di fronte ai mali della società
borghese, ma vi oppongono misure, regole e leggi che restano all'interno
delle relazioni proprie della società borghese, costruite attorno e
sulle fondamenta delle aziende capitaliste che producono beni e servizi
per valorizzare il proprio capitale (fare profitti). E proprio per
questo per lo più restano misure, regole e leggi sulla carta, perché "i
mali della società borghese" non esistono a caso, non sono sconnessi tra
loro (semplicemente e a caso l'uno accanto all'altro), né sono venuti al
mondo principalmente ognuno per l'ignoranza o la malvagità personale dei
suoi fautori e promotori. Grazie al materialismo dialettico abbiamo
imparato che ognuno di essi è uno sviluppo naturale (cioè conforme alla
natura) della società borghese ed è organicamente connesso agli altri
suoi aspetti. Se accettate il maiale, dovete accettare anche il suo
odore! Nel migliore dei casi lo correggerete con un po' di profumo che
fa quel che può!
Due testi di questi giorni, esemplari dei più generosi discorsi e dei
propositi più illuminati della sinistra borghese, sono l'articolo
_Riduciamo l'orario, non il salario_ di Giorgio Lunghini pubblicato su
_il manifesto_ di sabato 15 giugno 2013 e _Ripartire il lavoro o il
reddito?_ di Piero Bevilacqua pubblicato su _il manifesto_ di venerdì 21
giugno 2013, entrambi disponibili sul sito del (n)PCI -
http://www.nuovopci.it/evidenza/index.html [8] Esempio di una
discussione che può continuare all'infinito, proprio perché accademica
proposta di linea per un governo che non c'è e che la RP (Repubblica
Pontificia) non può avere.
3. Volutamente non prendiamo in considerazione in questa sede i fautori
di iniziative economiche dal basso, a km zero, di nicchia, comunitarie,
ecc. ecc. Nella misura in cui sono iniziative reali e non solo sogni,
appartengono ad un ordine di cose diverse da quello in cui rientrano le
divagazioni accademiche e giornalistiche di cui qui parliamo. Queste non
generano azioni, ma creano opinioni, intossicano le coscienze e
distolgono dall'azione.
4. La _crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale_ è uno dei
concetti base per capire la storia dell'umanità negli ultimi centotrenta
anni. Gli elementi fondamentali della teoria della crisi per
sovrapproduzione assoluta di capitale sono posti da Marx nel cap. 15 del
volume 3 di _Il capitale_. Per un'esposizione esauriente di essa
rimandiamo all'_Avviso ai Naviganti 8_ del 21 marzo 2012, _La seconda
crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale_, disponibile
sul sito del (n)PCI:
http://www.nuovopci.it/dfa/avvnav08.html
Pretendere di capire la storia degli ultimi centotrenta anni e di capire
il corso attuale delle cose senza aver capito la teoria della crisi per
sovrapproduzione assoluta di capitale è porsi al di fuori del
materialismo storico e dialettico, cioè del marxismo. È questa, nel
campo della lotta teorica (della concezione del mondo), la sostanza
dell'anticomunismo della sinistra borghese, anche di quei suoi esponenti
che in privato e talvolta anche in pubblico si dichiarano comunisti e
persino ogni tanto alludono in maniera non denigratoria all'esperienza
della prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale e al "comunismo
novecentesco".
Tratto comune di tutti questi pensatori e politici è che non si pongono
il problema di spiegare come mai il capitale finanziario ha raggiunto le
dimensioni attuali e ha assunto il ruolo che ora ha rispetto
all'economia reale capitalista. In altre parole non si attengono a uno
dei principi base della dialettica come metodo per conoscere la realtà:
di ogni cosa chiedersi da dove, come e perché è nata e come si è
sviluppata. Lo facciamo noi e sulla base di questa spiegazione
risponderemo alla domanda iniziale.
_UNA RICOSTRUZIONE SINTETICA_
La crescita del capitale finanziario fino a raggiungere le dimensioni
attuali non casca dal cielo né esce fuori dal cilindro di qualche sadico
esponente della borghesia imperialista e non è neanche frutto del
cosiddetto complotto giudaico-massonico (come si usa dire negli ambienti
fascisti e affini). Negli anni '70 nel sistema imperialista mondiale,
nell'economia reale capitalista iniziarono a manifestarsi in misura
crescente i sintomi della nuova _crisi per sovrapproduzione assoluta di
capitale_ [9],(4) la combinazione di stagnazione e inflazione
(stagflazione) divenne l'incubo di capitalisti, uomini d'affari,
esponenti politici e professori. Contro questa crisi _strutturale_ del
capitalismo in tutti i paesi imperialisti i capitalisti, i loro governi
e le loro autorità ricorsero su grande scala a tre serie di misure che
essi poterono prendere senza dover affrontare grandi conflitti politici
perché il movimento comunista internazionale era già entrato nella sua
fase di declino e la prima ondata della rivoluzione proletaria si era
già sostanzialmente esaurita. Gli idealisti invertono la genesi delle
cose e dicono che ricorsero a queste tre serie di misure perché
"prevalse il pensiero unico neoliberista".
- 1. Sottrarre le banche centrali e in generale il sistema bancario (che
facendo credito crea nuovo denaro) all'autorità dei governi i quali
almeno in una qualche misura, prima o poi, rispondevano ancora del loro
operato ad elettori che grazie alla prima ondata della rivoluzione
proletaria avevano fatto grandi progressi economici, morali e
intellettuali. La direzione delle banche centrali, del sistema bancario
e più in generale del sistema monetario (le istituzioni che producono
denaro, quelle che ne amministrano la circolazione fissando i criteri
della concessione di credito e i tassi d'interesse, le regole e
abitudini che presiedono alle relazioni tra di loro) vennero affidate a
uomini di fiducia della borghesia imperialista e del clero, sedicenti
tecnici (come se la loro gestione fosse dettata da leggi di natura,
indipendenti dagli interessi delle persone e classi coinvolte).
Nel nostro paese la separazione tra la Banca d'Italia e il Ministero del
Tesoro fu conclusa nel febbraio 1981 dal governo Forlani (nella persona
del ministro del Tesoro Nino Andreatta, esponente della "sinistra"
democristiana) e dall'allora governatore della Banca d'Italia (il tanto
celebrato - dai suoi complici e beneficiati - Carlo Azeglio Ciampi).(5)
Essi alla chetichella architettarono e del tutto illegalmente misero in
vigore una decisione politica dalle implicazioni enormi ed eversiva
anche della Costituzione del 1948. Di essa (viva la democrazia!) neanche
ne parlarono pubblicamente: bastò l'omertosa complicità di tutti quelli
che contavano e sapevano ("tutti sapevano", dirà poi con il suo sciocco
sorrisino di sufficienza il criminale di guerra Massimo D'Alema). Con
quella decisione lo Stato non poteva più decidere quanta moneta la Banca
d'Italia doveva creare perché lo Stato potesse far fronte ai suoi
compiti decisi in sede politica. Per far fronte ad essi da allora in
avanti lo Stato avrebbe dovuto ricorrere al mercato finanziario. Avrebbe
cioè dovuto emettere e vendere titoli finanziari con cui chiedere in
prestito alla "comunità internazionale" dei banchieri, delle società
finanziarie, dei fondi d'investimento, dei ricchi, i soldi che
eccedevano le sue entrate: cioè eccedevano la somma del gettito di
imposte, tasse, contributi, multe e ticket, delle tariffe dei servizi
pubblici, dei profitti delle imprese pubbliche, delle rendite dei beni
demaniali.
In questo modo la "comunità internazionale" otteneva quattro vantaggi.
5. Una chiara ricostruzione dell'evento è data da Luigi Cavallaro, _La
congiura dei tecnici_ - All'origine della crescita del debito pubblico
nel nostro paese c'è il divorzio consumato negli anni Ottanta tra Banca
d'Italia e governo politico dell'economia per ripristinare il comando
del capitale sulla società. Un percorso di lettura, _il manifesto_ di
sabato 29 settembre 2012, disponibile sul sito del (n)PCI -
http://www.nuovopci.it/evidenza/index.html [8]. La casa Editrice il
Mulino ha pubblicato in opuscolo (_L'autonomia della politica monetaria
- il divorzio Tesoro-Banca d'Italia trent'anni dopo_) gli atti del
Convegno dell'AREL del febbraio 2011 con un articolo di Nino Andreatta
del 1991: in quegli atti Carlo Azeglio Ciampi, Mario Draghi, Enrico
Letta, Mario Monti ed altri celebrità del genere cantano le lodi del
colpo di mano promosso da Andreatta e Ciampi nel 1981.
1. Creava un campo proficuo di investimento per i suoi capitali che,
stante la sovrapproduzione assoluta di capitale in corso nell'economia
reale, aveva difficoltà ad investire altrimenti. Era l'epoca delle
furiose pressioni del sistema imperialista mondiale sui paesi socialisti
e sui paesi neocoloniali (le vecchie colonie diventate paesi
politicamente autonomi) perché si indebitassero.
2. Creava un buon pretesto per premere, con la virtuosa motivazione di
reperire denaro per la Pubblica Amministrazione, a favore della
privatizzazione del settore pubblico dell'economia e dei servizi
pubblici che in questo modo divenivano un altro campo d'investimento del
capitale. Privatizzazione che infatti in Italia partì presto alla grande
sotto l'alta direzione di Romano Prodi all'epoca presidente dell'IRI
(mentre il debito pubblico, anziché diminuire per i proventi delle
privatizzazioni, continuava ad aumentare a gran velocità).
3. Allentava la pressione fiscale, il rischio che i membri nazionali di
quella "comunità internazionale" fossero chiamati nel loro paese di
residenza o d'attività a contribuire alla "spesa pubblica". La spesa
pubblica aumentava per le prestazioni crescenti che "la politica"
imponeva alla Pubblica Amministrazione (PA). Una delle vie per far
fronte alle maggiori spese della PA era l'aumento di imposte, tasse e
contributi, ed era sempre viva la pressione per farli pagare, come
indicava la Costituzione (in Italia, ma per effetto della prima ondata
della rivoluzione proletaria principi analoghi erano iscritti nelle
Costituzioni di tutti i paesi retti a democrazia borghese), "ad ogni
cittadino in proporzione al suo reddito", con evidente danno per i
ricchi, il clero e le rispettive associazioni e società.
4. Poneva premesse per esigere la "riduzione della spesa pubblica", cioè
per contrastare con maggiori argomenti le richieste delle organizzazioni
popolari di crescenti prestazioni della Pubblica Amministrazione per
dare attuazione effettiva ai diritti (istruzione, igiene, sanità,
pensioni, servizi vari) che dovevano essere universali stando alla
coscienza della solidarietà sociale che la prima ondata della
rivoluzione proletaria aveva diffuso e che la Costituzione del 1948
aveva sanzionato. Occorre ricordare che in tutti i paesi imperialisti
dopo la seconda guerra mondiale borghesia imperialista, clero e
revisionisti moderni avevano collaborato a corrompere il movimento
comunista trasformandolo in movimento rivendicativo e che ciò
comportava, oltre che un decisivo vantaggio politico, anche un prezzo
elevato (la borghesia aveva dovuto violentare la sua propria natura).
In sostanza, con la sottrazione del sistema bancario e monetario
all'autorità del governo, in ogni paese imperialista i governi e in
generale le autorità della Pubblica Amministrazione nazionale e locale
divennero clienti del sistema finanziario. Per finanziare le spesa
pubblica eccedente le loro entrate, emettevano titoli di debito pubblico
che vendevano alle banche e tramite queste al pubblico, privatizzavano
imprese e servizi pubblici e vendevano beni demaniali. Erano altrettanti
campi di investimento per i capitalisti.
Nel nostro paese è dal 1981 che il debito pubblico ha preso a gonfiarsi
stabilmente e rapidamente: non perché lo Stato ha fornito più servizi
pubblici, ecc., ma perché ha dovuto far fronte alla vecchia spesa e
pagare gli interessi sui titoli del debito pubblico e le commissioni
alle banche e alle altre istituzioni che li vendevano al pubblico. Per
lo stesso motivo tutte le misure "per ridurre il debito pubblico e il
deficit di bilancio annuale dello Stato" si sono tradotte in miseria
crescente per le masse popolari, in taglio dei servizi, in
redistribuzione del reddito a favore dei ricchi, ecc., ma il debito
pubblico ha continuato a crescere. Come continua ancora oggi: nel maggio
2011 il debito pubblico italiano era di quasi 1.900 miliardi di euro,
dopo la "cura da cavallo" del governo Monti è salito ai quasi 2.050
miliardi di euro attuali.
- 2. L'abolizione di leggi e regolamenti e la restrizione dell'autorità
dei governi a proposito della circolazione internazionale delle merci e
dei capitali d'investimento (i cosiddetti investimenti diretti): i
capitali usati per aprire nuove aziende o comperare aziende esistenti
(quindi non semplici partecipazioni azionarie al capitale, che rientrano
nel capitale finanziario, ma le aziende stesse). Le potenze maggiori
imposero agli altri paesi, pena sanzioni e altri trattamenti e
condizioni "di minor favore" per il credito e il commercio, accordi e
patti del tipo WTO (World Trade Organisation) fino al Transatlantic
Trade and Investement Partnership in discussione in questi mesi tra UE e
USA. Questi accordi permettevano ai capitalisti di impiantare imprese
nei paesi che preferivano e di esportare dove meglio loro conveniva,
limitando o abolendo le interferenze dei governi locali. A questo scopo
venne creato e rafforzato un sistema di leggi e di corti a giurisdizione
internazionale.
- 3. L'abolizione di leggi e regolamenti che limitavano la creazione di
titoli finanziari e la loro circolazione internazionale e che in ogni
paese le sottomettevano ad autorizzazioni dei rispettivi governi. Con
misure varie veniva facilitata la collocazione delle aziende in Borsa,
gli aumenti di capitale da parte delle aziende (l'emissione di nuove
azioni e obbligazioni), la creazione di titoli finanziari di nuovo tipo,
in particolare di tipo speculativo (relativi a derrate alimentari, a
minerali, alle quotazioni di titoli già in circolazione), l'acquisto e
la vendita di titoli "allo scoperto" (cioè di titoli che il venditore
non possiede ma che si impegna a consegnare alla scadenza fissata),
l'emissione di titoli che assicuravano titoli già circolanti (titoli
derivati), ecc. ecc. I titoli finanziari di tipo speculativo drenano i
risparmi del ceto medio (lo strato superiore delle masse popolari) e dei
lavoratori (liquidazioni, pensioni, ecc.) e arricchiscono alcuni
capitalisti finanziari a danno di altri (coinvolgendo in questa
ripartizione anche l'economia reale dato che il capitale delle aziende
che producono beni e servizi è costituito in tutto o in parte da titoli
finanziari e che spesso lo stesso capitalista è sia produttore di beni e
servizi sia capitalista finanziario e i "tracolli finanziari" si
riversano quindi sulle aziende). Nacque allora quella che Tremonti
quando era ministro di Berlusconi declamava come "finanza creativa".
Simili titoli potevano essere comperati, venduti e quotati nelle Borse
di vari paesi connesse in rete: ovviamente Wall Street (NewYork), la
City (Londra), Francoforte e Parigi facevano la parte del leone. I
paradisi fiscali fiorirono come mai prima. Le nuove tecniche bancarie e
di comunicazione principalmente derivanti dall'informatica davano un
efficace supporto alle nuove libertà dei capitalisti.
Attraverso le tre serie di misure illustrate, passo dopo passo cresceva
la massa del capitale finanziario e le istituzioni finanziarie
risucchiavano denaro dall'economia reale che è principalmente
commerciale, monetaria e capitalista: quindi esposta al risucchio (*) e
aprivano ai capitali terreni più ampi d'investimento (reale e
finanziario) nei singoli paesi e nel mondo. L'economia finanziaria
offriva uno sbocco alla sovrapproduzione di capitale che si manifestava
nell'economia reale assorbendo da questa denaro e capitale che restando
nell'economia reale avrebbe esasperato la concorrenza, la
sovrapproduzione di merci, il consumismo, le rivendicazioni salariali e
normative e altri fenomeni che l'avrebbero sconvolta. Nello stesso tempo
l'economia finanziaria alimentava l'economia reale con iniziative
speculative (speculazione sulle materie prime con connesse nuove
esplorazioni, sulle derrate alimentari, sulle grandi opere, ecc.) e
bolle di vario genere (bolle nel settore immobiliare, bolle
nell'innovazione informatica, bolle nel commercio, ecc.). In ogni
azienda capitalista di un certo rilievo, il settore finanziario
diventava parte indispensabile e rilevante del funzionamento aziendale.
(*) Oggi in tutti i pesi _imperialisti_ i beni e servizi sono prodotti
quasi tutti come _merci_ (l'economia di autosussistenza, l'economia
solidale, l'economia servile, ecc. sono fenomeni del tutto marginali) e
in larga misura sono prodotti _in aziende capitaliste_
(quantitativamente la produzione di merci fatta da _lavoratori autonomi_
copre una parte modesta benché non trascurabile dell'intera attività
produttiva, ma per di più i lavoratori autonomi sono largamente
dipendenti dall'economia capitalista e dalle pubbliche autorità per gli
strumenti, le materie prime, la tecnologia, lo smercio e la
regolamentazione).
Le aziende capitaliste sono a loro volta per loro natura legate al
capitale finanziario: indirettamente tramite le imposte, le tasse, i
contributi, le tariffe e le regole dettate dalle pubbliche autorità che
devono far fronte alla gestione del Debito Pubblico (il "servizio del
Debito") e delle finanze pubbliche (quindi dipendono dal capitale
finanziario); direttamente tramite il mercato delle proprie azioni e
obbligazioni e il sostegno del loro corso, tramite il credito bancario e
i relativi interessi, assicurazioni e garanzie, tramite il reperimento
di nuovi capitali in borsa, tramite le partecipazioni delle aziende e
dei loro proprietari al capitale finanziario (il settore finanziario
delle aziende), tramite il cambio della moneta, tramite le commesse e
gli appalti e tramite altre relazioni del genere di quelle indicate.
Inoltre l'investimento finanziario fa concorrenza all'investimento
produttivo e lo condiziona da mille lati perché fanno entrambi capo alla
stessa classe: la borghesia. Quindi una volta che il capitale
finanziario ha conquistato il predominio, l'economia reale non è in
grado di opporsi efficacemente alle sue pretese.
_ _
_FU LO SVILUPPO SU GRANDE SCALA DEL CAPITALE FINANZIARIO UN RIMEDIO
EFFICACE ALLA SOVRAPPRODUZIONE ASSOLUTA DI CAPITALE DELL’ECONOMIA REALE
DEI PAESI IMPERIALISTI?_
Alcuni sostengono che lo fu.
In effetti evitò che la crisi strutturale del capitalismo precipitasse
già negli anni '80 e '90. Allora il movimento comunista, per quanto
indebolito, era ancora relativamente forte. Quindi l'acuirsi della crisi
dell'economia reale capitalista avrebbe, su scala maggiore di quanto
avvenga oggi, alimentato la lotta delle masse popolari e certamente
avrebbe rallentato il declino in corso dei primi paesi socialisti e in
particolare dell'Unione Sovietica.
Ma sul piano dell'economia reale capitalista, della struttura della
società borghese che era ammalata di sovrapproduzione assoluta di
capitale, lo sviluppo su grande scala del capitale finanziario fu un
rimedio efficace, diciamo noi e l'esperienza lo conferma, come sarebbe
un rimedio efficace alla fatiscenza di un edificio, nei cui muri del
piano terra si formano grandi crepe e nelle cui fondamenta ci sono dei
cedimenti (la crisi strutturale), costruire piani superiori e via via
spostarsi a vivere in questi: prima o poi ti troverai travolto in una
rovina ancora più disastrosa (quella che si è messa in moto nel 2008).
Fuor di metafora, i capitalisti approfittarono della libertà data dai
loro governi democratici (democratici alla maniera della democrazia
borghese) alle loro banche, istituzioni finanziarie e fondi
d'investimento. Moltiplicarono il denaro, sia nella forma diretta di
contanti e conti correnti bancari sia nella forma mediata di titoli
finanziari che venduti assorbivano denaro (risparmi e capitali)
dall'economia reale dei paesi imperialisti. Inondarono di capitali
d'investimento e di capitali finanziari i paesi neocoloniali a cui si
aggiunsero rapidamente gran parte dei primi paesi socialisti: quelli i
cui sistemi sociali crollavano corrosi da trent'anni (1956-1989) di
revisionismo moderno (Unione Sovietica e democrazie popolari dell'Europa
Orientale) e quelli che in varie forme e misure si riconciliavano col
sistema imperialista mondiale (in primo luogo la Repubblica Popolare
Cinese e il Vietnam). In tutti questi paesi (paesi neocoloniali ed ex
paesi socialisti) si ebbe (sebbene in misure diverse) una crescita
enorme dell'economia capitalista e più in generale delle transazioni
monetarie (commerciali e no), quindi del PIL [il PIL di un paese è un
indice, grossolano ma pur sempre significativo, del volume delle
transazioni commerciali (degli scambi, degli atti di compra-vendita) che
si fanno in un anno nel paese, ottenuto sommando l'importo in denaro di
tutte le transazioni]. Una piccola parte della popolazione entrava a far
parte della borghesia capitalista o professionale (ceto medio), mentre
l'enorme maggioranza era privata delle precedenti forme di sussistenza
(quelle primitive nei paesi neocoloniali e quelle collettive nei primi
paesi socialisti) e gettata nell'economia commerciale, nell'economia
capitalista, nell'emarginazione sociale, nelle attività criminali o
nell'emigrazione. Ma in ogni caso accresceva il PIL del paese e il PIL
mondiale.
Proprio a causa della crescita vistosa del PIL dei paesi invasi dai
capitali della "comunità internazionale", in Italia alcuni intellettuali
sostengono che la crisi attuale colpisce solo le masse popolari dei
paesi imperialisti, cioè dei "vecchi paesi capitalisti". Quindi non
avremmo a che fare con una crisi _generale_ del capitalismo, ma con la
crisi del ruolo dominante dei vecchi paesi imperialisti. I capitalisti
"indigeni" che sono nati nei paesi invasi dai capitali della "comunità
internazionale" (in particolare e come caso esemplare, quelli sorti
nella Repubblica Popolare Cinese) starebbero semplicemente prendendo il
posto finora occupato dai soci della "Comunità Internazionale dei gruppi
imperialisti europei, americani e sionisti". Anche questa concezione,
come quella del "rimedio efficace", si regge oltre che sulla compiacenza
delle classi dominanti (assolve il sistema capitalista e devia verso
altri paesi l'indignazione delle masse popolari dei paesi imperialisti),
sulla estraneità dei suoi elaboratori al metodo dialettico che insegna a
vedere e considerare la concatenazione storica degli eventi e le
relazioni che legano tra loro i vari fenomeni. I sostenitori di questa
concezione "dimenticano" ad esempio che sono i capitalisti e le autorità
della RPC che detengono un tesoro formato da alcune migliaia di miliardi
di titoli USA e di conti correnti in dollari (la moneta governata dalla
borghesia imperialista USA), non viceversa. Gli stessi "dimenticano" chi
detta legge nel mercato finanziario e nell'economia reale mondiale. Essi
considerano PRISM, la militarizzazione dello spazio, le guerre stellari,
le guerre umanitarie, ecc. al livello dei sotterfugi, dei "peccatucci" e
delle scappatelle a cui la prassi della Repubblica Pontificia li ha
abituati nel trentennio del capitalismo dal volto umano (1945-1075). "La
crisi del capitalismo non è generale, perché altrimenti non sapremmo
cosa dire e cosa fare": a questo in definitiva si riduce la saggezza
degli esponenti della sinistra borghese, di cui il prof. Luciano
Vasapollo e i suoi soci cantori di ALIAS sono l'ala più sinistra.
_IL RISULTATO? UN AMMASSO DI CAPITALE FINANZIARIO CHE SPREME L’ECONOMIA
REALE ..._
Per queste vie si è formata nel mondo una massa enorme di capitale
finanziario, la borghesia imperialista ha costituito le istituzioni che
lo manovrano e alimentano e ha creato e consolidato relazioni nazionali
e internazionali conseguenti.
L'insieme delle istituzioni finanziarie, delle banche e dei fondi
d'investimento (principalmente americani ed europei, con l'appendice del
Giappone e le filiali a Singapore, Hong Kong, Shanghai e nei paradisi
fiscali) gestiscono attualmente un ammasso di denaro e titoli finanziari
di vario genere ammontante a circa 100 volte il PIL mondiale.(6)
6. Un'avvertenza. Quando il saggio indica con l'indice la luna, lo
stupido guarda il dito. Nel ragionamento che segue noi usiamo delle
cifre per illustrare il concetto, il messaggio che vogliamo comunicare e
sottoporre al giudizio dei lettori. Gli stupidi appunteranno la loro
attenzione sulle cifre: quanto sono precise, quanto sono affidabili,
ecc. Ai fini del ragionamento qui svolto, della situazione che illustra,
delle dinamiche che mette in luce e delle conclusioni a cui porta, ogni
cifra citata serve solo per il suo ordine di grandezza: che la
popolazione mondiale sia 7 miliardi o 6 oppure 8, non cambierebbero il
ragionamento che facciamo e le conclusioni a cui arriviamo. Analogamente
nulla cambierebbe se il capitale finanziario mondiale, posseduto dalla
Comunità Internazione dei gruppi imperialisti europei, americani e
sionisti e associati di altri paese o denominazioni, invece che
ammontare a 10 milioni di miliardi di dollari ($), fosse attualmente
"solo" di 1 o già di 100 milioni di miliardi, nonostante la vigenza
universale della legge per cui la quantità giunta a un certo livello si
trasforma in quantità. Ma, dato un individuo che perde uno dopo l'altro
i suoi capelli, quanti mai sono i capelli che deve perdere prima di
essere calvo?
Il PIL annuo mondiale attualmente ammonta a circa 100 mila miliardi di
dollari (ai cambi correnti). Quindi le istituzioni finanziarie e le
banche del sistema imperialista mondiale (quindi in definitiva la
"Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e
sionisti") gestiscono qualcosa come 10 milioni di miliardi di dollari.
Essi sono proprietà di alcuni milioni di persone fisiche o giuridiche
(che fanno comunque capo a persone fisiche che le amministrano), che
costituiscono una rete di istituzioni e centri di potere che si
contrappongono l'uno all'altro e contemporaneamente collaborano. Ognuno
dei possessori (dei titolari e degli amministratori) considera la sua
parte come capitale che vuole e deve valorizzare, quindi
complessivamente si tratterebbe di valorizzare 10 milioni di miliardi di
dollari. Una massa enorme di capitale finanziario nata dall'economia
reale capitalista (ossia dalla struttura della società borghese) e
cresciuta fino a gravare su di essa come una sua enorme escrescenza, un
tumore, ma inestricabilmente connessa ad essa da innumerevoli canali e
persone dalla duplice natura. La sua valorizzazione dà quindi luogo a
difficoltà, contrasti, manovre, operazioni, evasioni, reati e disastri
di vario genere. La criminalità e la legalità si sostengono e alimentano
a vicenda, con grande disperazione di chi vorrebbe ancora separare i due
fratelli siamesi.
Ognuno dei possessori di capitale finanziario ogni anno vuole avere 20,
10, non meno di 1 $ per ogni 100 $ del suo capitale finanziario: tanto
meglio se riesce ad averne di più e ci sono casi di amministratori che
riescono a raddoppiare (o accrescere anche di più) la parte di capitale
loro affidato. Se un amministratore di capitale finanziario non procura
ogni anno un profitto di quell'ordine di grandezza, si dispera e se è
solo amministratore e non anche proprietario, non è escluso che venga
sostituito.
La popolazione mondiale attualmente è di circa 7 miliardi di persone,
bambini e anziani compresi. La popolazione attiva ammonta a circa 3.5
miliardi (assumiamo una media di popolazione attiva pari al 50% della
popolazione totale che comprende anche bambini, anziani, invalidi,
parassiti, ricchi e preti: persone che non contribuiscono direttamente
al PIL dal lato della sua produzione).
Dall'ammontare del capitale finanziario complessivo risulta che ogni
persona attiva dovrebbe valorizzare ogni anno
10.000.000 miliardi ($) / 3.5 miliardi (p) = 2.800.000 ($) di capitale
finanziario per lavoratore.
Dall'ammontare del PIL mondiale risulta che ogni persona attiva produce
in media per
100.000 miliardi($)/3.5 miliardi(p) = 28.000 ($)/(p) l'anno.
7. Il termine valore è posto tra virgolette, perché va inteso nel senso
di equivalente monetario dei beni e dei servizi prodotti, calcolato ai
prezzi correnti di ognuno. Quindi è inteso in senso del tutto diverso da
quello con cui il termine compare nella dottrina marxista. In questa il
valore è una qualità che beni e servizi assumono quando sono prodotti
per lo scambio (ossia nell'ambito di una economia mercantile) e valore
di scambio è il tempo di lavoro oggettivato (perché socialmente
necessario a produrlo) in ogni bene e servizio prodotto per lo scambio.
Supponiamo che tutta la produzione di beni e servizi (tutta l'attività
economica dell'umanità di cui il PIL è un indice grossolano ma
significativo) sia fatta nell'ambito di aziende capitaliste. Assunzione
corrispondente alla realtà solo alla lontana, perché nel mondo esistono
ancora in combinazioni concrete tra loro (combinazioni tuttavia
certamente diverse da paese a paese) i vari modi di produzione che
l'umanità ha praticato lungo tutta la sua storia. Ma l'assunzione
(l'astrazione dai modi di produzione secondari) ci aiuta a mettere in
luce il corso principale delle cose che è combinazione, intreccio,
interazione e lotta di parti diverse e contraddittorie.
In prima approssimazione (prescindendo ad esempio da imposte, interessi,
affitti, ecc.) l'insieme della produzione quanto al suo "valore",(7) è
composta di capitale costante (c) (quello che il capitalista acquista e
che deve reintegrare per ripetere la produzione), reddito del lavoratore
(salario (v)) e profitto del capitale (pv). Comunque sia distribuito tra
le tre parti (c, v, pv), dalla somma di esse gli amministratori del
capitale finanziario non potranno mai ricavare tutto quanto necessario a
valorizzare tutto il capitale finanziario che amministrano. Essi infatti
avrebbero bisogno di ricevere in un anno per ogni persona attiva 560.000
(valorizzazione del capitale finanziario al 20%), 280.000
(valorizzazione al 10%) o almeno 28.000 (valorizzazione allo 1%)
dollari. Per valorizzare tutto il capitale finanziario anche solo allo
1% annuo, bisognerebbe annullare la ricostituzione del capitale
consumato (c), il salario del proletario (v) e il profitto (pv) del
capitalista imprenditore che fa produrre dai proletari nella sua azienda
beni o servizi per ricavarne un profitto per il capitale che lui ha
investito. È trascurabile in prima istanza che una buona parte o anche
tutti i capitalisti imprenditori siano anche proprietari di capitale
finanziario, perché ognuno di essi vuole valorizzare sia il suo capitale
che ha investito nell'economia reale (la produzione di beni e servizi
che fa fare ai proletari nelle sue aziende) sia il suo capitale
finanziario (questo capitalista è "due cose in una sola": "due nature in
una sola persona" per prendere in prestito un'espressione dei teologi
cristiani).
Gli amministratori del capitale finanziario (che dominano nel mondo e
anche in ognuno dei singoli paesi, sia pure in misura differente da un
paese all'altro) spremono al massimo, tramite una rete capillare di
agenti e canali, diretti e indiretti, l'economia reale per ricavarne
denaro che contribuisca alla valorizzazione del capitale finanziario.
Dobbiamo sempre tener presente che, quali che siano le chiacchiere
sull'importanza delle PMI e sull'esautoramento degli Stati, restano ben
fermi due aspetti della situazione:
1. che in ogni paese capitalista le piccole e medie imprese sono
dipendenti dalle grandi imprese monopolistiche e dal capitalismo di
Stato: sono loro fornitrici o loro clienti, aziende complementari e
d'appalto e subappalto (l'indotto) e ne dipendono per i regolamenti, i
prestiti, la tecnologia, la commercializzazione, le tariffe
dell'energia, dei trasporti, della pubblicità, la legislazione del
lavoro e i contratti, ecc.;
2. che in ogni paese capitalista il capitalismo di Stato è più forte che
mai (per la massa di forza-lavoro e di acquisti, per gli appalti che
amministra, per le spese militari e altri lavori pubblici): solo che nel
mondo alcuni Stati sono sottomessi e altri comandano.
Tramite le relazioni realmente derivanti da questo stato delle cose, il
capitale finanziario spreme l'economia reale in vari modi, tra cui
imposte, tasse e contributi (per pensioni, assicurazioni, ecc.) che le
autorità fanno pagare alle imprese o ai lavoratori, commissioni e
interessi sui prestiti bancari e simili, rendite sugli immobili e sui
terreni, diritti d'esercizio, prezzi monopolistici (imposti dalle grandi
aziende e dal capitalismo di Stato) degli acquisti e delle vendite.
Tutte voci che entrano nei prezzi di ogni prodotto e fanno sì che essi
non abbiano per ogni prodotto (bene o servizio) che una lontana e del
tutto indiretta relazione con il valore di scambio del prodotto inteso
nell'accezione in cui il termine è usato nella teoria marxista (quantità
di tempo di lavoro direttamente o indirettamente [tramite il capitale
costante] socialmente necessario per produrlo).
Morale della storia. Il capitale finanziario ha salvato l'economia reale
capitalista dalla crisi precoce (stagflazione) in cui era caduta negli
anni '70. Ma oramai la sottopone a una pressione che rende impossibile
la sua ordinata riproduzione da un anno all'altro. Rende impossibile la
riproduzione semplice (la ripetizione dell'attività economica allo
stesso livello dell'anno precedente) e ancora meno possibile la sua
riproduzione su scala più larga (con un capitale maggiore e un prodotto
maggiore). Infatti
- il capitale investito nell'economia reale è meno liquido (meno
facilmente trasformabile in denaro) del capitale finanziario e i rapidi
movimenti di questo sconvolgono il sistema monetario e quindi i prezzi
delle varie parti del capitale investito nell'economia reale e rendono
sempre più incerta ogni previsione;
- le banche non fanno credito alle famiglie e imprese (stretta
creditizia) perché il mercato finanziario offre prospettive di profitti
maggiori e con scadenze ravvicinate, mentre la solvenza delle aziende è
aleatoria (i crediti "in sofferenza" aumentano in ogni banca e ogni
tanto bisogna scorporarli dal resto per tenere in vita la banca);
- la speculazione incide sui prezzi delle materie prime e di altri
prodotti, ne provoca continue variazioni che poco o nulla hanno a che
fare con i problemi dell'economia reale (disponibilità, tecnologia,
clima, ecc.);
- i capitalisti smantellano l'apparato produttivo per investire in
speculazioni di borsa: rischiose certo, ma "chi non risica non rosica",
tanto più che anche l'economia reale è sempre più sconvolta.
_... MA SPREMERE L’ECONOMIA REALE NON BASTA!_
L'economia reale, quella che produce beni e servizi, è in larga misura
economia commerciale, monetaria e capitalista. Essa è dunque costretta
dalle leggi e dalle relazioni di proprietà e creditizie a contribuire a
valorizzare il capitale finanziario pagando ogni anno profitti,
interessi sul credito corrente e sul debito pubblico e privato, affitti,
imposte e restituendo quote del debito pubblico e privato in scadenza.
Il capitale impiegato nella produzione di beni e servizi è schiacciato.
Gli operai, in particolare nei paesi imperialisti, sono spremuti
(Marchionne ha rubato perfino i dieci minuti di pausa). Le masse
popolari sono via via immiserite. Ma non basta. Per quanto forte sia la
pressione per spremere l'economia reale, questa non è in grado di dare
tutto il denaro necessario a valorizzare tutto il capitale finanziario.
Gli amministratori del capitale finanziario ricorrono quindi ad altri
mezzi. Cinque sono le vie principali per valorizzare il capitale
finanziario:
1. spremere le masse popolari (riducendo salari e pensioni, aumentando
tariffe e prezzi),
2. spogliare con procedure legali (fiscali e altre) e illegali
(investimenti fallimentari e crolli di borsa) i proprietari di risparmi
(il ceto medio),
3. buttare a mare (far fallire) una parte dei possessori (le vittime
sacrificali, i calimeri) di capitale finanziario (crolli di borsa,
fallimenti),
4. creare nuovo denaro (FED, BCE, le banche centrali di altri paesi
imperialisti, Giappone in testa),
5. creare nuovi titoli finanziari (finanza creativa, speculazioni e
bolle finanziarie).
Se qualcuno non sta al gioco, bisogna rifare tutto e decidere chi
soccombe. A lungo andare ... "non preoccupatevi, noi saremo tutti
morti", diceva Keynes ai capitalisti del suo tempo. Ma intanto le masse
popolari ci vanno di mezzo, le aziende capitaliste chiudono, riducono o
delocalizzano, l'economia reale va a pezzi, la società si disgrega e
l'abbrutimento cresce in proporzione inversa allo sviluppo della
mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari.
_COME SALTARCI FUORI?_
Il processo di valorizzazione del capitale finanziario sta in piedi solo
finché i paesi che hanno un ruolo rilevante nell'economia mondiale sono
governati da autorità ligie alle istituzioni del sistema finanziario
mondiale. I paesi che si sottraggono al gioco (dal Venezuela alla Corea
del Nord, dall'Argentina alla Siria, da Cuba all'Iran, dalla Libia (la
vecchia Libia di Gheddafi) alla Bolivia, ecc.), sono messi al bando
della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani
e sionisti come "paesi canaglia", sono colpiti da sanzioni economiche
(commerciali e finanziarie), da manovre di destabilizzazione politica,
da aggressioni camuffate da guerre civili (colpi di Stato, rivolte,
"rivoluzioni", ecc.) e da aggressioni aperte da parte degli Stati
imperialisti o per l'interposta persona di Stati loro amici e clienti.
Ma questo sistema di dominazione mondiale ha sostanzialmente due punti
deboli.
- 1. Le manovre delle istituzioni e dei governi della Comunità
Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti
diventano tanto più difficili quanto più il sistema economico del "paese
canaglia" è intrecciato con il sistema economico della sopraddetta
Comunità Internazionale o anche solo di alcuni dei suoi soci autorevoli
(ad esempio per le forniture di materie prime, che non si inventano di
colpo e dal nulla). È la circostanza di cui si è giovata la Rivoluzione
Bolivariana dopo che la borghesia imperialista USA fallì il colpo di
Stato nel 2002 e risultò che per disporre del petrolio venezuelano
doveva in qualche modo fare i conti con la presidenza Chavez.
Le loro manovre diventano ancora più difficili se sono il sistema
monetario e il sistema finanziario del "paese canaglia" a essere
intrecciati con quelli della Comunità Internazionale. La Comunità
Internazionale di cui parliamo non è infatti né una divinità né un
principio. È una combinazione di uomini e istituzioni uniti dal comune
interesse alla stabilità della combinazione di fronte al resto del
mondo, ma divisi da interessi particolari perché ognuno deve e vuole
valorizzare anzitutto il suo capitale, anche a spese dei suoi soci se
necessario.
1. Ogni manovra finanziaria comporta perdenti e vincitori: far fallire
uno Stato, per alcuni dei soci della Comunità Internazionale significa
perdere i capitali che ha investito in quel paese o che comunque si
ritrova ad avere in mano.
2. Per di più ognuno dei soci poggia in definitiva per la sua forza su
masse popolari ben definite che deve tenere a bada e di cui deve potersi
servire. Senza poter disporre della popolazione americana o peggio
ancora avendola contro, la borghesia imperialista USA sarebbe impotente:
nonostante l'immagine che ne danno i mezzi di intossicazione
dell'opinione pubblica e nonostante l'effettiva arretratezza culturale e
morale in cui la borghesia USA costringe (con la cultura che diffonde
tra le masse, con l'azione attiva di intossicazione delle coscienze che
svolge, con la repressione e il soffocamento dei dissidenti) molta parte
della popolazione, le autorità USA hanno sempre avuto grandi difficoltà
a mobilitare in guerra la massa della popolazione USA e il ricorso a
mercenari stranieri o immigrati ha limiti evidenti. Ripercussioni
economiche che sconvolgono l'economia reale del proprio paese provocano
reazioni che le rispettive autorità devono essere in grado di prevenire
o controllare.
3. Cipro ha dimostrato, benché su scala minuscola (neanche un milione di
abitanti), che la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti
europei, americani e sionisti ha una gran paura che qualche paese non
stia più al gioco e si rifiuti di pagare e sottostare alle sentenze a
cui i caporioni sono arrivati e che aggravi per questa via i contrasti
tra loro, che la sua cattiva condotta incoraggi altri e generi un
catastrofico effetto domino. Se qualcuno dei paesi soci non stesse al
gioco, tutta la baracca finanziaria mondiale sarebbe sottoposta a
scombussolamenti ancora più gravi, perché aumenterebbero i fallimenti di
istituzioni finanziarie e di banche e nessuno vuole essere lui a
fallire. Fin che possono si tengono in piedi e fanno fallire i calimeri
(i Lehman Brothers) della situazione.
Questo ci dice chiaramente che un governo italiano (come il Governo di
Blocco Popolare, per l'illustrazione del quale rimandiamo all'_Avviso ai
Naviganti 7_ del 16 marzo 2012, disponibile sul sito nel (n)PCI
http://www.nuovopci.it/dfa/avvnav07.htm) non succube della Comunità
Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti,
avrebbe in mano armi potenti nella sua lotta contro quella Comunità
Internazionale proprio grazie all'intreccio tra il sistema monetario e
finanziario internazionale e quello nazionale. Potrebbe avvalersi del
principio del combattimento ravvicinato, corpo a corpo, che annulla il
vantaggio di chi possiede armi di distruzione di massa.(8) Il grande
debito del nostro paese e il fitto intreccio di interessi creati dall'UE
e dall'euro (e nella composizione di questo intreccio ha un suo ruolo
importante anche la Corte Pontificia con la sua Chiesa Cattolica) sono
un fattore di forza per un governo italiano deciso a imporre la sua
volontà di fronte alla Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti e
far valere i suoi interessi, a condizione che sia in grado di resistere
alle manovre di destabilizzazione interna di cui certamente diventerebbe
bersaglio. Come ad esempio non lo fu il governo della banda Berlusconi
nell'autunno 2011. Proprio il bisogno di un saldo fronte interno fa sì
che solo un governo poggiante sulle masse popolari organizzate (cioè un
governo d'emergenza delle masse popolari organizzate) sarebbe capace di
condurre con successo quella lotta.
- 2. L'efficacia delle manovre di destabilizzazione politica e di
sanzione commerciale dipende dal sistema politico e sociale del paese
che ne è bersaglio. I primi paesi socialisti hanno mostrato di quanta
resistenza a sanzioni e destabilizzazioni erano capaci fin quando sono
stati diretti da partiti comunisti all'altezza del loro ruolo. Cuba è un
esempio luminoso: la borghesia imperialista USA non è riuscita a
piegarla, al punto che il blocco economico di Cuba si è rivolto contro
la borghesia imperialista USA e Cuba è diventata anche per altri paesi
un esempio che non sottostare alla borghesia imperialista USA è
possibile. Lo è già stata per il Venezuela e per altri paesi
dell'America Latina.
8. Di converso è facile capire che le proposte di creare nuove comunità
monetarie e finanziarie come l'area ALIAS dei PIIGS sostenuta dal prof.
Luciano Vasapollo (vedi _Il risveglio dei maiali_, Jaca Book 2012) e da
Rete dei Comunisti o di ristabilire l'autonomia monetaria nazionale
(come sostenuto dal Movimento Popolare di Liberazione - MPL) sono
dettate dall'illusione che la crisi attuale sia una crisi causata dal
disordine del mondo finanziario o dalla cattiva gestione del sistema
monetario, per cui basterebbe isolarsi il più possibile da essi, anche
consensualmente. Infatti l'autonomia della nuova area monetaria e
finanziaria (nazionale o internazionale che fosse) anche supponendo che
nascesse grazie alla formazione di un qualche governo canaglia della
disperazione (del tipo di quello cui allude in questi giorni
Berlusconi), non porrebbe fine alla crisi dell'economia reale
capitalista, sarebbe soggetta alle costrizioni imposte dai più forti
sistemi monetari e finanziari del dollaro e dell'euro e nascerebbe
gravata dalle condizioni imposte da questi per una separazione
consensuale. L'unico vantaggio che comporterebbe per il nostro paese
un'area monetaria e finanziaria indipendente dal sistema dell'euro,
sarebbe quello di ristabilire la possibilità di svalutare la nuova
moneta rispetto all'euro e al dollaro, cioè di accrescere la
competitività delle merci prodotte in Italia rispetto a quelle di altri
paesi e quindi lanciarci in una guerra commerciale (il cui esito
dipenderebbe da quello che farebbero i concorrenti dei capitalisti
italiani). In sostanza si tratta di proposte basate su una alleanza
interclassista e sulla competizione internazionale: "il programma dei
Marchionne sia pure adottato e gestito dai Landini".
_SAREBBERO LE MASSE POPOLARI ORGANIZZATE DEL NOSTRO SOLO PAESE, CIOÈ
SENZA UNA SIMULTANEA RIVOLUZIONE IN MOLTI ALTRI PAESI, IN GRADO DI FAR
FRONTE ALLE REAZIONI FURIOSE E INDIGNATE DELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE
DEI GRUPPI IMPERIALISTI EUROPEI, AMERICANI E SIONISTI APPOGGIATE
DALL’INTERNO DEL PAESE DAI VERTICI DELLA REPUBBLICA PONTIFICIA? _
Questo è il punto decisivo per stabilire se il piano di sviluppo che noi
comunisti proponiamo e attuiamo, la linea della costituzione del GBP, è
realistico. È il punto che lo distingue dai piani campati in aria
(l'area ALIAS dei PIIGS) o avventuristi (tipo l'_uscita CONTRATTATA_ dal
sistema dell'euro) proposti da persone e gruppi benintenzionati ma che
ignorano, non hanno mai capito o nascondono (e comunque non tengono
conto nell'elaborazione dei loro piani) che la storia che stiamo facendo
è storia di lotta tra classi, che attraversa ogni paese.
La soluzione della crisi che affligge le masse popolari italiane e
quelle di tutti gli altri paesi _in definitiva_ sta nel superamento
dell'economia capitalista, nel superamento dell'economia monetaria, nel
superamento dell'economia commerciale, cioè nell'instaurazione del
socialismo: la crisi attuale è strutturale e generale. Quello che cambia
da paese a paese è la via per arrivarci, cioè le condizioni e le forme
della rivoluzione socialista e della lotta di classe.
Nel nostro paese la via è quella della costituzione del governo
d'emergenza delle masse popolari organizzate, il Governo di Blocco
Popolare. Questo nel nostro paese è il primo passo verso l'instaurazione
del socialismo. Le masse popolari organizzate sono senza alcun dubbio
capaci di far fronte con successo a ogni manovra di destabilizzazione
- sia facendo leva sulle relazioni interne loro proprie,
- sia portando la guerra in campo nemico, facendo cioè leva sulle masse
popolari dei paesi su cui poggiano le potenze che manovrano e
aggrediscono, masse popolari che hanno problemi analoghi a quelli delle
masse popolari italiane,
- sia facendo leva sui contrasti di interessi tra i gruppi imperialisti
della Comunità Internazionale.
Le masse popolari organizzate possono senza dubbio adempiere con
successo a questo compito. Quindi il compito di noi comunisti sta nel
promuovere la mobilitazione e l'organizzazione delle masse popolari.
Impresa che però non compiremo principalmente predicando genericamente
alle masse popolari di organizzarsi per costituire il GBP e instaurare
il socialismo, ossia facendo principalmente leva sulla concezione
comunista del mondo che le masse popolari non hanno ancora assimilato in
massa né possono assimilare in massa nelle condizioni a cui oggi la
borghesia e il clero le costringono. La compiremo (possiamo e dobbiamo
compierla) principalmente mobilitando in ogni ambiente la sinistra a
promuovere rimedi, sia pure (per loro natura e per il contesto in cui
sorgono) precari, parziali e provvisori, ai mali causati dalla crisi del
capitalismo e dalle manovre a cui la borghesia e il clero fanno ricorso
per perpetuare il loro sistema di relazioni sociali nonostante la crisi
del capitalismo e facendo al meglio delle nostre capacità di ogni
iniziativa una scuola di comunismo.
_I RIMEDI PARZIALI, PROVVISORI E D’EMERGENZA E IL CONTESTO POLITICO AD
ESSI NECESSARIO._
Quanto più la crisi del capitalismo si aggrava con il suo carico di
distruzione, di abbrutimento, di miseria, di morte e di guerra, tanto
più impellente diventa il compito di trovare a tutti i costi rimedi
anche solo provvisori e d'emergenza almeno agli effetti più gravi della
crisi: assicurare i beni e i servizi necessari per una vita dignitosa
anche a quella parte della popolazione che ne è privata; fare in modo
che ogni adulto possa svolgere un lavoro utile e dignitoso e che ogni
individuo possa partecipare al meglio delle sue attuali capacità alla
vita sociale, cioè alla lotta per trasformare la società; riconvertire
le aziende inquinanti a una produzione utile e salubre; tenere aperte le
aziende che i capitalisti vogliono chiudere, delocalizzare o ridurre e
riaprire quelle che hanno già chiuso; indurre l'Amministrazione Pubblica
e le aziende capitaliste ad estendere il loro campo di attività; creare
le nuove aziende necessarie a salvaguardare il territorio dalle
devastazione, dal saccheggio e dall'inquinamento e a fornire alla
popolazione tutti i servizi utili a una vita civile.
Oggi la direzione generale del nostro paese è nelle mani di un governo
della borghesia e del clero che non vi provvede, anzi spreme la massa
della popolazione, emargina una parte della popolazione dalla vita
sociale e saccheggia il paese a beneficio dei re della finanza e degli
speculatori, italiani e del resto del mondo.
Le masse popolari devono e possono provvedere direttamente, anche se
dato lo stato da cui partono inizierebbero in ordine sparso e con
iniziative per lo più piccole. Ma vi possono provvedere se si lanciano
in avanti con forza e generosità dovunque la mobilitazione e
l'organizzazione delle masse popolari sono già sufficienti per farlo, e
si organizzano dove non lo sono ancora in misura sufficiente. Devono
però fare questo non creando nicchie e cercando soluzioni "fai da te" di
fronte alla crisi del capitalismo. Nicchie e soluzioni "fai da te" non
reggerebbero a lungo di fronte all'aggravarsi della crisi del
capitalismo e frazionerebbero le masse popolari in parti contrapposte
l'una all'altra, indebolendole tutte di fronte alla borghesia e al
clero. Lo devono fare moltiplicando, anche tramite la lotta per
costruire rimedi provvisori, il numero delle OO e OP, accrescendo il
loro coordinamento territoriale e tematico, rafforzando e concretizzando
la loro determinazione a costituire un loro governo d'emergenza, il
Governo di Blocco Popolare che operi in tutto il paese secondo il
programma delle Sei Misure Generali e collabori con gli altri paesi a
porre fine alla crisi generale. Non costruire nicchie illusi di
sottrarsi alla crisi del capitalismo, ma costruire ogni iniziativa come
uno strumento di guerra (al modo di casamatta, di gruppo di
combattimento, ecc.), che moltiplicandosi e coordinandosi portano la
guerra delle masse popolari contro la borghesia e il clero a un livello
superiore.
Le elezioni del 24 e 25 febbraio hanno creato una situazione più
favorevole all'attuazione di questo piano di lotta e di sviluppo. Esse
hanno portato sulla scena politica italiana il Movimento 5 Stelle di
Beppe Grillo e lo hanno messo in una posizione tale per cui o si mette
alla testa di un Comitato di Salvezza Nazionale (che a differenza del
GBP i suoi promotori possono costituire anche solo per loro decisione)
accelerando così il nostro piano o diventa la foglia di fico che
dovrebbe coprire le vergogne della Repubblica Pontificia in modo più
efficace di quanto lo possa ancora fare la banda Berlusconi. Ma con la
differenza che il M5S e Beppe Grillo hanno un retroterra del tutto
diverso da quello della banda Berlusconi, hanno raccolto consensi e voti
facendo leva sull'indignazione delle masse popolari di fronte agli
effetti della crisi del capitalismo e difficilmente potrebbero essere
utilizzarli per eluderla. Comunque le elezioni del 24 e 25 febbraio
hanno posto all'ordine del giorno la formazione di un CSN e anche se
questo non sarà formato hanno fatto fare un passo avanti all'attuazione
del nostro piano. Se Beppe Grillo e il suo M5S lo costituiranno,
l'attuazione del nostro piano di lotta e di sviluppo procederà molto più
celermente. Se non lo costituiranno, sia pure più lentamente lo
attueremo comunque, perché nelle circostanze è l'unico piano realistico
che fa fronte ai problemi immediati creando nello stesso tempo le
condizioni per la soluzione di prospettiva, il socialismo.
_ESAMINIAMO QUINDI COME SUPERARE UNO DEGLI OSTACOLI MAGGIORI CHE LE OO E
OP INCONTRANO AD ATTUARLO: DOVE TROVARE I SOLDI PER FINANZIARE LE LORO
INIZIATIVE PER FORZA DI COSE PARZIALI, TRANSITORIE E PRECARIE?_
Consideriamo un caso piccolo ma esemplare. I Disoccupati Organizzati di
Cecina (Livorno) il 15 febbraio scorso hanno fatto uno "sciopero alla
rovescia": la manutenzione del muro della villa comunale Guerrazzi
(l'Amministrazione Comunale la lascia andare in rovina). Su _La Nazione_
del 16 febbraio raccontano che avevano portato gli arnesi ma non hanno
potuto riparare il muro, perché non avevano i soldi per comperare la
calce. Per di più, aggiungiamo noi, lo sciopero alla rovescia si fa per
dimostrare che il lavoro da fare c'è; ma anche negli scioperi alla
rovescia il lavoro deve poi essere pagato: solo i ricchi possono
lavorare gratis (perché altri lavorano per loro). Se non si provvede a
questo, la forma di lotta non può svilupparsi su larga scala.
Il 15 febbraio si è posto ai Disoccupati Organizzati di Cecina il
problema che si pone e si porrà ogni volta che in un paese ancora basato
su un'economia mercantile monetaria le masse popolari organizzate si
lanceranno in un'iniziativa, piccola o grande che sia: dove trovare i
soldi per comperare attrezzi e materie prime e pagare i salari? Ne
abbiamo trattato in esteso nel Comunicato CC n. 34/2012 del 27.09.2012
disponibile sul sito del (n)PCI -
http://www.nuovopci.it/voce/comunicati/com2012/com.12.09.27.html . La
risposta è semplice: bisogna obbligare le banche a finanziare ogni
attività utile e dignitosa decisa dalle masse popolari organizzate!
Se i Disoccupati Organizzati di Cecina e i loro sostenitori avessero
preso di forza la calce e quant'altro necessario in un supermercato o in
un deposito, certamente a molti la cosa sarebbe sembrata giusta.
Obbligare una banca ad aprire un credito con cui comperare quanto
necessario e pagare il lavoro fatto, è in sostanza la stessa cosa: la
differenza sta nell'aria di sacro e nel presidio di polizia che
proteggono le banche più dei supermercati e dei depositi di materiali.
Quindi è solo una questione di abitudine (di mentalità) e di rapporti di
forza. Bisogna semplicemente superare in noi la prima e trasformare i
rapporti di forza con la mobilitazione delle masse popolari come si fa
in ogni lotta immediata.
Per tenere aperte le aziende che i capitalisti vogliono chiudere,
delocalizzare o ridurre, per riaprire quelle che hanno chiuso, per
crearne di nuove, occorre indurre con le buone o le cattive le banche ad
aprire il credito necessario a pagare fornitori e salari. Bisogna
imporre alle banche di fare ad ogni azienda crediti _in euro_ secondo le
esigenze della produzione aziendale, delle dimensioni necessarie per
finanziare acquisti e salari: cosa che gli operai organizzati (e le
masse popolari organizzate) possono imporre direttamente ai dirigenti
delle banche facendo leva anche sugli impiegati bancari e che il GBP
(quando sarà costituito) imporrà anche per legge, come funzione
universale delle banche.
Da quando il 15 agosto del 1971 il Governo Federale USA (presidente R.
Nixon) ha unilateralmente stracciato l'Accordo di Bretton Woods
(1944),(**) il denaro non è più costituito _né direttamente né
indirettamente_ (tramite banconote _convertibili - _cioè che
rappresentano ognuna una quantità fissa di un bene di cui il possessore
della banconota può venire in possesso presentando la banconota a chi
l'ha emessa) da un bene-merce particolare (oro, argento, ecc.). Quindi
da più di 40 anni il denaro _sia nei singoli paesi sia
internazionalmente_ è solo credito bancario: credito fatto dalle singole
banche e dalle banche centrali.
(**) Il pilastro dell'Accordo di Bretton Woods era l'intesa che il
governo USA si impegnava a cambiare in oro ogni dollaro (banconota o
scrittura bancaria) al cambio fisso di 36$ = 1 oncia (31.1grammi) d'oro
ad ogni richiesta delle Banche Centrali degli altri paesi aderenti (ma
non del pubblico) e che queste si impegnavano a cambiare ognuna, su
richiesta del pubblico, in dollari (banconote o scritture bancarie) la
propria moneta a un cambio stabile ma rivedibile, fissato di comune
accordo nell'ambito del FMI e della Banca Mondiale.
Nel 1971 gli USA, che a partire dal 1944 grazie all'Accordo avevano
creato l'enorme quantità di dollari necessaria per sottomettere
finanziariamente, economicamente e politicamente il resto del mondo e
dissuaso le banche centrali dal chiederne il cambio in oro, annunciarono
unilateralmente che non avrebbero più cambiato i dollari in oro (al
cambio fisso di 1 oncia (31.1grammi) d'oro ogni 36$) neanche alle banche
centrali dei paesi aderenti all'Accordo. L'oro diventava quindi una
merce come ogni altra, il cui prezzo in dollari (e in altre monete)
variava secondo il mercato: non esistevano più banconote e scritture
bancarie convertibili, tutte le banconote e le scritture bancarie erano
basate sulla fiducia.
Il credito è però sostanzialmente una relazione di fiducia. Le masse
popolare organizzate possono avere credito per due vie principali.
1. Facendosi fiducia (credito) reciprocamente, accordandosi tra loro per
la produzione e la distribuzione dei prodotti (beni e servizi) tramite
loro proprie istituzioni (accordi, casse di mutuo soccorso, banche
etiche, camere di compensazione analoghe alle banche del tempo, ecc.):
cioè superando le relazioni proprie, specifiche dell'economia
mercantile. Sarà la via maestra della fase socialista della nostra
storia futura. Richiede principalmente una rete diffusa di OO e OP forti
e ben coordinate e di alto livello ideologico e politico.
2. Obbligando le istituzioni attualmente, nella società borghese,
preposte all'erogazione del credito (le banche) a fare credito alle
aziende (a quelle ancora capitaliste, a quelle dei lavoratori autonomi e
a quelle promosse da OO e OP).
Finché esistono le banche (ed esisteranno finché non avremo instaurato
il socialismo e poi abolito l'economia monetaria e mercantile), bisogna
obbligarle a fare il credito necessario alle attività decise dalle masse
popolari organizzate. Su questa base, sia detto qui per inciso, le OO e
OP costituiranno anche un ampio fronte di alleanze di classe contro i re
della banca e della finanza, gli speculatori e le loro autorità
politiche.
Occupiamoci quindi qui di seguito di quello che le masse popolari
organizzate devono far fare alle banche e come possono imporre ad esse
di fare il credito che attualmente non fanno non per ignoranza ma per
ben definite ragioni.
Il funzionamento delle banche in Italia avviene secondo leggi,
regolamenti, procedure e prassi abituali, cioè accettate e condivise
dalla comunità dei banchieri, dei finanzieri, dei ricchi e dei dirigenti
delle istituzioni bancarie, finanziarie e politiche italiane e della
Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e
sionisti. Ma le banche vi si attengono finché chi le dirige vi si
attiene. Già correntemente molti dirigenti si permettono varie libertà.
Il caso più recente è quello del Monte dei Paschi di Siena che si è
trovato allo scoperto di _alcuni MILIARDI_ di euro per iniziative che i
suoi dirigenti hanno preso forzando (diciamo eufemisticamente) leggi,
regolamenti e prassi abituali. Ma è solo un caso tra tanti.
Certo in questi casi i dirigenti hanno violato leggi e regolamenti e
forzato abitudini per fare profitti, ognuno spinto dall'avidità di
accumulare denaro: cosa che gli altri loro colleghi italiani e del resto
del mondo "capiscono", "comprendono" e cercano di imitare quando hanno
le condizioni adatte.
L'iniziativa degli operai e delle masse popolari organizzate che forza
le agenzie bancarie a fare crediti, introdurrà invece la violazione e la
forzatura di leggi, regolamenti e prassi abituali, per esigenze della
produzione di beni e servizi. Sarà quindi un'operazione di forza e
conflittuale compiuta dalle classi a cui i signori del sistema
imperialista non concedono di farne di violazioni e forzature di quel
genere. Ma per gli operai e le masse popolari meglio questo conflitto
con i signori del sistema imperialista e i loro portavoce e agenti, che
la miseria, la precarietà, le proteste autolesioniste e per lo più
inefficaci.
In sintesi, gli operai e la masse popolari organizzate con la loro
azione di forza imporranno ai banchieri la preminenza della produzione
di beni e servizi sull'accumulazione di denaro, di titoli di credito e
di capitale (accumulazione la cui _completa_ eliminazione non può essere
immediata neanche appena avremo costituito il GBP: sarà uno degli
aspetti della lotta con cui andremo verso l'instaurazione del
socialismo). Questa violenza, questa lesione alla libertà di banchieri,
finanzieri, speculatori e dirigenti delle istituzioni del sistema
imperialista mondiale, questa intrusione degli operai e delle masse
popolari organizzati nel loro monopolio, sconvolgerà il loro mondo e
susciterà le loro reazioni furiose e indignate: anzitutto delle
istituzioni della Repubblica Pontificia, in seconda istanza delle
istituzioni della Comunità Internazionale.
_COME FAR FRONTE A QUESTE REAZIONI FURIOSE?_
Esaminiamo il problema con cura maggiore di quanto fatto nelle pagine
precedenti.
_IN PRIMO LUOGO_ le masse popolari dovranno far fronte alle istituzioni
della Repubblica Pontificia. Possono e devono farci fronte come vi fanno
fronte quando occupano un'azienda, fanno una "spesa proletaria", non
pagano biglietti e tickets, violano altre leggi, regolamenti e ordini
delle autorità della Repubblica Pontificia. Di fatto aumenteranno
l'ingovernabilità del paese da parte del governo della Repubblica
Pontificia. Sarà una delle vie (tra le otto indicate nell'_Avviso ai
Naviganti 7_ già citato) con cui la faranno crescere fino a far ingoiare
ai vertici della Repubblica Pontificia la costituzione del GBP: che
beninteso la ingoieranno come soluzione provvisoria, per guadagnare
tempo, recuperare forze e ritornare padroni della situazione.
_IN SECONDO LUOGO_ le masse popolari dovranno far fronte alle
istituzioni della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti
europei, americani e sionisti. Ma farci fronte non è impossibile.
Vediamo tre terreni su cui possiamo manovrare.
- 1. Loro minacceranno di tagliare i rapporti con le banche italiane che
concedono crediti alle masse popolari organizzate. Ma queste banche sono
legate a tutto il sistema delle istituzioni bancarie e finanziarie della
Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e
sionisti da una fitta rete di relazioni d'affari correnti e di manovre,
da migliaia di relazioni di debito e credito che si materializzano in
titoli finanziari del debito pubblico e del debito privato che insieme
ammontano a molte migliaia di miliardi di euro, una parte importante del
"mercato finanziario" mondiale. In una delle sue imprese, Monte dei
Paschi di Siena era connessa alle banche giapponesi (banca Nomura) e
tedesche (Deutsche Bank) dai titoli Santorini e Alexandria: ed è solo un
piccolo spiraglio sulla realtà della rete fitta e complicata di
interessi, affari e truffe che lega ogni banca italiana al sistema
bancario e finanziario internazionale. Rompere i rapporti con le banche
italiane vorrebbe dire per le istituzioni bancarie e finanziarie della
Comunità Internazionale rinunciare ai crediti che ognuna di esse e
alcuni loro clienti vantano verso le banche italiane e ridurre a carta
straccia titoli per varie migliaia di miliardi di euro dello Stato e
delle aziende italiane. Hanno più da perdere che da guadagnare.
La banca che ha concesso e concede crediti sotto la pressione delle
masse popolari, sarà sottoposta a pressioni come lo sono oggi per il
loro Debito Pubblico gli Stati più deboli. Ma dichiararla fallita, sarà
per i signori del sistema imperialista europeo e americano un problema
come lo è far fallire uno Stato che non obbedisce alle loro ingiunzioni
(vedasi i casi Islanda, Argentina, Stati dell'ALBA, ecc.). Di inviare le
cannoniere a minacciare i debitori (come, quando la prima ondata della
rivoluzione proletaria non aveva ancora cambiato il mondo, facevano
regolarmente i governi delle grandi potenze - Gran Bretagna, Francia,
Germania, USA e altri) non è il caso e far fallire una banca che è pur
sempre un grande debitore, è un problema per i suoi creditori. Tanto più
che perfino le banche centrali (la FED, la BCE, le banche centrali di
Pechino, di Londra, del Brasile, dell'Inghilterra, del Giappone (BOJ),
ecc.) litigano già tra loro sulla quantità di credito che ognuna di esse
e le banche su cui "vigilano" concedono e sul controllo sulle altre
banche e istituzioni finanziarie, al punto che neanche tramite la Banca
dei Regolamenti Internazioni (BRI - Basilea) riescono più a mettersi
d'accordo. In conclusione hanno più loro da perdere a rompere con il
sistema bancario italiano che noi da temere da loro: loro perderebbero
tutto quello che pretendono da noi e dovrebbero mettersi d'accordo tra
loro a farlo perdere ad alcuni di loro e anche ad alcuni loro clienti
direttamente e personalmente coinvolti; noi dovremmo ricorrere di più a
_relazioni interne_ (di cui abbiamo detto sopra) e a _relazioni
internazionali_ (ne trattiamo di seguito) che prescindono dai rapporti
con le istituzioni bancarie e finanziarie della Comunità Internazionale.
E questa stessa sarà complessivamente messa in difficoltà dalle nostre
manovre: queste mettono in tensione la sovrastruttura finanziaria e
quando questa si sbriciola, riemerge il vecchio capitalismo in crisi
fatto di aziende che producono merci, ma ora nel contesto di dipendenza
reciproca a livello nazionale e internazionale oramai creato dalla
sovrastruttura finanziaria mondiale che è una novità storica.
Ecco, ed è un codicillo, perché sarebbe una sciocchezza uscire noi ora
dal sistema monetario dell'euro (per di più contrattando con loro la
nostra uscita per creare l'ALIAS con gli altri PIIGS o ricostituire la
lira), dato che basta che prendiamo l'iniziativa di manovrare noi
secondo i nostri interessi nel sistema dell'euro per trasformare il
sistema monetario dell'euro in una trappola a nostro favore per i
signori del sistema imperialista europeo, americano e sionista, in una
tela di ragno che li avviluppa! In realtà non abbiamo bisogno di un
altro sistema monetario: abbiamo bisogno di un governo d'emergenza delle
masse popolari organizzate (OO e OP), il GBP che ha come suo programma
le Sei Misure Generali di cui si tratta in dettaglio nell'_Avviso ai
Naviganti 7_ già citato.
- 2. Inoltre, ed è il nostro secondo terreno di manovra, gli operai e le
masse popolari italiani organizzati che prenderanno in mano la gestione
della loro azienda (e il GBP quando sarà costituito) potranno e dovranno
regolare una serie di questioni internazionali con tutti i paesi, anche
con quelli che con la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti
europei, americani e sionisti hanno un contenzioso aperto: dalla
Repubblica Popolare Cinese, alla Russia, all'Iran, ai paesi sudamericani
di ALBA e altri. Le potranno regolare sulla base di accordi di scambio,
collaborazione e solidarietà con le aziende, gli enti e le istituzioni
degli altri paesi disposti a farlo (è la sesta delle Sei Misure
Generali).
Se al comando delle relazioni internazionali ci sono i rapporti di
credito e debito, quindi l'accumulazione di denaro, di titoli finanziari
e di capitale, le relazioni tra paesi per forza di cose sono relazioni
di guerra, quelle che Marchionne ingenuamente ha proclamato ad alta
voce. Sono relazioni di concorrenza e di competizione: o relazioni di
sfruttamento e di oppressione o relazioni di soggezione (o dominare o
essere dominati).
Se al comando delle relazioni internazionali c'è la produzione di beni e
servizi, si tratta di stabilire tra paesi e istituzioni accordi e
regolamenti che consentano a tutti di produrre i beni e i servizi nella
quantità di cui sono capaci e di scambiarli in cambio della quantità di
cui hanno bisogno per una vita dignitosa secondo i migliori standard di
civiltà che la specie umana ha raggiunto.
Al livello raggiunto oggi dalle forze produttive, di beni e servizi se
ne possono produrre per tutti: è possibile produrre quantità
_praticamente_ _illimitate_ di beni e servizi. È il sistema di relazioni
sociali borghesi che ne limita la quantità, ne deteriora la qualità, fa
di essi una minaccia per gli uomini e l'ambiente. In questi ultimi
decenni la specie umana ha vinto la lotta che per millenni gli uomini
hanno condotto contro il resto della natura per strapparle quanto
necessario per sopravvivere e progredire. Questa lotta ha condizionato
la specie umana lungo tutti i millenni della sua esistenza: ha
determinato la sua divisione in classi sociali e la lotta tra di esse,
la successione dei vari modi di produzione. Questa lotta è oramai
_storicamente_ superata: cioè la specie umana possiede i mezzi e le
conoscenze necessarie per produrre quantità illimitate di beni e
servizi. L'insufficienza della produzione, dove sussiste è dettata solo
da questioni inerenti l'organizzazione sociale della specie umana stessa
(la sopravvivenza della divisione in classi sociali e quindi la lotta di
classe, il modo di produzione capitalista che subordina produzione e
distribuzione di beni e servizi al profitto del capitalista, i sistemi
di relazioni sociali e il sistema di relazioni internazionali fondati
sul sistema di produzione capitalista). Ci sono quindi ampi margini per
creare relazioni internazionali di scambio, collaborazione e solidarietà
con i paesi oppressi dalla Comunità Internazionale e le loro aziende e
associazioni, con i paesi che hanno contenziosi aperti con la CI, con le
aziende e le associazioni degli stessi paesi della CI.
- 3. Infine, abbiamo un terzo terreno di manovra ed è il terreno
decisivo. Banchieri, finanzieri, speculatori e uomini politici delle
istituzioni politiche, bancarie e finanziarie del sistema imperialista
mondiale non sono entità astratte, hanno nomi, cognomi e sedi, hanno
molto da perdere e hanno in ogni paese nemici numerosi: "il 99%".
Dovremo imparare ad allearci con questa maggioranza schiacciante, a
mobilitarla per risolvere i propri problemi. Cosa non scontata, non
facile, ma possibile. Perché tutti i paesi imperialisti sono sconvolti
dalla crisi del capitalismo (la crisi del capitalismo è _generale_) e in
ogni paese le masse popolari sono alla ricerca di una soluzione che la
borghesia imperialista non è in grado di fornire (la crisi del
capitalismo è finanziaria ma anche strutturale). Il primo paese che
romperà le catene del sistema imperialista mondiale, mostrerà la strada
anche alle masse popolari degli altri paesi, analogamente a come
all'inizio del XX secolo la vittoria della rivoluzione socialista in un
paese decise del corso delle cose in tutto il mondo, proprio perché per
sua natura la rivoluzione socialista è la rivoluzione di cui hanno
bisogno le masse popolari di tutto il mondo. La risposta che darà alla
crisi del capitalismo il primo paese imperialista che imboccherà la via
della rivoluzione socialista è per sua natura contagiosa e la
rivoluzione socialista che si sviluppa nei singoli paesi imperialisti è
l'unica sicura misura di prevenzione della guerra tra essi.
Abbiamo quindi tre ampi terreni di manovra, che si aggiungono alla
trasformazione delle relazioni interne (superamento delle relazioni
commerciali) che rendono possibile, praticabile, realistico il piano di
sviluppo che noi comunisti proponiamo a pratichiamo. A quanti fanno
obiezioni chiediamo, e operai avanzati ed elementi avanzati delle masse
popolari devono chiedere, di esporre analiticamente e dettagliatamente
le loro obiezioni al nostro piano di sviluppo e di mostrare le
condizioni che renderebbero possibile e di prospettiva (e di quale
prospettiva) i loro piani. Basta con le nebbie con cui avvolgono piani e
progetti buttati sul tavolo alla rinfusa e argomentati con mille parole
ma nessun argomento serio. Rovesciamo questo tavolo di chiacchiere e di
carte! Vediamo cosa hanno di serio e di prospettiva!
_CONCLUSIONI_
Da quanto fin qui detto emerge che _le masse popolari organizzate_
(quindi le masse popolari in misura però tanto maggiore quanto maggiore
è il loro livello d'organizzazione) sono in grado di imboccare una
strada che le libera dal capitalismo e dalla sua crisi finanziaria e
strutturale. Per imboccarla hanno bisogno di un centro di mobilitazione
abbastanza autorevole perché ognuno che è disposto a battersi, abbia la
ragionevole certezza che il suo sforzo sarà reso efficace dalla sua
combinazione con lo sforzo di altri. Il Comitato di Salvezza Nazionale e
i Comitati di Salvezza Nazionale a livello locale costituiscono questo
centro autorevole.
Viceversa la borghesia e il clero non solo non possono porre fine alla
crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale (per questo dell'origine
e della causa di questa, ossia della crisi strutturale del capitalismo,
qui non trattiamo in dettaglio, ma rimandiamo all'_Avviso ai Naviganti
8_ già citato), ma non sono in grado neanche di regolamentare nuovamente
il capitale finanziario, di ritornare a una situazione sostanzialmente
analoga a quella da cui è partita la nostra "ricostruzione sintetica",
di porre fine alla crisi finanziaria.
Vediamone ora, a conclusione di questo scritto, le ragioni di questa
loro impotenza.
Tutti i membri della borghesia imperialista e i loro dintorni sono
coinvolti nella speculazione: si distinguono solo in ogni momento tra
_vincenti_ che hanno accumulato fortune e _perdenti_ che sono rimasti
con crediti (titoli finanziari) inesigibili, con titoli che diventano
denaro solo vendendoli a prezzi stracciati: a quelli che contano di
guadagnarci sopra, subito o domani o dopodomani, a quelli che contano di
rifilarli alle Banche Centrali o ai Tesori statali in qualcuno dei
salvataggi che reclamano a gran voce "per uscire dalla crisi", "per
salvare l'economia dalla crisi". Infatti il gioco della speculazione
continua. Nonostante la crisi, ogni giorno nelle Borse si fanno scambi
per decine e decine di miliardi di euro.
Nessuna Autorità del regime riesce a calmare i suoi soci e complici. Il
gioco è scappato di mano. Si sono ingolfati in una guerra da cui non
riescono più a uscire, perché in ogni momento, qualcuno che ha investito
miliardi li perderebbe se il gioco si fermasse in quel momento. Ognuno
degli speculatori vuole che il gioco si fermi quando lui ha guadagnato
quanto sperava. Ma in quel momento altri perdono e non possono accettare
che il gioco si fermi. Quando un borghese, un'Autorità, un prelato grida
che il gioco deve fermarsi, i suoi soci sghignazzano: sanno bene che
grida perché in quel momento ha in mano il bottino. Chi predica la
ragionevolezza, la predica agli altri. Come in guerra chi predica la
resa. Papa Ratzinger andava in giro fustigando il "desiderio smodato di
denaro" delle sue pecorelle e da marzo 2013, quando ne ha preso il
posto, papa Bergoglio cerca di farlo con maggiore credito e seguito: ma
chiedetegli conto dello IOR e dei tesori del Vaticano, delle sue
congregazioni religiose e dei suoi istituti! Neanche l'IMU vogliono
pagare!
Finché gli speculatori condurranno il gioco, il gioco non si fermerà,
continuerà ad allargarsi, il capitale finanziario continuerà a crescere
e produrrà danni maggiori!
L'economia reale i capitalisti l'hanno finora tenuta in piedi proprio
grazie alla speculazione e alla guerra (al riarmo). Per fermare il
gioco, bisogna togliere ai capitalisti anche l'economia reale e abolire
il capitalismo! Le misure contro il capitale finanziario promosse dalle
OO e OP e dal loro GBP sono realistiche e attuabili perché sono misure
di guerra!
Le banche hanno stretto il credito, le banche e le Borse non cambiano in
denaro i titoli finanziari a chi ha bisogno di denaro per acquistare
beni e servizi, per investimenti, come circolante, per il consumo. Le
Autorità del sistema imperialista spalleggiano i banchieri anziché o
obbligarli a svolgere il loro compito o nazionalizzare le banche senza
indennizzi e assumerne la gestione, prendere il loro posto.
Il rimedio alla stretta del credito e alla mancanza di liquidità
apparentemente è semplice: _nazionalizzare senza indennizzo le banche ed
esercitare direttamente il credito_. Ma è un rimedio che i capitalisti
non possono prendere. Perché? Il rimedio è semplice e pare cosa di buon
senso. Ma provate a immaginare una così semplice misura presa dalle
Autorità attuali: ricchi tra i ricchi, speculatori tra gli speculatori,
gente di casa con banchieri, prelati, generali, alti funzionari, ricchi
e notabili. Sarebbe peggio che affidare Alitalia a Colaninno, che quando
faceva il "capitano coraggioso" spalleggiato da D'Alema si è fatto una
fortuna con Telecom Italia (l'ex SIP, prima manipolata da De Benedetti e
poi passata a Tronchetti Provera)!
Chi dovrebbe nazionalizzare senza indennizzo le banche? Chi dovrebbe
espropriarle? Chi dirigerebbe le banche espropriate senza indennizzo -
sarebbero peggio dei beni espropriati ai mafiosi nelle zone controllate
dalla mafia, su cui solo i mafiosi e i loro amici e complici possono
mettere mano! A chi farebbero credito i nuovi banchieri? Chi si
rassegnerebbe a perdere senza indennizzo le sue ricchezze cui è
attaccato più che alla propria vita e ai suoi cari?
Indennizzarli, allora? Se si trattasse solo di dar da vivere
dignitosamente a qualche centinaia di migliaia di ex speculatori,
banchieri, generali, prelati, notabili e ricchi, potrebbe sembrare
ingiusto, ma tuttavia perfino una misura di buon senso, pur di uscire
dalla crisi attuale ed evitare quello che essa ci prepara. Ma stiamo
parlando di cifre di altro ordine di grandezza di quelle necessarie per
vivere dignitosamente. Non si tratterebbe di dar loro da vivere:
indennizzarli vorrebbe dire rimettere nelle loro mani in altra forma
quello che gli si toglie. I soldi dell'indennizzo non si distinguono
dagli altri.
Con i soldi di chi indennizzarli? A che prezzo indennizzare le loro
banche e i loro fondi? Al prezzo che offrono oggi i ribassisti o al
prezzo di ieri? Cosa farebbero banchieri, speculatori, capitalisti e
ricchi con i soldi dell'indennizzo? Gli indennizzati sono capitalisti,
vogliono che i soldi che ricevono come indennizzo fruttino, quindi li
devono impiegare come capitale. Indennizzarli vorrebbe dire montare un
vortice speculativo doppio dell'attuale da cui vogliamo uscire.
Quando negli anni '60 in Italia il centro-sinistra nazionalizzò con
indennizzo l'energia elettrica, con il denaro fresco dell'indennizzo gli
indennizzati costruirono un impero maggiore nella chimica e nella
farmaceutica (allora non eravamo ancora entrati nella fase speculativa).
Quando nel 1981 in Francia Mitterrand (seguendo finalmente gli obblighi
previsti nella Costituzione francese) nazionalizzò i grandi monopoli
bancari e industriali, con il generoso indennizzo gli espropriati si
diedero alla speculazione finanziaria contro il Tesoro e la Banca
Centrale francesi. Mitterrand nel giro di un anno si trovò di fronte al
dilemma: o espropriarli nuovamente e questa volta completamente e senza
indennizzo o fare marcia indietro. Fece marcia indietro, perché era uno
di loro, come gli uomini politici, gli alti funzionari e i generali che
lo circondavano!
Con i soldi degli indennizzi gli attuali titolari delle banche, delle
società finanziarie e dei fondi espropriati tornerebbero a fare quello
che stanno facendo e bloccherebbero nuovamente il credito e la liquidità
all'economia reale. Ogni capitalista e ogni azienda capitalista ha soldi
nei fondi d'investimento, nei fondi speculativi, nelle banche, nelle
finanziarie. Come salvare l'economia reale e porre fine alla
speculazione, lasciando contemporaneamente le aziende dell'economia
reale nelle mani dei capitalisti?
Finché l'economia reale è in mano alla stessa classe a cui appartengono
banchieri e speculatori se non direttamente a questi stessi, aprendo il
credito e creando liquidità al massimo si cambia la situazione per un
giorno o due. Infatti vuol dire alimentare anzitutto gli speculatori,
perché ogni capitalista è speculatore o legato agli speculatori.
Metterete un poliziotto a controllare ogni capitalista che ha un'azienda
perché non speculi? E poi metterete un secondo poliziotto a controllare
che il primo non si lasci corrompere dal capitalista? E poi ne metterete
un terzo e così via di seguito? E i capitalisti farebbero gli
imprenditori, i direttori, gli amministratori, sotto controllo di un
poliziotto? Quale poliziotto sarebbe capace di capire i loro affari e
distinguere i loro trucchi? Berlusconi non aveva forse assoldato mezza
Guardia di Finanza per fare le sue speculazioni? E l'altra metà non era
forse alla caccia della prima, per prendere il suo posto?
Il ciclo infernale della ricchezza e della corruzione, del ricco che
corrompe il controllore, può essere tagliato solo in una società senza
capitalisti e senza ricchi, dove ogni adulto svolge un lavoro
socialmente riconosciuto come produttivo e in base a questo riceve
quanto necessario a vivere dignitosamente, dove quindi il denaro non può
più funzionare come capitale e nessuno può vivere senza lavorare. Il
potere proletario, gli operai organizzati possono fare tutto questo e
stroncare ogni sabotaggio e boicottaggio. Ecco perché noi comunisti
siamo sicuri che la costituzione del GBP porterà all'instaurazione del
socialismo. Ecco perché noi comunisti siamo fautori della dittatura del
proletariato.
Ecco perché per porre fine a questa crisi ci vuole un potere
inflessibile con i ricchi e con quelli che fin qui erano abituati a
comandare e ad aggirare le leggi che non gli comodano, a farsi servire e
a vivere alle spalle degli altri. Non un potere come l'attuale, truce e
feroce con le masse popolari, tanto più quanto più disgraziati sono
quelli che gli capitano tra le mani e che invece con i ricchi, i
prelati, gli ufficiali, i capitalisti al massimo usa la persuasione
morale (la _moral suasion_!), perché loro "mica si può obbligarli a
lavorare con la pistola puntata", "se non gli conviene, non lavorano,
delocalizzano, chiudono bottega" (come ben spiegava Keynes ai lavoratori
inglesi alla vigilia della II Guerra Mondiale, per convincerli che loro
e non i capitalisti e i ricchi dovevano finanziare la guerra, oltre che
combatterla)! Un simile potere al servizio dei lavoratori e inflessibile
con i parassiti e gli speculatori, i lavoratori organizzati lo possono
costituire: è la dittatura del proletariato. La borghesia e il clero non
lo costituiranno mai.
Per abolire il capitale finanziario e le disgrazie che esso porta alle
masse popolari, bisogna abolire il modo di produzione capitalista, cioè
instaurare il socialismo. Un intellettuale che si dice anticapitalista
senza sapere cosa si deve e si può mettere al posto delle imprese
capitaliste che producono beni e servizi per fare profitti (per
valorizzare il proprio capitale) si dà la patente di chiacchierone o di
imbroglione. L'unica forma efficace e sincera di essere anticapitalista
per un intellettuale è sostenere la lotta per instaurare il socialismo.
Ma le masse popolari non sono fatte di intellettuali: non godono degli
strumenti e delle condizioni necessari per una comprensione scientifica
del corso delle cose. Per la condizione in cui le confina la società
borghese, esse comprendono giustamente il corso reale delle cose solo
grazie all'esperienza diretta e all'azione di direzione e di propaganda
svolta dai comunisti (la borghesia e il clero cercano sistematicamente
di impedire che esse lo comprendano giustamente). Quindi noi comunisti
oggi dobbiamo portare le masse popolari a prendere le misure più
efficaci alla loro portata (dialettica spontaneità - direzione) per far
valere i loro interessi che le autorità negano e dare loro i mezzi
organizzativi e intellettuali per farlo, mezzi che la società borghese
nega loro. Questo è in primo luogo il ruolo di noi comunisti.
MANCHETTE
LA CRISI ATTUALE È
UNA CRISI STRUTTURALE: DELLA VALORIZZAZIONE DEL CAPITALE NELLA
PRODUZIONE DI BENI E SERVIZI FATTA DALLA RETE DI AZIENDE CAPITALISTE
UNA CRISI GENERALE: COINVOLGE TUTTI I PAESI DEL MONDO
UNA CRISI SISTEMICA: SCONVOLGE IL SISTEMA DI RELAZIONI SOCIALI DI OGNI
PAESE E IL SISTEMA DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI
SE VUOI FARE COMMENTI PROPOSTE O CRITICHE UTILIZZA QUESTO LINK [2]
_**************_
_ Per mettersi in contatto con il Centro del (n)PCI senza essere
individuati e messi sotto controllo dalla Polizia, una via consiste
nell'usare TOR [vedere _
http://www.nuovopci.it/corrisp/risp03.html
[10]_], aprire una casella email con TOR e inviare da essa a una delle
caselle del Partito i messaggi criptati con PGP e con la chiave pubblica
del Partito [vedere _
http://www.nuovopci.it/corrisp/risp03.html
[10]_]._
[2]
Se vuoi fare commenti proposte o critiche utilizza questo link [2]
Links:
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[1]
http://www.nuovopci.it/index.html
[2]
https://nuovopci.wordpress.com
[3]
http://www.nuovopci.it/voce/voce45/indvo45.html
[4]
http://www.nuovopci.it/dfa/avvnav35/Avv_Nav_35_Capitale_finanziario_e_fine_del_capitalismo.odt
[5]
http://www.nuovopci.it/dfa/avvnav35/Avv_Nav_35_Capitale_finanziario_e_fine_del_capitalismo.pdf
[6]
http://www.nuovopci.it/dfa/avvnav35/Avv_Nav_35_Capitale_finanziario_e_fine_del_capitalismo.doc
[7]
http://www.nuovopci.it/voce/voce44/indvo44.html
[8]
http://www.nuovopci.it/evidenza/index.html
[9]
http://www.nuovopci.it/dfa/avvnav08.html
[10]
http://www.nuovopci.it/corrisp/risp03.html