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Aihe: [NuovoLab] un po' di rassegna stampa contro sciopero trasporto pubblico firenze/pisa
Il twitter istituzionale del Comune di Firenze contro i lavoratori in sciopero
Postato giovedì 5 dicembre 2013 e inserito in Politica, Diritti. Puoi seguire i commenti a questo articolo attraverso i feed RSS 2.0. Puoi lasciare un commento, o fare un trackback dal tuo sito.


ataf5“Il nervosismo di Renzi sulla situazione politica nazionale che sembra abbattere le sue ambizioni carrieristiche non dovrebbe avere riflessi sulla gestione della comunicazione istituzionale di Palazzo Vecchio. Sembra invece che un’ansia da prestazione, difensiva e controproducente per l’immagine del Comune di Firenze stia prendendo la mano a gestori dell’account istituzionale di Twitter @comunefi. Se è corretto offrire informazioni di servizio ai fiorentini, come ad esempio il menù servito nelle scuole o l’interruzione della viabilità nel sottopasso di via Talenti o l’avvio dei lavori di ristrutturazione del Mercato Centrale appare strumentale e persino dannoso dei rapporti tra istituzione e cittadinanza entrare a gamba tesa sul merito dello sciopero indetto oggi dai lavoratori di Ataf in difesa dei loro diritti”. Lo ha detto oggi Ornella De Zordo commentando l’eccentrico comportamento dell’account. Ha poi continuato così:
“Cinguettii arbitrari come:
@comunefi “#Ataf dal 2001 al 2009 ha avuto perdite per 42milioni di euro. Oggi non costa un euro in più ai fiorentini”;
@comunefi “#Ataf, lo sciopero arriva a un anno dalla privatizzazione: nessun posto di lavoro perso, non un centesimo in meno in busta paga”;
@comunefi “#Ataf, nel 2006 il biglietto era il più caro d’Italia, ora il meno caro del CentroNord. Dopo privatizzazione prezzi invariati”;
@comunefi “Nessuna linea tagliata con la privatizzazione, ma in precedenza per tagli del governo”;
sono messaggi di parte, politici, e non sono di pubblica utilità come le normativa nazionale prevede per la comunicazione delle Pubbliche Amministrazioni.
Questi messaggi, ripetiamo dalla valenza politica, aprono un conflitto diretto con i lavoratori dell’azienda dei trasporti fiorentina che oggi compiono un sacrificio economico per vedere rispettata, ad esempio, la legge regionale sul trasporto pubblico locale che non permette lo spacchettamento della società come invece voluto dal sindaco Renzi e dall’assessore Bonaccorsi. Se questi due amministratori vorranno intervenire potranno farlo direttamente dai loro account, come peraltro ben sanno fare.
Invitiamo pertanto i responsabili dell’account @comunefi a smettere di tifare per le ragioni del sindaco e a tornare a fare comunicazione istituzionale di servizio come hanno dimostrato di saper fare in passato. Allo stesso tempo li invitiamo a rispettare il testo fondamentale che norma la materia della comunicazione pubblica, quella legge 150/2000 che disciplina e separa le attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni e che giustamente divide la comunicazione politica da quella della macchina amministrativa. Sempre che l’obiettivo dell’account istituzionale @comunefi sia migliorare le relazioni con i cittadini informandoli in maniera neutra su progetti, eventi, disservizi dell’amministrazione locale”.
- See more at: http://altracitta.org/2013/12/05/il-twitter-istituzionale-del-comune-di-firenze-contro-i-lavoratori-in-sciopero/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=il-twitter-istituzionale-del-comune-di-firenze-contro-i-lavoratori-in-sciopero#sthash.lZ8mwLzX.dpuf

Ornella De Zordo Per Un'Altra Città

Ataf, oggi come ieri con i lavoratori contro lo spacchettamento illegale

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05 Dicembre 2013 12:56

Lo spacchettamento in tre di Ataf, giudicato illegale da un pool di avvocati perché confliggente con la legge regionale 42 sul trasporto pubblico locale, rende ancora più fallimentare la perniciosa privatizzazione voluta da Matteo Renzi lo scorso anno.

Oggi i lavoratori e le lavoratrici continuano la loro lotta in difesa dei loro diritti e in difesa del diritto dei cittadini ad avere un trasporto pubblico che sia veramente tale, lontano dagli appetiti delle società per azioni private che, come dimostra ormai una letteratura infinita, provoca solo danni alla comunità locale. E insieme a loro ci sono i lavoratori di Roma e di Genova, mentre si stanno estendendo le lotte contro la privatizzazione del trasporto pubblico locale anche in altre città.

Per questo perUnaltracittà è scesa ggi in piazza con i lavoratori di Ataf e invita i fiorentini a sostenerli. Questa di Ataf è infatti una vertenza che assume un ruolo non solo pratico (contratti scaduti da 6 anni e peggioramento delle condizioni di lavoro) ma anche simbolico nello smontare la cultura privatizzatrice che è ormai diventata un portato diffuso della giunta Renzi. - See more at: http://www.perunaltracitta.org/politica/ataf-oggi-come-ieri-con-i-lavoratori-contro-lo-spacchettamento-illegale#sthash.OmBDAlIH.dpuf

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www.firenze.repubblica.it


Stop selvaggio e passeggeri furiosi città senza bus, oggi si rischia il bis
Riunione in prefettura, nella notte l’assemblea degli autisti
Lo sciopero Ataf
ILARIA CIUTI

SCIOPERO selvaggio ieri all’Ataf. Saltate le fasce di garanzia, non circola mai un bus, la città rimane totalmente a piedi. Tra le proteste di chi aspetta nelle ore in cui la legge li assicurerebbe, le code ai taxi e il muro di auto che ingorga soprattutto i viali. Oggi potrebbe ripetersi. Lo sciopero rischia di andare avanti a oltranza. La voglia ieri circolava e si diceva che lo avrebbe deciso l’assemblea convocata dopo cena. Tranne che nel pomeriggio inaspettatamente il prefetto Varratta convoca azienda e sindacati per tentare una mediazione, l’unica capace, in caso di riuscita, di allontanare il fantasma di un altro giorno a piedi. In prefettura la rsu (Cobas e Sul) chiede all’azienda il ritiro della disdetta dell’integrativo, dello spacchettamento e delle sanzioni per lo sciopero selvaggio, la conferma degli attuali giorni di riposo, in pagamento del premio di risultato, l’assunzione dei contratti a termine. Ma a sera tardi il tentativo si conclude con un niente di fatto. L’azienda non arretra, tranne che sulle assunzioni dei tempi determinati. Come rispondere lo deciderà l’assemblea nella notte,
ma le premesse non sono buone. Ieri succede che per lo sciopero di 24 ore indetto dalla rsu contro lo spacchettamento dell’azienda, la disdetta e la privatizzazione dell’azienda fatta un anno fa dall’amministrazione, gli autisti decidono, sull’onda di Genova, di lasciare i bus nei depositi anche nelle fasce obbligatorie: dalle 6 alle 9,15 e dalle 11,45 alle 15,15. Non accadeva dal 2003. Non riesce a rimandarli alla guida neanche il prefetto cui l’azienda aveva chiesto di precettarli. Non c’è il tempo per la precettazione, dice Varratta, ma alla delegazione di scioperanti salita da lui chiede senso di responsabilità e rispetto della legge. Niente da fare. Così la città resta a piedi. Alle fermate, durante la fascia di garanzia della mattina, si trovano solo facce spaesate per la sorpresa, o disperate o infuriate. Alla stazione di Santa Maria Novella una folla si contende il taxi, le auto si accatastano sulle strade. Alle dieci attraversa la città un corteo di centinaia di autisti diretti alla prefettura. Non solo del-l’Ataf, ce ne sono una cinquantina da Roma, quattro da Genova, alcuni da Bolzano, Milano, Foligno. Vogliono «un movimento nazionale contro le privatizzazioni del trasporto pubblico». Il corteo grida forte ma è ordinato. Attraversa, in andata e al ritorno, viale Matteotti, provocando, insieme alle gru che issano sugli alberi le lucine di Natale, lunghe code di auto. Ma nessuno blocca
il traffico.
Inizia al freddo e al buio la lunga giornata della rabbia degli autisti. Sono le quattro del mattino quando ci si trova in assemblea nei depositi di Peretola e delle Cure per decidere come gestire la protesta a cui aderiscono tutti, con tessere di qualsiasi sindacato o senza tessere. I confederali ripetono: rispettate le fasce di garanzia. Ma gli autisti decidono la guerra alla privatizzazione mai digerita: dai depositi non uscirà neanche un bus. Fanno eccezione due bus a Peretola, ma è una goccia nel mare. Sotto le pensiline delle fermate ci si dispera.
«Chissà come avrà fatto mia figlia ad andare a scuola», si domanda una mamma. Un altro: «Devo andare a lavorare. Ora cosa faccio? Prendo un giorno di ferie? Faccio chilometri a piedi e arrivo in ritardo?». Due pensionati volevano andare a ritirare la pensione «da fame», ma restano impietriti. «Non possiamo fare diversamente - dicono gli autisti - Difendiamo dai danni della privatizzazione anche i cittadini». Mentre la protesta si allarga. A Pisa è sciopero all’improvviso contro Cct Nord che, anch’essa, ha disdettato l’integrativo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Il presidente di Ataf Gestioni: non lo vogliono capire ma con tre aziende invece di una sola sarebbero garantiti di più
“Per lo spacchettamento troveremo un accordo ma su orari spezzati e meno riposi devono cedere”



«TORNEREMO a trattare. Lasciamo passare la tempesta e troveremo un accordo», è ottimista il presidente di Ataf Gestioni, Renato
Mazzoncini.
Come la mette però con l’accusa di illegalità mossa dai sindacati allo spacchettamento?
«Siamo del parere opposto e lo conferma il fatto che la Regione non sia intervenuta. Peraltro il ritorno delle quote a ciascuna delle tre aziende che hanno comprato Ataf Gestioni darebbe maggior sicurezza ai dipendenti. Passerebbero da un’azienda che ha un patrimonio minimo di 11 milioni diventati con le perdite di un anno compresi gli incentivi all’esodo di 40 dipendenti, circa 6, a tre aziende che complessivamente hanno un patrimonio di 80 milioni. Per non dire che la maggiore di queste, Busitalia che è al 100% delle Ferrovie, ha dietro le spalle i 36 miliardi di patrimonio delle medesime».
Gli autisti non sembrano d’accordo.
«Forse non ci siamo spiegati. Al di là di un po’ di “amarcord”, starebbero meglio. Per noi invece non è la questione principale. Non abbiamo problemi a proseguire con Ataf Gestioni se loro non sono d’accordo».
Potreste anche rimandare a
dopo la gara regionale?
«Potremmo».
E con la disdetta dell’integrativo come la mettiamo?
«Abbiamo assicurato il mantenimento dell’occupazione e del salario. Ma la produttività deve cambiare. Gli autisti si ostinano a rifiutare il turno spezzato, eppure
il trasporto pubblico si articola in ore di punta e ore di morbida. Il contratto nazionale prevede un nastro lavorativo di 12 ore, a Firenze è di 6,55 ore. Noi proponiamo una via di mezzo: 8 ore. Non mi sembra un dramma».
Volete ridurre anche i giorni di riposo.
«Ne hanno 19 in più del contratto
nazionale».
Già ma gli autisti protestano che guidare sulle buche delle strade di Firenze e senza bagni è più gravoso che altrove.
«Strade e bagni sono come nel resto d’Italia. Ha mai visto i bagni per gli autisti ai capolinea da nessuna
parte?»
E gli autisti che gli scioperanti definiscono «deportati»?
«Figuriamoci. Erano 35, tutti con il contratto a tempo determinato in scadenza: sarebbero rimasti a casa. Noi invece abbiamo offerto loro un posto fisso altrove, in altre aziende del gruppo a Bologna, Padova, Rovigo, in Germania. Nessuno d’altra parte era fiorentino, non aveva particolari ragioni di restare qui».
Resta la questione dei cittadini.
«Da quella che si definisce erroneamente privatizzazione, perché Busitalia, appartenendo alle Ferrovie, è al 100% del ministero del tesoro, i cittadini ci guadagnano. Il Comune non spende più per Ataf, che perdeva più o meno 6 milioni mentre il pareggio dell’anno scorso derivava solo dalla plusvalenza derivata dalla vendita dell’azienda; non spende più dalla loro fiscalità. Anzi guadagna 2,7 milioni l’anno affittandoci i depositi. E noi investiamo, come il Comune non avrebbe potuto. Ultima, la gara da 23 milioni per 100 bus nuovi, ben un terzo del parco circolante che altrimenti i fiorentini si sarebbero tenuti con una vecchiaia media di 11 anni».
(i.c.)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Stop selvaggio e passeggeri furiosi città senza bus, oggi si rischia il bis
Riunione in prefettura, nella notte l’assemblea degli autisti
Lo sciopero Ataf
ILARIA CIUTI



SCIOPERO selvaggio ieri all’Ataf. Saltate le fasce di garanzia, non circola mai un bus, la città rimane totalmente a piedi. Tra le proteste di chi aspetta nelle ore in cui la legge li assicurerebbe, le code ai taxi e il muro di auto che ingorga soprattutto i viali. Oggi potrebbe ripetersi. Lo sciopero rischia di andare avanti a oltranza. La voglia ieri circolava e si diceva che lo avrebbe deciso l’assemblea convocata dopo cena. Tranne che nel pomeriggio inaspettatamente il prefetto Varratta convoca azienda e sindacati per tentare una mediazione, l’unica capace, in caso di riuscita, di allontanare il fantasma di un altro giorno a piedi. In prefettura la rsu (Cobas e Sul) chiede all’azienda il ritiro della disdetta dell’integrativo, dello spacchettamento e delle sanzioni per lo sciopero selvaggio, la conferma degli attuali giorni di riposo, in pagamento del premio di risultato, l’assunzione dei contratti a termine. Ma a sera tardi il tentativo si conclude con un niente di fatto. L’azienda non arretra, tranne che sulle assunzioni dei tempi determinati. Come rispondere lo deciderà l’assemblea nella notte,
ma le premesse non sono buone. Ieri succede che per lo sciopero di 24 ore indetto dalla rsu contro lo spacchettamento dell’azienda, la disdetta e la privatizzazione dell’azienda fatta un anno fa dall’amministrazione, gli autisti decidono, sull’onda di Genova, di lasciare i bus nei depositi anche nelle fasce obbligatorie: dalle 6 alle 9,15 e dalle 11,45 alle 15,15. Non accadeva dal 2003. Non riesce a rimandarli alla guida neanche il prefetto cui l’azienda aveva chiesto di precettarli. Non c’è il tempo per la precettazione, dice Varratta, ma alla delegazione di scioperanti salita da lui chiede senso di responsabilità e rispetto della legge. Niente da fare. Così la città resta a piedi. Alle fermate, durante la fascia di garanzia della mattina, si trovano solo facce spaesate per la sorpresa, o disperate o infuriate. Alla stazione di Santa Maria Novella una folla si contende il taxi, le auto si accatastano sulle strade. Alle dieci attraversa la città un corteo di centinaia di autisti diretti alla prefettura. Non solo del-l’Ataf, ce ne sono una cinquantina da Roma, quattro da Genova, alcuni da Bolzano, Milano, Foligno. Vogliono «un movimento nazionale contro le privatizzazioni del trasporto pubblico». Il corteo grida forte ma è ordinato. Attraversa, in andata e al ritorno, viale Matteotti, provocando, insieme alle gru che issano sugli alberi le lucine di Natale, lunghe code di auto. Ma nessuno blocca
il traffico.
Inizia al freddo e al buio la lunga giornata della rabbia degli autisti. Sono le quattro del mattino quando ci si trova in assemblea nei depositi di Peretola e delle Cure per decidere come gestire la protesta a cui aderiscono tutti, con tessere di qualsiasi sindacato o senza tessere. I confederali ripetono: rispettate le fasce di garanzia. Ma gli autisti decidono la guerra alla privatizzazione mai digerita: dai depositi non uscirà neanche un bus. Fanno eccezione due bus a Peretola, ma è una goccia nel mare. Sotto le pensiline delle fermate ci si dispera.
«Chissà come avrà fatto mia figlia ad andare a scuola», si domanda una mamma. Un altro: «Devo andare a lavorare. Ora cosa faccio? Prendo un giorno di ferie? Faccio chilometri a piedi e arrivo in ritardo?». Due pensionati volevano andare a ritirare la pensione «da fame», ma restano impietriti. «Non possiamo fare diversamente - dicono gli autisti - Difendiamo dai danni della privatizzazione anche i cittadini». Mentre la protesta si allarga. A Pisa è sciopero all’improvviso contro Cct Nord che, anch’essa, ha disdettato l’integrativo.
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Il racconto
“Velocità da Formula Uno il privato deve fare profitti”
Giovanna & C: sei ore filate alla guida, un inferno



GIOVANNA marcia ieri nel corteo degli autisti che hanno fatto sciopero selvaggio. «La nostra è una vita infernale », dice. E aggiunge: «Gliela racconto io. Si lavora così: quattro ore e mezzo di guida continuativa, un quarto d’ora di riposo, altre due ore di guida. O alla rovescia. Comunque sono sei ore di guida consecutiva su strade così piene di buche che l’autobus sobbalza e le nostre schiene si spezzano. Strade di traffico caotico, di poche corsie preferenziali e, quelle che ci sono, invase da tutto. Sei ore con i passeggeri che se la prendono con noi perché cadono o rischiano di cadere visto che i privati vogliono fare utili e i tempi di percorrenza che dobbiamo osservare da capolinea a capolinea sono da Formula Uno». Turni difficili così, figuriamoci ora che ci vorrebbero allungare il nastro, ossia il tempo che trascorre da quando entri a lavorare a quando esci: «Dicono che noi lavoriamo meno degli altri. E invece noi abbiamo il nastro più corto, di 6,55 ore, ma guidiamo in continuazione più a lungo di tutti, produciamo di più. Ora vogliono portare il nastro a 8 ore e toglierci
dieci giorni di riposo. In tutto, perderemmo riposi pari a 30 giorni e senza guadagnare un euro di più».
Giovanna non ha tessere sindacali: «Ho solo quella degli onesti. Noi per esempio che ci alziamo alle 3 o le 4 per andare a lavorare. Chi lavora e chi mangia, la politica ci ha scocciato». Neppure i sindacati brillano. «Dove sono, dove sono i sindacati?», canta il corteo alludendo ai confederali che hanno detto: bene lo sciopero ma nel rispetto delle fasce di garanzia, e che dunque, visto che le fasce sono saltate, in corteo non sono andati. «A me non mi rappresenta nessuno dice Biagio - Questa cosa è solo dei lavoratori, l’abbiamo fatta noi. I bus li abbiamo fermati noi, le diverse sigle sindacali non hanno pesato». Più «vaffa» di tutti se li prende il sindaco che, protestano, «dopo Genova ha ricominciato a parlare bene delle privatizzazioni». «Renzi bugiardo », è scritto sullo striscione. Spiega l’autista: «Ci ha svenduto ai privati che vogliono guadagnare quando invece il trasporto pubblico è un diritto dei cittadini. Abbiamo ingoiato per un anno ma ora il bubbone è scoppiato ». Ma se lo Stato taglia i fondi per il trasporto pubblico? E infatti. «La privatizzazione di Ataf è stata fatta con arroganza e superficialità dall’amministrazione », dice la rsu. «Ma il governo deve mettere risorse nel trasporto », rivendica Alessandro Nannini dei Cobas.
L’assessore alla mobilità Bonaccorsi stigmatizza lo sciopero selvaggio che ha cancellato le fasce di garanzia: «Alcune persone hanno violato apertamente una norma dello stato, lasciando al gelo alle fermate migliaia di persone
che aspettavano il passaggio dei bus nelle fasce di garanzia obbligatoriamente garantite dalla legge». Tanto più che dopo la privatizzazione «i dipendenti non hanno perso un centesimo di stipendio, non lavorano un minuto in più e nessuno di loro è stato licenziato. Mentre nel 2013 tanta gente ha perso il lavoro». Non si convince Nadia Del Sere dei Cobas: «Bonaccorsi, che era presidente di Ataf al momento di privatizzare, dice che nessuno è stato licenziato. Solo perché gli autisti sono stati deportati». Si riferisce a quelli trasferiti in altre aziende del gruppo in Italia o all’estero.
In corteo c’è lo striscione «Cambia-menti. M410»: M410 è
la sigla del movimento lanciato dagli autisti romani con l’idea di farne un coordinamento nazionale. Ci sono quelli con su scritto «Roma» e «Genova». Si salta: «Chi non salta un renziano è». Si ritma: «Rispetto, rispetto per gli autisti». Si grida: «Noi blocchiamo l’Italia» e anche «Letta in miniera, Renzi in fonderia». Arriva la solidarietà della rsu dei dipendenti comunali. C’è Ornella De Zordo (Perunaltracittà di Palazzo Vecchio) che accusa l’amministrazione di «usare twitter per attaccare gli autisti Ataf». I romani, che sono i più vivaci e gridano «privati, magna magna», vogliono il coordinamento nazionale. C’è Michela Quintavalle la bionda pasionaria dell’Atac che propone
ai colleghi fiorentini di unirsi allo sciopero dello straordinario già previsto a Roma dal 17 al 24 dicembre. «Siamo un movimento asindacale - spiega -I sindacati non ci tutelano. Costruiremo un movimento nazionale, andremo dappertutto. Siamo venuti a Firenze perché condividiamo la protesta contro le privatizzazioni che diminuiscono servizi e diritti dei cittadini come dei lavoratori. Si prendono in giro gli italiani che due anni fa hanno votato al referendum per acqua e trasporti pubblici. Il trasporto è un servizio sociale e non una speculazione per fare utili. Chi poi avesse ancora
dubbi guardi Alitalia».
(i.c.)
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antonio bruno
capogruppo Federazione Sinistra Comune di Genova
benincomune.weebly.com
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