[nuovopci] Avviso ai Naviganti 32 - Marco Rizzo (CSP-PC) non…

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Auteur: \(nuovo\) Partito comunista italiano
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À: npci.inter
Sujet: [nuovopci] Avviso ai Naviganti 32 - Marco Rizzo (CSP-PC) non è nazionalcomunista, ma ragiona come se lo fosse


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_AVVISO AI NAVIGANTI 32_

29 ottobre 2013

(Scaricate il testo in versione Open Office [4], PDF [5] o Word [6] )

Marco Rizzo (CSP-PC) non è nazionalcomunista, ma ragiona come se lo
fosse.
Perché? Perché i suoi ragionamenti non sono all'altezza dei suoi
sentimenti!

Invitiamo i nostri lettori a leggere con cura il documento _Verso il
secondo congresso del Csp-Partito Comunista. Il revisionismo italiano,
dal dopoguerra fino al PD_ [7](comunistisinistrapopolare.com [8]). Il
documento ha alcuni pregi, ma proprio per questo è anche la
dimostrazione che per ragionare bene (per essere scientifici) bisogna
partire dai risultati più avanzati del movimento comunista, non
innestarsi a mezza strada e arbitrariamente sul percorso del
revisionismo moderno, cercare di raccontare alla meglio la storia della
decadenza del PCI e respingere le manifestazioni estreme: Bertinotti e
Ferrero che hanno proclamato e proclamano la storia del movimento
comunista una "successione di errori e orrori" e hanno definitivamente
portato "il più grande partito comunista d'Occidente - il partito di
Antonio Gramsci - alla sua consunzione", come giustamente riconosce
Marco Rizzo. Procedendo così, si prende posizione, ma non si ricavano
insegnamenti per trasformare il triste presente nel luminoso futuro di
cui vi sono i presupposti nel presente.

Iniziamo con i pregi. A parte l'omaggio reso al primo PCI e al movimento
comunista in generale compreso Stalin (e non è poco in periodo di
denigrazione ancora imperante, cui papa Francesco già contribuisce con
la storiella del seminarista ammazzato dai cattivi partigiani comunisti
di Reggio Emilia), il maggiore pregio è che Marco Rizzo afferma che "chi
vuole ricostruire un vero Partito Comunista in Italia, non può esimersi
da una analisi seria e approfondita dei perché" il vecchio glorioso PCI
non ha compiuto la sua opera (instaurare il socialismo) ma si è
dissolto. Ciò distingue nettamente, in meglio, il documento di Marco
Rizzo dalle ressa di documenti che, tra la sconfitta elettorale del
febbraio scorso, il congresso del PdCI tenutosi a Chianciano Terme il
19-21 luglio e il congresso del PRC annunciato per il 6-8 dicembre a
Perugia, propongono ognuno una sua ricetta per "unire i comunisti" e
rifare della "sinistra" una forza politica importante se non egemone
della Repubblica Pontificia (questione questa della Repubblica
Pontificia da cui tutti aborriscono - e in questo anche Marco Rizzo è
della partita). Ross@ costituita di fatto a Bologna nell'assemblea
dell'11 maggio (Cremaschi e Rete dei Comunisti) e i promotori della "via
maestra" (Rodotà, Landini & C) rientrano nel novero. Tutti documenti che
evitano non solo di dare le risposte ma perfino di porre la questione
dei perché il primo PCI è finito come è finito. Tra questi i tre
documenti dell'annunciato congresso del PRC non si distinguono in
meglio. Tutti documenti quindi che già per la loro natura sono estranei
al movimento comunista, nessuno dei loro autori adotta il materialismo
dialettico come metodo di conoscenza, forse nemmeno ne ha sentito
parlare. La politica si fa a naso, secondo il senso comune si additano i
rimedi di buon senso ai mali del presente.

L'altro pregio del documento di Rizzo è che inizia l'esame dalla svolta
di Salerno (1944) cosa già notevole nella ressa di documenti che
esaltano Togliatti e Berlinguer e fanno iniziare il cattivo percorso dei
comunisti italiani dalla Bolognina e dallo scioglimento del PCI
(1989-1991). Ma proprio qui è anche il punto debole, nazionalcomunista,
del documento di Rizzo. Il PCI non era un'isola nel mare. Era nato e
vissuto come sezione comunista della prima Internazionale Comunista
fondata nel 1919, sciolta formalmente nel 1943 ma di fatto dissolta
completamente solo nel 1956 (XX congresso del PCUS) quando l'Unione
Sovietica abdicò al ruolo fino allora svolto di base rossa della
rivoluzione proletaria mondiale. Ora si dà il caso che non solo il PCI
non instaurò il socialismo in Italia (non fece la rivoluzione, per usare
il linguaggio equivoco di Rizzo). Ma nessuno dei partiti comunisti dei
paesi imperialisti (dell'Occidente, per usare il linguaggio deviante di
Rizzo) instaurò il socialismo nel proprio paese.

È quindi evidente che chi vuole fare "una analisi seria e approfondita
dei perché" il PCI non ha instaurato il socialismo in Italia, deve
considerare che nessuno dei partiti comunisti dei paesi imperialisti lo
ha fatto e dare una spiegazione di questo fatto. Quindi non partire
dalla svolta di Salerno e perdersi conseguentemente nella disquisizione
salottiera se Togliatti era un traditore o un minchione e se Berlinguer
era o no un onest'uomo. Deve spiegare per quali limiti della
comprensione delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta
di classe il movimento comunista non è riuscito a instaurare il
socialismo nei paesi imperialisti e la prima ondata della rivoluzione
proletaria si è esaurita senza completare la sua opera.

Né il problema così posto è nuovo nel movimento comunista. Non solo lo
poniamo noi del nuovo Partito comunista italiano e vi diamo risposta nel
nostro Manifesto Programma [9] del 2008. Analogamente lo pose il Partito
Comunista Cinese diretto da Mao Tse-tung già nei primi anni '60 quando
si occupò di vari partiti comunisti dei paesi imperialisti, non solo di
quello italiano. Le divergenze tra il compagno Togliatti e noi [10] (31
dicembre 1962) e Ancora sulle divergenze tra il compagno Togliatti e noi
[10] (febbraio 1963) non sono documenti isolati.

Limitare il bilancio al PCI come se la sua deviazione e la sua decadenza
fossero una questione solamente italiana, come se il PCI fosse solo un
partito nazionale, isolato nel panorama mondiale, significa rinunciare a
uno dei principi della concezione comunista del mondo,
l'internazionalismo. Non è una questione di buona volontà. Se vuole
eludere il problema, Marco Rizzo può certamente opporci il suo personale
interesse per le questioni del movimento comunista di altri paesi, la
sua personale frequentazione di convegni internazionali di partiti e
gruppi comunisti e le prese di posizione dell'organizzazione di cui è
segretario. Certamente i suoi sentimenti e la sua pratica sono migliori
dei suoi ragionamenti. Ma i suoi ragionamenti sono sbagliati e sono
quelli che pesano nel definire la linea che propone per l'organismo che
dirige e agli altri aspiranti comunisti. È quello che più ci interessa.

Noi siamo per l'unità dei comunisti. L'unità dei comunisti è questione
di grande importanza pratica. Ma l'unica unità che regge alla prova dei
fatti e che dobbiamo perseguire, è l'unità sulle posizioni giuste, sulle
posizioni avanzate. Perché è l'unica unità che porta alla vittoria della
classe operaia e delle masse popolari sulla borghesia e sul clero. Marco
Rizzo, travisando Gramsci, fa dire al nostro grande maestro che bisogna
"ricomporre le tre grandi anime del proletariato italiano: quella
comunista, quella socialista e quella cattolica, superando così quelle
barriere culturali e ideologiche che ne intralciano l'unità di classe"
(tra parentesi lo sfidiamo a indicare dove mai Gramsci avrebbe sostenuto
una tesi del genere: a nostro parere è un'invenzione di Rizzo tanto
contrasta con la concezione che Gramsci [11] ha applicato quando ha
diretto il PCI (1924-1926) e che ha fissato nei _Quaderni del carcere_).
L'unità dei comunisti, l'unità del proletariato, l'unità delle masse
popolari la costruisce la parte avanzata attorno a sé, perché è capace
di far leva sul positivo e trattare le contraddizioni in seno al popolo
adeguatamente, cioè in modo che non impediscano l'unità contro la
borghesia e il clero.

Le fantasie possono essere e sono tante, ma la verità è una sola. Chi
vuol vincere, la deve cercare!

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[8] http://www.comunistisinistrapopolare.com/
[9] http://www.nuovopci.it/scritti/mpnpci/indicmp.html
[10] http://www.nuovopci.it/arcspip/article0f00.html
[11] http://www.nuovopci.it/classic/gramsci/gramsci.htm