Mercoledì 16 ottobre dalle 18 alle 19
sui gradinid del palazzo ducale di genova, 595° ora in silenzio
per la pace.
Incollo il volantino che verrà distribuito
altre info su
www.orainsilenzioperlapace.org
LA NATO IN AFGHANISTAN? FA STRAGE … ANCHE DI
RAGAZZINI
Sahebullah,
Wasihullah e Amanullah
non erano
Talebani pericolosi, ma tre dei cinque giovani uccisi a Saracha,
venerdì 4
ottobre, da un raid aereo delle forze Isaf-Nato
Saracha è un villaggio di contadini del distretto
di Beshud, alle
porte di Jalalabad, la principale città della provincia
orientale di Nangarhar,
a due passi dal confine con il Pakistan
.
Per
raggiungerlo si deve lasciare il congestionato centro della
città, puntare
verso sud-est e costeggiare le alte mura di cemento
dell'aeroporto di
Jalalabad, che ospita una base militare americana e include la
Forward
Operating Base Fenty, uno dei centri strategici della guerra:
da qui partono
molti dei silenziosi e micidiali droni diretti in Afghanistan
e Pakistan;
questa diventerà una delle basi principali degli americani, se
la Loya Jirga
afghana
(il gran
consiglio)
accorderà
l'immunità ai soldati a stelle e strisce per il post-2014,
come chiesto dal
segretario di Stato Kerry, pochi giorni fa a Kabul.
La
sera
di venerdì 4 ottobre, sul piazzale aperto alle spalle della casa
di Qasim
Hazrat Khan (
il padre di
Wasihullah e
Amanullah
) c'erano tre ragazzini sui 15 anni, un ragazzo
di 21 e un bambino
di 10. Avevano passato la serata «a sparare agli uccelli con
dei badì (fucili da
caccia)
. Da
queste parti è normale, lo abbiamo sempre fatto. Non erano mica
degli
yaghì (ribelli)
i miei
ragazzi».Poi,
improvvisamente, gli spari
dall'alto, ricorda Qasim Hazrat Khan
I
parenti delle
vittime concordano nel dire di aver ricevuto delle offerte, come
«compensazione» per le perdite subite. «Gli americani ci hanno
detto che ci
avrebbero aiutato, ci avevano portato delle cose utili e altre
ce ne avrebbero
portate. No, non ci hanno offerto del denaro. Ma all'uscita
c'erano delle
automobili cariche di sacchi. Siamo stati tutti d'accordo nel
rifiutare: siamo
poveri ma non vendiamo il nostro stesso sangue».
L'unica
richiesta dei parenti delle
vittime, sostiene 'Malim' Said Agha, «è vedere i soldati
colpevoli sotto
processo. Molte volte gli americani, qui e altrove, hanno ucciso
donne e
bambini, innocenti, e poi chiesto scusa. É tempo che tutto
questo finisca. É
tempo che paghino per le loro azioni»
In
Afghanistan le vittime civili continuano a crescere. Dai
dati del 6 settembre di Unama (missione Onu), solo nella
prima metà del 2013 sarebbero
1319 le vittime e 2.533 i feriti.
Il
9% sono
attribuite all'esercito afghano, agli Stati Uniti, alle
forze Isaf e ad altri gruppi pro-governativi.
Il
12% a scontri
a fuoco tra gruppi anti-governativi e governativi. Il
resto delle vittime è attribuito a Talebani e altri
gruppi di «insorti». I Talebani contestano come
«inesatte e parziali» le stime Onu.
Pochi
giorni fa, con una lettera pubblica Amnesty
International ha invocato una maggiore attenzione alla
protezione dei civili: «Nella fase finale del
trasferimento della sicurezza dalle forze internazionali
a quelle afghane, è essenziale che il governo afghano,
Isaf e gli Usa mettano in piedi tutto ciò di cui c'è
bisogno per prevenire l'aumento delle vittime civili e
darne conto», ha detto Horia Mosadiq, ricercatrice per
Amnesty International Afghanistan
Fonte “il manifesto”