[Forumlucca] una lettera dal Niger

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Autore: Aldo Zanchetta
Data:  
To: forumlucca
Oggetto: [Forumlucca] una lettera dal Niger
Schiavi

Invisibili ma non troppo. Intrappolati dal destino e dalle reti metalliche
che proteggono il paradiso di cartone. Gli schiavi non si contano. Quelli
della fame sono i più numerosi. Oltre 800 milioni e cioè quasi una persona
su sette che il nostro mondo finge di ricordare. Gli altri sono milioni di
comparse nel dramma che arriva in ritardo sulla storia. In Asia ma anche in
Africa dove la tradizione si perpetua nella modernità liquida che si
specchia negli sbarchi.



I commmercianti di schiavi frequentano i salotti dei politici. Sono membri
onorari dei consigli di amministrazione delle imprese. Si definiscono
imprenditori delle economie sommerse dalla vergogna. Semplici cittadini che
aderiscono alla svendita della dignità per un conto in banca. Sono i
complici della tratta di umani che non si rassegnano alla scomparsa. Come
nuovi re Mida trasformano in mercanzia quello che toccano. Prodotti da
consumare in fretta sull’altare del profitto.



Le navi e gli aerei dei mercanti transitano sui muri di cinta delle
civilizzazioni. Gli schiavi si moltiplicano creando nuovi scenari. Carni
umane e bambini mai cresciuti. Clandestini nelle fabbriche dove si ruba la
ricchezza di pochi. Lavorano per niente nelle piantagioni di caffé e di
cacao sulla costa occidentale del continente africano. I bambini scavano
l’oro nelle miniere per i gioielli delle signore in cerca di immortalità. La
stagione degli schiavi non ha confini stabili.



Schiavi della paura e delle mode del momento. Schiavi per i debiti
accumulati dal tempo. Schiavi perché venduti come prodotti sul mercato del
lavoro. Schiavi dei circuiti del sesso a pagamento. Schiavi delle
circostanze che cospirano per inventarli. Schiavi delle espropriazioni
forzate delle terre. Schiavi degli investimenti delle risorse da esportare.
Schiavi dei matrimoni dagli anni di un’infanzia appena cominciata. Schiavi
delle leggi mai applicate. Schiavi delle notizie prezzolate.



I sistemi più liberali se ne servono. L’economia conta su di loro. Le
ideologie li giustificano. Le religioni li consolano. I mercati li
liquidano. Le agenzie li gestiscono. Gli stati li ignorano. Le
organizzazioni internazionali li raccomandano. Le imprese li scambiano. Le
multinazionali li riproducono. Le associazioni umanitarie si arricchiscono.
I trasporti li sfruttano. Le leggi fingono di non sapere. Le grandi marche
scommettono su di loro per sopravvivere. Gli schiavi sono necessari.



Mammona è il dio che li racccomanda. Ogni epoca produce i suoi schiavi.
Soffocati dalla brutalità del denaro che tutto avvolge e giustifica. Gli
schiavi di oggi somigliano a quelli di ieri non fosse per alcuni dettagli
organizzativi. La proprietà dei corpi è come quella sulla finanza. Le terre
sono svendute ai contadini per produrre combustibili meno inquinanti delle
coscienze. Senza quel dio gli schiavi avrebbero cessato da tempo di
esistere. I libri di storia li avrebbero dimenticati nei musei.



La schiavitù comincia dagli occhi e si tramanda sui dizionari. Si impara a
memoria nei libri di geografia delle scuole d’obbligo. Nelle università
diventa oggetto di dibattito per specialisti. Gli schiavi sono assenti per
mancanza di posti a sedere nelle tribune dei distinti. Nelle conferenze sul
tema sono presi come assenti ostaggi. Nelle statistiche si citano come
trascurabili danni collaterali. La schiavitù si nasconde nel pensiero dei
filosofi e i teologi di morale.



Alcuni nascono schiavi e altri lo diventano senza saperlo. Schiavi delle
armi e della droga. Schiavi della violenza e del potere. Bottino degli
opinionisti di successo. Le catene sono state trasportate dal vento dal
tempo della tratta atlantica e araba. Donne e bambini venduti come ostaggi
della politica. La schiavitù non ha bandiera nè nazionalità. Si confonde
spesso con i traffici commerciali e le rotte dei migranti. La schiavitù si
serve del silenzio complice della gente perbene.



Poi improvvisa venne la notte in cui gli schiavi liberarono la parola. Il
giorno seguente alcuni si abbracciarono e le donne iniziarono a danzare.


mauro armanino, niamey, ottobre 2013