[NuovoLab] 579° ora in silenzio per la pace

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Auteur: norma
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À: forumgenova@inventati.org, Fori sociali
Sujet: [NuovoLab] 579° ora in silenzio per la pace






Mercoledì 3 luglio dalle 18 alle
        19 sui gradini del apalazzo ducale di Genova, 579° ora in
        silenzio per la pace.

        Incollo il volantino che verrà distribuito.

        Altre info su 
www.orainsilenzioperlapace.org


G8 2001
Marina, Alberto e Gimmy
            siamo noi

Con
        la
        sentenza definitiva su Bolzaneto si è concluso anche l'ultimo
        dei grandi
        processi simbolo sul G8 del 2001. Sarebbe dunque tempo di
        bilanci e di qualche
        ragionamento ma in giro sembra esserci poca voglia di farlo.
        Anzi, paragonato
        al clamore mediatico che un anno fa aveva accompagnato la
        sentenza Diaz, quella
        su Bolzaneto è passata praticamente inosservata.





Nulla
        di
        sorprendente, in fondo, perché tutti sapevamo che quella
        sentenza non avrebbe
        aggiunto nulla di nuovo. E poi, sono passati parecchi anni, quel
        movimento non
        c'è più e i tempi sono cambiati. Tutto comprensibile, per
        carità, eppure c'è
        qualcosa che non quadra, che stona terribilmente.





Già,
        perché
        alla fine della fiera, dopo tante sentenze e l'accertamento di
        un numero
        impressionante di gravi reati contro la persona, gli unici che
        stanno in
        galera, peraltro con pene allucinanti fino a 14 anni, sono
        alcuni manifestanti
        di allora, presi a casaccio e colpevoli esclusivamente di aver
        danneggiato
        delle cose. Si chiamano Marina, Alberto e Gimmy.





Peraltro,
        il
        numero degli ex manifestanti incarcerati potrebbe pure crescere,
        visto che i
        condannati in via definitiva per «devastazione e saccheggio»
        sono dieci. Degli
        altri, uno è ancora irreperibile, Ines è agli arresti
        domiciliari e per cinque
        è necessario un nuovo passaggio in appello, ma limitatamente a
        una singola
        attenuante.





Penso
        che
        abbandonare quelle persone al loro destino sia inammissibile.
        Umanamente,
        moralmente e politicamente. L'esito complessivo dei processi
        genovesi, con la
        sua manifesta disparità di trattamento, è infatti destinato a
        fare da
        precedente, a rafforzare la sensazione di impunità tra il
        personale degli
        apparati di sicurezza e a legittimare l'uso di pene
        sproporzionate ed esemplari
        contro manifestanti.





Il
        reato di
        «devastazione e saccheggio», risalente al periodo fascista, non
        è certo l'unico
        strumento giuridico a disposizione per fini repressivi ma è
        senz'altro quello
        più estremo e discrezionale, poiché non ti punisce per quello
        che hai fatto ma
        per averlo fatto in determinate circostanze. Ed è così che una
        bagatella, come
        una vetrina rotta, può trasformarsi in un reato paragonabile
        all'omicidio.
        Ebbene sì, perché la pena prevista per devastazione e saccheggio
        è tra 8 e 15
        anni, mentre quella per omicidio preterintenzionale è tra 10 e
        18 anni e quella
        per omicidio colposo non supera i 5 anni.





Quando
giustamente
        ci indigniamo per la brutalità della repressione in Turchia
        dovremmo ricordarci anche di questo, specie ora, visto che quel
        tipo di accusa
        viene utilizzato in maniera sempre più disinvolta, come sembrano
        indicare i
        processi per i fatti di Roma del 15 ottobre 2011.





L'altra
faccia
        della medaglia, altrettanto grave, è l'impunità degli apparati
        repressivi. Nessuno pagherà per le violenze della Diaz e di
        Bolzaneto mentre
        per l'omicidio di Carlo Giuliani non c'è stato nemmeno il
        processo. Beninteso,
        la questione non è invocare la galera per i poliziotti ma
        comprendere che
        l'impunità genera mostri. Siamo sicuri che i casi Aldrovandi,
        Cucchi, Uva,
        Ferrulli eccetera non c'entrino nulla con tutto questo? O che
        non c'entri il
        fatto che i reparti antisommossa italiani riescano a resistere
        al numero
        identificativo sul casco, quando persino i loro colleghi turchi
        ce l'hanno?





Insomma,
        qui
        non si tratta di dibattere sul passato, bensì di costruire ora e
        qui una
        battaglia politica per l'abrogazione del reato di «devastazione
        e saccheggio»,
        per l'introduzione di norme cogenti che pongano fine
        all'impunità, a partire da
        una legge sulla tortura, e per un'amnistia per i reati sociali,
        che possa
        restituire la libertà anche a Marina, Alberto e Gimmy.



Da il manifesto 2013.06.20 Luciano Muhlbauer