caro Aldo a questo punto però dobbiamo trovare il modo di condividere i saperi a cena così si passa dall'abbraccio virtuale a quello reale .. tra una settimana ti telefono e se sei tranquillo ci mettiamo d'accordo
un abbraccio e grazie per il prezioso contributo
Marcantonio & Ilaria
Il giorno 02/giu/2013, alle ore 20.11, Aldo Zanchetta ha scritto:
> Caro Marcantonio
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> Secondo me……
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> Ma prima di sproloquiare un abbraccio non rituale anche se virtuale a Ilaria e a te.
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> Vedo che condividiamo un amore: Istambul. E anche quello per la sua gente. Quella in basso naturalmente, non chi la governa. Raramente ho ricevuto gesti di ospitalità da semplici cittadini come in questo meraviglioso paese.
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> Approfitto dell’amicizia per rubarti un po’ di tempo esplicitando il mio “secondo me…”.
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> Si, anche secondo me esistono similitudini con Genova, come con tante altre città dove due mondi inconciliabili di tanto in tanto vengono a scontrarsi. Ultimi in ordine di tempo Stoccolma e Francoforte per limitarsi all’Europa. E sono fatti che devono essere compresi nel loro significato profondo se vogliamo capire i tempi che viviamo, non potendo fermarci alla sola indignazione, certo necessaria. Fatti che se si spengono da una parte si riaccendono in un’altra, quindi non occasionali, ma parte di un più ampio fenomeno.
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> Come sai per me l’America Latina è sempre fonte di riflessione anche sulle vicende di casa nostra e mi perdonerai se parto di lì per interpretare i fatti di Istambul.
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> Poche settimane or sono Buenos Aires ha subito una disastrosa alluvione con alcune decine di morti. La furia della natura, purtroppo. O piuttosto la conseguenza di politiche urbanistiche folli, come molti hanno detto? Le città, preda della speculazione, vengono cementificate selvaggiamente e i fiumi e canali di scolo ridoptti a fogne fangose, con i quartieri della povera gente lasciati alla sorte. Così i portegni non si sono limitati a alzare le braccia al cielo ma hanno protestato vivacemente contro questo modello della modernità.
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> Due o tre settimane dopo a Buenos Aires si è proceduto alla demolizione di un’intera ala di un ospedale psichiatrico, il Borda, per fare spazio ad altre cementificazioni. E la gente è scesa nelle piazze: giovedì 25 aprile si sono verificati 22 blocchi stradali simultanei, alle sei del pomeriggio. Sono stati promossi da altrettante assemblee urbane riunite con la sigla di Assemblea di Difesa del Pubblico. Nell’appello di convocazione si legge: “Shopping invece di spazi verdi, megatorri invece di urbanizzazione, feste private invece di arte e cultura popolare, complessi per uffici invece di ospedali”. E la polizia non ha perso l’occasione di mostrare ciò di cui è capace.
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> Altro rimarcabile esempio di distruzione selvaggia in corso in una città altrettanto bella di Istambul è Rio de Janeiro, sconvolta dalle opere per il prossimo mundial e per le successive olimpiadi. Un vero festival di speculazioni edilizie, di megacorruzioni, di stravolgimento del volto di una città meravigliosa. E anche lì resistenze dal basso e manganellate dure dall’alto.
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> Casi isolati fra loro? No certamente. Sono i segni che si moltiplicano del nuovo corso intrapreso dal capitale mondiale, che per l’accumulazione ormai non ricorre più all’impossessamento del plusvalore del lavoro della gente ma va diritta allo spossessamento dei beni naturali e patrimoniali, come ben spiega Harvey nella sua analisi del nuovo volto del capitalismo. Ma, come ci ha detto nell’affollato incontro lucchese Gustavo Esteva, non è pertanto più capitalismo, ma rapina a mano armata. E questo richiede mutamento di analisi e di modalità di contrasto.
> Ma come, potresti dirmi, il capitalismo non accumula più mediante l’espropriazione del plusvalore? Certo, lo fa ancora, ma questo non è più il meccanismo principale. Come ben si vede il lavoro è in sofferenza ovunque e i vampiri avranno sempre meno sangue da succhiare.
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> Secondo me di questo occorrerebbe parlare di più, se non fossimo troppo spesso chiusi nel proprio ‘particulare’, per capire meglio come opporsi, ora che dovrebbe essere più chiaro a tutti che le elezioni sono uno strumento inservibile per il cambiamento.
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> Perché mi interessa l’America Latina? Perchè è sempre stato il terreno di prova delle politiche che poi si estenderanno all’Europa. Vedi le teorie neoliberiste dei Chicago boys di Friedman con Pinochet in Cile: liberalizzazione, privatizzazione, precarizzazione. E perché da lì vengono copiosamente esempi di reazione che qualcosa hanno da insegnare anche a noi.
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> Ora la “accumulazione per spossessamento” analizzata da Harvey ci illustra il nuovo corso del capitale,che di nuovo ha come banco di prova l’America Latina dove lo “spossessamento” ha assunto dimensioni abnormi, grazie all’alleanza fra governi nazionali ecorporations strapotenti, entrambi affamati di denaro anche se per motivi diversi, a danno della parte povera, ma oggi anche della classe media, dei vari paesi.
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> Da noi si presenta ancora con il volto ben rasato e suadente dei membri della troika (in realtà Draghi non riesce a nascondere le sue inquietanti mascelle quando sorride a mo di iena) come sta accadendo qui da noi. Ma quando necessario anche con i manganelli in pugno. Come a Istambul, appunto.
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> Lo spossessamento in A.L. è così esteso e profondo da avere meritato una definizione specifica:<estrattivismo>. In cosa consiste? E’ l’<estrazione> (con annessa appropriazione illegittima) di ricchezze dal sottosuolo (petrolio, gas, minerali), ma anche <estrazione> dal suolo agricolo, con esaurimento delle proprietà produttive del terreno, sottoposto a stressanti monocoltivazioni accompagnate da uso smisurato di agrochimici e di pesticidi, lasciando in pochi anni i terreni sterili. Non per nulla in Argentina le multinazionali li affittano per 6 o 7 anni, e poi spostarsi.
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> Quanto accaduto a Buenos Aires ha fornito l’occasione di estendere questo concetto a ciò che avviene nelle città. Scrive Enrique Viale, avvocato ambientalista del Colectivo por la Igualdad, “L’estrattivismo è arrivato alle grandi città. Non si tratta dei proprietari terrieri della soya e nemmeno delle mega-miniere, è la speculazione immobiliare che qui espelle e provoca deportazioni della popolazione, che agglutina ricchezza e territorio”. Quel modello, conclude Viale, provoca “degradazione istituzionale e sociale”. E si accompagna ovviamente a resistenze sempre più vive dal basso ed a repressione sempre più feroce dall’alto.
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> Non mi dilungo oltre, perché una analisi più approfondita ci porterebbe lontano, oltre lo spazio di questa rete. Quello che accade a Istanbul è un episodio importante di una lotta più ampia e più lunga. Ecco perché è un fatto che ci riguarda e ci addolora, ma non ci sgomenta. Finchè c’è gente che resiste c’è speranza. In attesa che le speranze si coagulino in un impegno comune.
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