[Forumumbri] perchè no a Fabri Fibra il 1° Maggio

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Autore: elisabetta63@libero.it
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To: forum umbri
Oggetto: [Forumumbri] perchè no a Fabri Fibra il 1° Maggio




Perché no a Fabri Fibra e la percezione della violenza


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“Giro in casa
con in mano questo uncino ti ci strappo le ovaie e che cazzo me le cucino!”.


“Non conservatevi, datela a tutti anche ai cani, se non me la
dai io te la strappo come Pacciani”.

“Questa classica sfigata che va in cerca di attenzione e finirà
un giorno stuprata nel bagno della stazione, così sta ritardata dopo i primi
due cannoni si addormenta e non si accorge che le tolgo i pantaloni”.

“Le ragazze sono così, sono tutte molto strane, si dividono in
due gruppi: le mignotte e le puttane”.

Queste alcune delle battute di Fabi Fibra, quello che
doveva cantare sul palco del primo maggio a San Giovanni e su cui la rete dei
centri antiviolenza DiRe ha chiesto pubblicamente il ritiro: una richiesta
accolta dai sindacati che si sono accorti della gaffe che stavano per
fare. Una mancanza su cui non piangeremo ma sulla quale alcuni si sono
lanciati gridando alla censura: addirittura nomi illustri come Jovanotti, Elio,
Scanzi, ma soprattutto Roberto Saviano, che si sono schierati in difesa di Fabi
Fibra parlando anche di “scelte bigotte”. E allora chiedo a questi uomini
di riflettere sul perché la violenza sulle donne viene sempre dopo tutto il
resto. Dopo la censura (vuoi impedirmi la libertà di espressione?), dopo la
famiglia (che non si tocca), dopo il pareggio di bilancio (i soldi per le
vittime di violenza sono sempre gli ultimi), dopo 20 anni in cui hai dovuto
crescere i figli sotto il ricatto di un marito che ti ha massacrato e solo dopo
che i figli sono grandi allora lo denunci, dopo il salvataggio di quelli che ti
hanno stuprata a 15 anni e che non sono mai stati condannati davvero, dopo che
ti hanno uccisa e si sono accorti che eri perseguitata, minacciata, tormentata,
braccata. Sempre dopo.

Non percepire la violenza nella sua giusta dimensione,
è appoggiare la violenza e la cultura dello stupro di cui si nutre. A che
serve firmare l’appello “Mai più complici”, come ha fatto Roberto Saviano
contro il femminicidio, se poi davanti a fatti concreti si spazza via tutto, ci
si dimentica, e si diventa difensori di contenuti che incitano a quello stesso
femminicidio, contro cui ci si era schierati con un linguaggio due volte
dannoso perché rivolto a giovani e adolescenti? questa per me è propaganda e
non una scelta di campo politica contro il femminicidio.

Mi preme chiarire a questi difensori della libertà di
espressione, che chi difende la tutela della vita delle donne, sa bene che la
violenza non è solo fisica, sessuale, psicologica, economica, e che esiste una
cosa che si chiama “la violenza del linguaggio”, che crea danni enormi perché
veicolo culturale di quella discriminazione che porta alla violenza contro le
donne – femminicidio. Quello che hanno chiesto i centri antiviolenza, che
conoscono bene di cosa si sta parlando, è una richiesta di civiltà che nulla ha
a che fare con il moralismo. La censura è quella che impedisce di dire la
verità e non quella che ferma la violenza, altrimenti non abbiamo capito
niente. Quello di Fibra è un linguaggio violento e sessista, e dire che siamo
bigotte è come dire che lo stupro è una forma d’amore con un rapporto sessuale
un po’ acceso, è come dire che in fondo le donne se la cercano, è giustificare
il femminicidio dove un uomo picchia, massacra, e arriva anche a uccidere non
perché è un assassino violento ma perché semplicemente geloso.

Il MEI e il mensile di Repubblica “XL” hanno
addirittura lanciato un appello a difesa di Fibra, e tutto ciò somiglia sempre
di più a quello svarione capitato anche a chi ha difeso Sallusti che come
direttore di un giornale aveva pubblicato un articolo di Renato Farina (su cui
non mi dilungo) veicolando non solo notizie false ma usando il caso di una
minore che aveva interrotto la gravidanza, per sostenere la sua crociata
antiabortista accusando di omicidio la madre, il ginecologo e il giudice (che
come è noto ha fatto ricorso), con una lesione del diritto
all’autodeterminazione e alla privacy della minore. La violenza del linguaggio
è ovunque: nei testi delle canzoni, nei libri di scuola, sui giornali, nei tg,
nelle fiction, e quello che si chiede non è una moralizzazione ma il diritto
sacrosanto a non subire questa violenza una, due, tre, quattro volte, sempre e
ovunque siano veicolati stereotipi e discriminazione in base al genere: perché
quello è il terreno sui cui la violenza contro le donne prolifera.

Giorni fa il padre di Stefania Noce, uccisa nel 2011
in casa sua dall’ex fidanzato, che ora è stato condannato all’ergastolo, ha
dichiarato che su sua figlia molti giornali hanno fatto ricostruzioni false e
fantasiose, e che parlare di “delitto passionale” o di “femminicidio” fa una
bella differenza. Le parole sono importanti e il linguaggio può travisare la
realtà in maniera dannosa e fuorviante, perché possono condonare non solo gli
abuser ma anche le istituzioni e i mezzi d’informazione che non riconoscono la
gravità della violenza e il fattore di rischio per la vita stessa delle donne,
alimentando così quella stessa cultura discriminatoria. Come dice Ninni Noce:
“Se un organismo come l’Onu dice che la violenza di genere è una lesione dei
diritti umani, c’è poco altro da aggiungere”.

Quindi se critico, argomentando, l’uso di raptus di
gelosia sui giornali, non vedo perché non mi devo indigrare davanti
a uno che mi canta nelle orecchie: “Non conservatevi, datela a tutti anche ai
cani, se non me la dai io te la strappo come Pacciani”?



di Luisa Betti

pubblicato il 24 aprile 2013

Tag: concerto primo maggio, Dire,
Fabi Fibra, femminicidio, violenza contro le donne

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