[Forumlucca] Come ti inganno il pupo, con le statistiche....

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Author: Aldo Zanchetta
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To: forumlucca
Subject: [Forumlucca] Come ti inganno il pupo, con le statistiche....
Fonte: sbilanciamoci.info | Autore: Andrea Baranes

Se la Troika ascoltasse la Troika


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L’Europa si divide in due. Da un lato i Paesi del Sud. Le cicale. Fannulloni
e pigri, non lavorano e hanno una bassa produttività, spendono troppo per
welfare e stato sociale. Sono loro i responsabili della crisi e ora devono
stringere la cinghia e accettare giusti e inevitabili sacrifici. Dall’altra
i Paesi dell’Europa del Nord, riuniti attorno alla Germania. Le formiche.
Seri, lavoratori, rispettano i parametri europei e sono un esempio di virtù.

Una conferma arriva lo scorso 14 marzo, quando il presidente della Bce Mario
Draghi presenta alcuni dati ai capi di Stato e di governo della zona euro
[1]. Tra il 2000 e il 2012, nei Paesi dell’Europa del Nord, grosso modo
produttività e salari crescono di pari passo. Uno sviluppo armonioso
dell’insieme della società. Ben diversa è la situazione dell’Europa del Sud:
i salari crescono molto più rapidamente della produttività, frenando la
crescita e mettendo in crisi le nazioni periferiche e l’intera Europa.
Il problema di questo ragionamento è in una piccolissima svista, segnalata
sul Guardian nei giorni scorsi.[2] Nei grafici presentati dalla Bce, la
produttività viene espressa in termini reali, mentre i salari sono indicati
in termini nominali. In altre parole, la prima serie di dati tiene conto
dell’inflazione, la seconda no. Sarebbe come dire che 50 anni fa il pane
costava 1 lira al kg e gli stipendi erano di 500 lire. Oggi gli stipendi
sono di 1.000 euro, quindi si può comprare molto più pane. “Dimenticandosi”
di segnalare che il pane nel 2013 non costa 1 lira al kg.

Se si prendono dati omogenei, le cose cambiano. Parecchio. Anche
considerando un’inflazione al’1,9% annuo (obiettivo fissato dalle stesse
istituzioni europee), tra il 2000 e il 2012 occorre tenere conto di un
fattore correttivo intorno al 28%. Tenuto conto che l’inflazione, in
particolare nei Paesi del Sud Europa, è stata in media molto superiore, la
correzione da apportare è ancora maggiore. Se consideriamo produttività e
salari o entrambi al netto dell’inflazione o entrambi con l’effetto
dell’inflazione, scopriamo che in molti Paesi del Sud salari e produttività
vanno di pari passo, mentre è in quelli del Nord, Germania in testa, che la
forbice si allarga sempre di più, ma a discapito delle retribuzioni dei
lavoratori.

In altre parole, non c’è nessun eccesso di Stato sociale, nessun diritto dei
lavoratori da rimettere in discussione, nessun sacrificio da chiedere a chi
ha già pagato un caro prezzo per una crisi nella quale non ha alcuna
responsabilità. E’ dall’altra parte, nel Nord Europa, che alcune nazioni
hanno sistematicamente violato gli impegni europei, hanno intrapreso una
aggressiva politica di svalutazione salariale, e hanno improntato i rapporti
nell’UE a una competizione sfrenata sulla pelle dei lavoratori, in barba ai
proclami di collaborazione e alla stessa idea di “unione” europea.

Con questi dati, corretti della piccola “svista” sull’inflazione, la Bce di
fatto conferma quali siano le responsabilità della crisi. Come, prima di
tutto, i mostruosi debiti creati dalla finanza speculativa siano stati
trasferiti agli Stati, poi da questi ai cittadini. Oggi non c’è nessun altro
su cui scaricarli. Siamo rimasti con il cerino in mano e dobbiamo pagare il
conto. Ed è un conto estremamente salato proprio in termini di tagli al
welfare e allo Stato sociale, disoccupazione, precarietà e rimessa in
discussione di diritti dati per acquisiti. Ma per non farci protestare
troppo ci sentiamo ripetere quotidianamente che è pure colpa nostra. E che
dobbiamo stringere la cinghia per “restituire fiducia ai mercati”.

Ricordiamo che l’Fmi, nei suoi ultimi studi, riconosce che le politiche di
austerità in una fase di recessione non fanno altro che aggravare i
problemi. Diminuisce la spesa pubblica, quindi il Pil, e molto spesso questo
calo non è compensato da una analoga diminuzione del debito pubblico. Il
risultato, oltre a una devastazione sociale, è un peggioramento proprio di
quel rapporto debito/Pil che si pretende di diminuire.[3]

Da un lato, quindi, la Troika continua a imporre piani di austerità e
sacrifici a mezza Europa. Dall’altro, la stessa Troika ci mostra, dati alla
mano, che le cause sono altre e che comunque le soluzioni sono inutili e
nocive. L’unica speranza è che i burocrati europei, se non alle molteplici
analisi che provengono da un numero sempre crescente di economisti,
comincino a dare retta almeno a loro stessi.

[1] Mario Draghi – “Euro Area Economic Situation and the Foundation For
Growth” – Studio presentato all’euro summit il 14 marzo 2013
[2] Andrew Watt – “Is Europe’s central bank misleading us over who’s to
blame for eurozone crisis?” – The Guardian, 27 marzo 2013.
[3] Sbilanciamoci.info – “Austerità, Blanchard fa autocritica”
www.sbilanciamoci.info/Sezioni/capitali/Austerita-Blanchard-fa-l-autocritica
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sbilanciamoci.info