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Autor: Massimiliano Piagentini
Data:  
A: forumlucca
Assumpte: [Forumlucca] "L'alternativa? Un'altra volta" (riflessioni di Piero Maestri)
L'alternativa? Un'altra volta
Piero Maestri

Pubblicate ufficialmente le liste di Rivoluzione civile si comprende
la delusione dei vari attivisti e si può osservare da vicino la
blindatura dei partiti che compongono l'alleanza

Finalmente le liste dei candidati per le elezioni politiche del 24 e
25 febbraio sono state presentate.
Inutile commentare le fibrillazioni del centrodestra berlusconiano,
alle prese con una nuova versione del noto dilemma morettiano per cui
“Cosentino fa più danni se viene o se sta in disparte?” e con le rese
dei conti delle varie consorterie (nella Lega Nord come nel neonato
gruppo post-fascista dei Fratelli d’Italia).
Poco interessante anche guardare al personale politico delle liste
Monti, diviso tra un vasto riciclaggio di vecchi democristiani e
ambiziosi “innovatori” a cui viene fornito il Kit del montiano doc.
Il Pd tutto sommato riesce a fare una figura migliore, con un discreto
rispetto dei risultati delle primarie per i candidati, che porteranno
ad un forte rinnovamento dei suoi deputati e senatori – senza per
questo alcun rischio sulla fedeltà alla linea data rappresentata da un
Bersani sempre più vicino alle posizioni di Monti.
Un po’ meno rispetto per le primarie viene dalle scelte di Sel, che
avendo meno posti a disposizione, deve comunque garantire candidati di
partito, in particolare quelli che in questi anni hanno sostenuto
senza critiche il ruolo del capo (con gli altri i conti sono stati
fatti nell’ultimo anno) e del suo stato maggiore, vecchio o giovane
che sia.

Le liste di Sel sono anche un buon esempio di come si utilizzi nella
peggior maniera la cosiddetta “società civile”: si pescano un po’ di
candidate/i indipendenti, autorevoli e spesso competenti in diversi
campi, per metterli al servizio di una politica complessiva basata
sull’accordo politico e programmatico con il PD, accordo che nega
tutto quanto questi candidati rappresenterebbero: è il caso, solo per
fare un esempio, di Giulio Marcon, pacifista che dovrà affiancare i
peggiori guerrafondai del Pd come Roberta Pinotti; o di Giorgio
Airaudo della Fiom, che già dichiara che non voterà un’eventuale
fiducia a Monti, mentre il suo leader già prospetta possibili accordi
sulle “riforme costituzionali”.
Siamo ancora fermi alle esperienze negative di Rifondazione: candidati
pescati dalla società civile per fare da specchietto per le allodole,
senza che questi rappresentino una rottura con i metodi consueti di
cooptazione del ceto politico e quindi senza rotture sul piano della
logica della “rappresentanza”.

Purtroppo a questo pessimo andazzo non si è sottratta nemmeno la lista
di “Rivoluzione Civile”, che ha costruito le sue liste sulla base di
due criteri: un accordo blindato dai vertici tra i partiti (Prc, Pdci,
Verdi, Idv – con quest’ultima grande protagonista) e anche qui la
scelta verticistica di “rappresentanti della società civile” graditi a
Ingroia e soci.
E così assistiamo a bocciature clamorose, una su tutte quella di
Nicoletta Dosio, attivista No Tav con la tessera del Prc, sacrificata
dal suo stesso partito sull’altare della garanzia di posti per
esponenti di partito.
Allo stesso tempo si promuovono personaggi come Li Gotti o Giardullo,
che con la sinistra e l’alternativa non hanno proprio nulla a che
vedere. Ma anche personaggi come Flavio Lotti, immarcescibile leader
della “Tavola della pace” che in questi anni ha sempre retto il gioco
al Pd e i suoi sodali (mirabile al proposito la sua marcia “per la
pace” Perugia-Assisi del ’99, quando invitò il bombardiere D’Alema per
“ricucire lo strappo” della guerra alla Jugoslavia…) e nelle varie
elezioni passate ha cercato di farsi candidare da chiunque glielo
proponesse.

Esemplare per la sua capacità di arrampicarsi sugli specchi il
commento del segretario del Prc di Torino, Ezio Locatelli che scrive a
questo proposito “quello che non bisogna perdere di vista, pure a
fronte delle traversie nella definizione delle candidature, è il
motivo fondamentale per cui abbiamo contribuito alla nascita della
coalizione “Rivoluzione civile”, la necessità di tener aperto uno
spazio politico a sinistra in un momento in cui tutti gli spazi
rischiano di chiudersi”, che tradotto dal politichese significa:
“l’unica cosa che conta è garantirsi qualche posto in Parlamento. Ci
dispiace per compagni come Dosio o Agnoletto, ma Montecitorio val bene
qualche sacrificio”…..
Non ci convince nemmeno la tardiva “denuncia” di Vittorio Agnoletto,
che giustamente stigmatizza il “veto” nei suoi confronti, ma non prova
nemmeno a avanzare una qualche autocritica, essendo stato tra quelli
che hanno gestito fin dall’inizio i passaggi che da “Cambiare si può”
hanno portato all’espropriazione di ogni istanza di base reggendo il
gioco a chi, come il Prc, fingeva di guardare alla base per blindare
gli accordi di vertice. In fondo l’esclusione di Agnoletto porta la
responsabilità maggiore tra i suoi “amici” che non tra i suoi
“nemici”.

Peccato. In molte e molti (le liste, va detto, non rispettano
assolutamente un minimo criterio di genere) avevamo sperato che –
anche se con tempi stretti – potesse prendere vita un processo davvero
nuovo, che non mettesse in discussione i “partiti” in quanto tali, ma
le loro pratiche concrete e la realtà della loro distanza da ogni
ipotesi alternativa e valorizzasse i movimenti sociali e le lotte che
si sono espresse in questi anni (dal NoTav agli studenti, dal
Movimento per l’acqua pubblica ad altre esperienze di resistenza alle
politiche di austerità di lavoratrici e lavoratori).
Dal 1° dicembre le assemblee di “Cambiare si può” avevano davvero
fatto pensare che si potesse cambiare. Invece ha vinto il ceto
politico consueto, non quindi genericamente i “partiti”, ma una
pratica deleteria di essere “partito”, pronta ancora una volta a
espropriare qualsiasi possibilità di partecipazione dal basso e di
democrazia reale.
E l’alternativa? Sarà per un’altra volta….