a proposito di niente, sono arrivata a Stoccolma, paci, pilar
 Date: Tue, 15 Jan 2013 20:54:59 +0100
Subject: Fwd: Prospero Gallinari: un uomo del '900
From: virginia.onorato@???
To: claudio.avvisati@???; l.bracci@???; sarinaletta@???; pilarcastel@???; nandanobile@???
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                Prospero Gallinari: un uomo del ’900
                gennaio 15, 2013
            
            
                
                
                                    
            
            
                                
Ecco una delle migliori risposte a 
tutti quelli che in queste ore, anche su versanti opposti, stanno 
raccontando un Prospero Gallinari aguzzino, stalinista (in coppia Andrea Colombo e Giovanni Fasanella), figura ambigua e carica di reticenze che avrebbe portato con sé silenzi e segreti.
Torneremo su quello che hanno dichiarato e scritto storici come Gotor, cospirazionisti come Fasanella. Ora leggete questo testo
 Davide Steccanella lunedì 14 gennaio 2013
E’ prevedibile che la sua morte, improvvisa, ma le condizioni di salute di Prospero Gallinari
 rendevano in verità miracoloso ogni giorno di sopravvivenza a far tempo
 da quel micidiale ferimento del 2 settembre 1979 in occasione del suo 
secondo arresto, indurrà i principali media nostrani a quelle solite e 
scontate considerazioni cui da sempre e vanamente egli stesso ha cercato
 fino all’ultimo di replicare.
Era
 sforzo inutile infatti, quello di spiegare all’interlocutore di turno 
quella “storia” che lo aveva visto protagonista insieme a tanti e che 
poi di colpo si decise altrettanto collettivamente di rimuovere. Ci ha 
provato negli anni, sia da detenuto, sia da domiciliato sanitario, prima
 scrivendo insieme ad altri alcuni tra i più significativi documenti dal
 carcere, poi pubblicando due libri, uno su quella “altra parte”, quella
 dei tanti parenti dei tanti imprigionati politici di quegli anni della 
emergenza, e uno raccontando la propria storia di “contadino nella 
metropoli”, e infine accettando anche di rispondere ad alcune interviste
 di diversa ispirazione, l’ultima della quale in un recente documentario
 francese, in gran parte dedicato alla operazione Moro.
Velleità impossibile quella di Gallinari, e nonostante si trattasse 
in realtà di una persino banale richiesta neppure di rilettura ma di 
semplice lettura, lettura di un ben preciso periodo storico del quale 
tutti, se solo lo avessero voluto, avrebbero avuto strumenti e 
possibilità di comprenderne i significati e gli esiti, ma era appunto 
missione impossibile. Sorprendeva e spiazzava quella sua ferrea logica 
che rispondeva con pacatezza ma altrettanta efficacia a quelle solite 
obiezioni di rito che bisognava per forza fare a chi si era reso 
responsabile di azioni così cruente, pena, in caso contrario, la 
scomunica dell’intervistatore. Spiazzava qualsiasi interlocutore quel 
suo limitarsi a rispondere che la sua “storia” era perfettamente 
inserita nella “Storia” di quella significativa parte di novecento non 
solo italiano ma mondiale che aveva segnato la vita di tanti come lui e 
non solo di quelli come lui, come sempre accade in occasione dei grandi 
fenomeni storici.
Aveva un gran bel raccontare Gallinari di quella sua infanzia 
contadina emiliana dove il padrone abitava la casa riscaldata e arredata
 che sovrastava quei poderi dove loro, i contadini, non solo lavoravano 
ma anche abitavano in condizioni disumane.
Aveva un bel raccontare di quella insurrezione generale contro tutto 
quello che di male secolare c’era che era esplosa collettiva in ogni 
realtà, e che aveva indotto molti a sperare davvero in quella 
rivoluzione che fino a quel momento si era solo letta.
Aveva un bel raccontare che negli anni della sua militanza armata 
persino le infermiere dell’ospedale dove fu ricoverato in fin di vita 
erano parte di quella insurrezione collettiva che faceva si che gli 
studenti universitari ascoltassero in pubblica assemblea un brigatista 
che parlava di politica durante il sequestro Moro.
Aveva un bel raccontare che proprio quella più famosa operazione della 
storia della guerriglia urbana di quegli anni era una delle tante 
operazioni di una guerra assai più lunga e sofferta scatenata anni prima
 e durata per molti anni ancora, ed aveva un bel raccontare che anche le
 Brigate Rosse erano figlie di quel “clima”, così lo chiamava, che aveva
 visto le forze politiche della sinistra parlamentare arrivare quasi 
alla maggioranza dei voti, voti che non a caso si erano poi liquefatti 
proprio quando con la fine di quel “clima” anche la sua guerriglia 
armata era risultata sconfitta.
Tentava poi di spiegare la “sua” guerra ed i “suoi” obiettivi che, 
come ogni guerra, non può certo soffermarsi sull’individuo, cosi come il
 soldato in trincea non può soffermarsi sul nome del nemico con cui si 
sta reciprocamente sparando addosso per la conquista ovvero la difesa 
della postazione strategica. Niente da fare, a Gallinari, cui non poteva
 essere riconosciuta la patente di soldato (anche se lo era), né quella 
di rivoluzionario quale pure era, non vene riconosciuta mai neppure 
quella di comunista quale lui si dichiarava, perché il Partito comunista
 ufficiale in Italia voleva governare con quella Democrazia Cristiana 
del governo fascista di Tambroni che nella sua città aveva determinato 5
 morti sulla piazza.
E così non è mai riuscito a spiegare quella sua storia, che era poi 
la Storia nostrana, o meglio lo ha fatto in molte occasioni e chiunque 
facilmente potrà verificarlo, ma è del tutto ovvio che per ragioni, 
altrettanto ovvie, tutto questo non ci sarà negli scritti ufficiali che 
lo evocheranno. La sua storia la sapranno sempre in pochi, quella che 
verrà insegnata sarà invece quella di un brutale assassino che un bel 
giorno decise, e non si sa bene perché, di diventare tale, e che un 
altro bel giorno ed altrettanto incomprensibilmente decise poi di non 
esserlo più. Del resto il mondo che allora non piaceva a Gallinari non è
 cambiato, le stesse se non peggiori ingiustizie di allora sono vigenti 
ancora oggi, e quindi credo che proprio Gallinari, che ai tempi ci aveva
 provato ed aveva perso, sarebbe oggi proprio l’ultimo a stupirsi di 
tutto ciò. Gli resta l’affetto dei compagni di allora ed il rispetto di 
chi si è semplicemente limitato ad ascoltare quello che ha detto o a 
leggere quello che ha scritto.
Link
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