P. Mauro Armanino è un missionario cattolico che opera dall'aprile
del 2011 a Niamey, capitale del Niger. Dal 2008 all'inizio del
2011 ha vissuto nel Centro storico di Genova, lavorando soprattutto
con i migranti.
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Ha più volte espresso solidarietà e vicinanza alla nostra "Ora in
silenzio per la pace"; questa mattina ci ha inoltrato l'articolo che
incolliamo di seguito, a proposito dell'intervento francese in Mali,
noi che consideriamo un ennesimo episodio di colonialismo, vergogna
per la Francia, per l'Europa e per l'ONU.
Distribuiremo tale articolo, in sostituzione del testo già previsto,
durante la 555° ora in silenzio per la pace, sui gradini del palazzo
ducale di genova
MALI: OLTRE
LA GUERRA AL
TERRORISMO, GLI INTERESSI DETTI E NON DETTI DI PARIGI
di Celine
Camoin
. Scritto il gen
15
2013 alle 7:00.
Terzo
produttore
di oro dell’Africa, uno dei principali produttori di cotone, neo
produttore di ferro, dotato di giacimenti operativi o tuttora in
fase di
esplorazione di uranio, fosfato, granito, o ancora di petrolio,
di cui si
conosce l’esistenza ma che non è ancora estratto nel bacino del
Taoudéni, a
cavallo tra la Mauritania e il nord del paese: non sono pochi
gli interessi
economici che gravitano attorno al
Mali e che potrebbero aver spinto Parigi a
intervenire
direttamente per impedire che l’intero paese cada in mano a
gruppi criminali
incontrollabili
.
Senza
mettere
in dubbio le minacce che i gruppi armati islamisti fanno pesare
sulle
popolazioni e sull’integrità del Mali, sorgono alcune voci
discordanti
nell’oceano di plausi che hanno accompagnato l’impegno del
presidente François
Hollande a sconfiggere il terrorismo.
Da
Parigi,
l’associazione Survie sottolinea innanzitutto che l’operazione
militare
Serval non rientra nel quadro delle tre risoluzioni dell’Onu sul
Mali, che
hanno aperto sì la via a un intervento militare, ma sotto
responsabilità
africana.
L’operazione
si
sta già protraendo oltre la logica dell’attacco a sorpresa e
rischia di
trascinare la popolazione maliana e gli altri Stati della
regione in un
pericoloso scenario. “Il bilancio negativo dei recenti
antecedenti francesi in
Africa dimostra che tali rischi sono reali” scrive Survie in una
nota,
ricordando che gli interventi in Costa d’Avorio e in Libia, nel
2011, hanno
portato a situazioni esplosive passate sotto silenzio.
A
fornire un’altra chiave di lettura è l’Osservatorio francese sul
nucleare,
particolarmente attento alle questioni che legano la
Francia allo sfruttamento dell’uranio nel vicino Niger.
Secondo
l’Osservatorio, a motivare l’azione della
Francia in Mali sarebbe sopratutto l’interesse a
proteggere gli
approvvigionamenti delle centrali nucleari francesi con l’uranio
estratto nel
nord del Niger, separato dal nord del Mali soltanto da una riga
sulle cartine
geografiche.
“A
tale proposito – scrive l’Osservatorio – è importante
sottolineare la perversità delle ex potenze coloniali che
tracciarono in
passato confini assurdi, senza rispetto per l’insediamento delle
popolazioni,
creando paesi dai contorni curiosi: il Niger e il Mali sono a
forma di
clessidra con le capitali relegate nel sud-ovest, lontane e
decentrate rispetto
alle immense regioni del nord, principalmente desertiche. Così
per 40 anni
Areva (già Cogema) ha potuto accaparrarsi in tutta tranquillità
l’uranio
nigerino in miniere ubicate a 500 chilometri dalla capitale”.
Secondo
una
fonte occidentale di Atlas a Niamey, il cui anonimato sarà
preservato per
motivi di sicurezza, la minaccia terroristica è stato il
pretesto che ha
permesso alla Francia, ex potenza coloniale, di ribadire la sua
tutela su
quella regione africana, senza curarsi delle conseguenze
umanitarie e dei
possibili ‘danni collaterali’.