[Forumlucca] PURTROPPO NON SI PUO'. Bravo Cannavò

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ismo-realeq&Itemid=15> Cannavò: il fuoco della sinistra

Giovedì 03 Gennaio 2013 14:26
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ion&id=3&Itemid=14> Attualità e Polemiche -
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gory&id=6:il-dibattito-sul-qsocialismo-realeq&Itemid=15> Il dibattito sul
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Ginsborg, Ingroia e il fuoco della sinistra

Salvatore Cannavòda <http://www.ilmegafonoquotidiano.it> Il
megafonoquotidiano

I commenti contro i "professori" che non gradiscono la lista del magistrato
mettono in mostra una cultura politica partitista e frontista che ricorda
gli anni 50

Nella vicenda della lista Ingroia e del dibattito che ha attraversato
l'appello di "Cambiare si può" finora ci si è concentrati sulle posizioni
dei promotori di quel testo, in prevalenza fondatori di Alba (Revelli,
Ginsborg, Pepino, Gallino, Sasso e altri) e sulla loro delusione. I
"professori" citati si sono esposti
<http://www.facebook.com/pages/Cambiare-si-pu%C3%B2-Noi-ci-siamo/43883690950
8434> pubblicando in rete le loro opinioni a proposito delle trattative
elettorali con Antonio Ingroia, titolare di una lista composta in prevalenza
da partiti: Idv, Pdci, Prc, Verdi. Un odore di Arcobaleno che non promette
nulla di nuovo e che ha, paradossalmente, provocato anche
<http://www.huffingtonpost.it/fausto-bertinotti/lista-ingroia-unoccasione_b_
2396636.html?utm_hp_ref=italy> la delusione di Fausto Bertinotti,
inizialmente aperturista nei confronti del magistrato palermitano.

L'ultimo, in ordine di tempo, è Paul Ginsborg, il cui commento è stato
pubblicato dal profilo Facebook di Cambiare si può il 3 gennaio. La presa di
distanza dalla lista di Ingroia è evidente così come, forse, la sorpresa o
la delusione per essere stati smentiti dalla consultazione telematica
condotta da Cambiare si può che ha premiato con oltre il 60% il Sì
all'ipotesi di lista.

La vicenda è piuttosto anomala perché come non succede frequentemente, i
promotori sono stati bocciati dal voto ma hanno rappresentato finora la
direzione di quel processo che ora si trova senza rappresentanti
riconosciuti e riconoscibili. Marco Revelli, Livio Pepino e Chiara Sasso che
dall'assemblea del 22 dicembre erano stati indicati come il "gruppo di
trattativa" con Ingroia, avendo espresso le proprie riserve rispetto
all'accordo elettorale e riconoscendo legittimità al voto telematico che li
ha visti battuti, si sono fatti da parte. Ora, Paul Ginsborg dice
apertamente che tornerà alla occupazione prevalente di Alba, il soggetto che
era stato pensato anche per la prova elettorale ma che ora, presumibilmente,
si dedicherà soprattutto a un lavoro di campagne politiche. Va anche
sottolineato che lo stesso Ginsborg annuncia il suo voto a favore della
lista Rivoluzione civile di Ingroia anche se non ne approva le modalità di
formazione.

Il tenore degli interventi dei professori è sembrato, nella sostanza,
rispettoso anche se deluso. Quello che colpisce è la violenza dei commenti
cui sono stati fatti oggetto, accusati di non voler rispettare il voto della
maggioranza, di protagonismo, di voler solo "spaccare il capello in
quattro", di dividere, e così via.
Loro stessi se ne sono meravigliati e hanno cercato di rispondere alle
critiche venendo sommersi da altri insulti.
Il commento di Paul Ginsborg, citato sopra, si trascina dietro commenti di
questo tipo: "Questa è gente con il portafoglio pieno" oppure "Ginsborg
trovati un lavoro vero, di vate ce ne sono fin troppi". Sostenere che uno
degli intellettuali più brillanti della cultura politica italiana, al di là
delle divergenze che si possono avere con il pensiero di Ginsborg, debba
trovarsi "un lavoro vero" fa pensare alla diffidenza di Pol Pot per quelli
che avevano gli occhiali o, senza spingersi così in là con il dileggio, a
una certa concezione mao-staliniana sul rapporto tra lavoro manuale e lavoro
intellettuale. E, del resto, nei commenti quello che prevale è proprio una
concezione vetusta e sconfitta del pensiero della sinistra, residuo di
frontismo e di partitismo che non fa fatica a trovarsi a proprio agio nel
metodo, nei contenuti e nel profilo politico che la lista Ingroia sta
assumendo. Il regista occulto dell'operazione, del resto, sembra essere
proprio uno dei dirigenti comunisti più classici e tradizionali, Oliviero
Diliberto.

Così stupisce meno che per criticare, dileggiandolo, Ginsborg si citino i
fatti di Ungheria: "Sono stufa degli intellettuali autoreferenziali che, se
le cose non vanno come dicono loro, abbandonano la baracca e giocano a fare
i guastatori, per il solo gusto di dire, se le cose vanno male davvero:
"avevamo ragione noi, avete visto?" E' dal 1956 che questi esteti di se
stessi rappresentano un cancro per la Sinistra". Che nel 2012 ci sia
qualcuno che frequentando Facebook abbia nostalgia per l'Unità del 1956 che
sparava a palle incatenate contro i dissidenti del Pci la dice lunga sulla
resistenza di una cultura antica che in questa vicenda sembra rivenire a
galla come l'ultimo residuo significativo della presenza comunista in
Italia. Frontismo e partitismo, dicevamo. Citiamo ancora un commento: "Ma
pensa se durante la Resistenza si forse detto:di no i socialisti perché
Mussolini era socialista e no i cattolici che sostennero il suo primo
governo e no i monarchici che sostengono il re e no i comunisti perché sono
stalinisti .... Ma chi la faceva?". L'idea che la lista Ingroia assomigli al
processo della Resistenza è un elemento ricorrente e costituisce il filo
conduttore della discussione. La lista, fondamentalmente, è l'ultima
occasione della sinistra per ritornare in Parlamento. Se questo non
accadesse l'eventualità sarebbe così disastrosa da venire associata al
fascismo o al ventennio berlusconiano. Per questo l'ossessione dell'unità
scandisce ogni commento e viene brandita contro ogni obiezione e critica.
Bisogna stare uniti, tutti insieme, superare la soglia del 4%, non importa
come, non importa con chi, non importa altro. In questo modo, è ovvio,
Antonio Ingroia riceve una delega illimitata e potrà fare e dire quello che
vuole arrivando al paradosso di scrivere lettere a Beppe Grillo che, invece,
rappresenta la bestia nera degli stessi che insultano Ginsborg e lodano il
magistrato. A spiegare questo comportamento è ancora un lettore del
professore italo-inglese: "Con la casa che và a fuoco una persona di buon
senso non chiederà mai a chi è disposto ad aiutarlo nello spegnimento da che
parte viene in quanto l'obbiettivo è comune". Ingroia è chiamato a spegnere
il fuoco di una sinistra che rischia la scomparsa. Ma la cultura che emerge
da questi richiami e da questi commenti indica che il fuoco ha già fatto
molti, troppi danni. Irreversibili.