Di fronte ai nuovi massacri di
Gaza, pacifisti e pacifiste dell'ora in silenzio per la pace
distribuiranno durante l' "ORA" di oggi, il volantino incollato
di seguito, in sostituzione di quello già previsto.
Invitano chi condivide la loro indignazione a partecipare: dalle
18 alle 19 sui gradini del palazzo ducale di genova.
Altre info su
www.orainsilenzioperlapace.org
Speciale
Gaza/ Quando Israele attacca non è mai
per caso
Una situazione “imprevedibile” quella cui
stiamo assistendo in
queste ore. Nel quarto giorno di operazioni militari su Gaza
la certezza sembra
una sola: quando Israele attacca, non è mai per caso.
Conversazione con Luisa
Morgantini da Ramallah.
Portavoce dell’Associazione per la Pace, già
vice presidente del
Parlamento Europeo, Morgantini è un nome storico
dell’attivismo: in questi
giorni si trova a Ramallah, nella Cisgiordania occupata, e
segue con apprensione
gli sviluppi dell’operazione “Colonna di fumo”.
“L’unica certezza – dice – è che a pagare,
come sempre, è la
popolazione civile”.
Nelle ultime ore l’escalation di violenza non
si è arrestata:
l’esercito israeliano ha dato l’ordine di intensificare le
operazioni aeree,
mentre resta alto il timore che si stia preparando
un’incursione di terra, con
75 mila riservisti richiamati.
“I palestinesi di Gaza sono ancora una volta
vittime di un
attacco indiscriminato, e il silenzio della comunità
internazionale e
dell’Europa è vergognoso”,. Gli Stati Uniti e la comunità
internazionale
dovrebbero chiedere l’immediato ripristino della legalità e la
cessazione di
questa occupazione, che è all’origine di tutte le tensioni”.
Una cosa è certa, a suo parere: quando
Israele decide di
attaccare, il momento non è mai casuale.
“Bisogna considerare due fattori: la richiesta
di riconoscimento
alle Nazioni Unite da parte del presidente Abbas, e
l’avvicinarsi delle
elezioni interne israeliane.
Le offensive da parte di Israele a ridosso
delle elezioni sono
una costante storica: cinque su sette delle ultime tornate
elettorali in
Israele hanno visto campagne condotte a suon di guerre. È
quello che sta
facendo anche Netanyahu”.
C’è poi la richiesta della Palestina di essere
riconosciuta come
stato osservatore alle Nazioni Unite: l’appuntamento con il
voto, previsto per
il 29 novembre, era stato accompagnato da un crescendo di
mobilitazioni in
tutta la Cisgiordania: E in questo quadro, diventa evidente
che l’operazione “Colonna
di fumo” è anche un modo per rafforzare la già massiccia
campagna di Israele e
Stati Uniti contro l’iniziativa alle Nazioni Unite; una via
per oscurare la
leadership di Abbas, che riporta Hamas a guadagnare spazio nel
cuore della
gente.
Ma c’è un altro fattore che non deve essere
sottovalutato: le
operazioni israeliane, secondo Morgantini, si stanno
concentrando su due
fronti.
Perché mentre la Striscia di Gaza è sottoposta
ai bombardamenti,
“in Cisgiordania c’è un aumento vertiginoso delle attività di
colonizzazione.
ci sono zone dove nel giro di poche ore vengono abbattuti
alberi, spianati
terreni e installati gli avamposti per la creazione di nuovi
insediamenti. A
proteggere i coloni c’è l’esercito, segno evidente dell’avallo
da parte del
governo israeliano.
Da una parte si bombarda, dall’altra crescono a
ritmo incessante
le colonie: e come al solito la popolazione palestinese paga
Non c’è
niente di casuale, quando
Israele decide di attaccare. Che sia con operazioni
militari incondizionate, o
con gli assassini mirati di personaggi scomodi.
Come Ahmed al Jabali, ucciso lo scorso 14
novembre in un attacco
mirato.
“La sua uccisione non rappresenta una novità:
quello di
eliminare gli interlocutori necessari ai negoziati è un
classico comportamento
di Israele sin dalla seconda Intifada”, sostiene Morgantini.
“Intanto, mentre si moltiplicano le
manifestazioni di
solidarietà in tutto il mondo - contraltare popolare
all’immobilismo dei paesi
arabi e dei governi internazionali – si rincorrono le notizie
di disordini
anche in Cisgiordania.
“La gente qui è stanca e disperata – ammette
Morgantini.
“Si sente impotente, abbandonata. Non crede più
a nessuno, non
si sente rappresentata da questa leadership, vuole solo vivere
e non essere
massacrata un’altra volta.
A Gaza, il lavoro della stampa in queste ore lo
fanno gli
attivisti e gli operatori delle Ong che hanno scelto di
restare. “Sono otto gli
italiani attualmente a Gaza”, ricorda Morgantini. “Ho parlato
con alcuni di
loro questa mattina: non sono bloccati lì, semplicemente non
vogliono
andarsene.
Vogliono restare finché sarà possibile e
continuare a informare
su quello che sta succedendo”.
17 novembre 2012
Tratto da articolo dii
Cecilia
Dalla
Negra
http://www.osservatorioiraq.it/