mercoledì 14 novembre 2012 alle 9 e 41 rimbaud <rimbaud@???>
ha scritto:
> e un po' di
> paura, fors'anche, di eventuali "eterogenesi dei fini", come diceva
> quello là, intendendo "fai una cosa con un certo obbiettivo, e si
> produce un risultato diverso". E se anche andasse così? A parte che
> son molto diversi i tempi.
Quello che voglio dire qui, è che si dà sempre il caso che qualsiasi
rivendicazione "dal basso", e quanto più fosse seria, ci porti via via
più vicini, tra azione e reazione, a quel tipo di guerre che ci fan
cagare.
Quello là (il Trotsky!) sosteneva che "la guerra è il motore della
rivoluzione", perché a volte accadde che proprio nel dopoguerra si
producessero le rivendicazioni più veementi in chiave "scontro di
classe" invece che in chiave "scontro tra civiltà", se così la vogliam
mettere. Perché la gente tornava dalla guerra e, non di rado, aveva
perso tutto, o quasi tutto, e gli giravan le palle, e c'aveva magari i
fucili, e c'aveva magari che aveva imparato a usarli, e magari ci
provava.
Ma anche, se andiamo a vedere come ci provò qui in italia nel primo
dopoguerra... veramente non possiam dire che fossero dei pazzi
sanguinari, le schioppettate le usarono, se le usarono, al minimo
possibile. Anzi, forse non le usarono punto, nel primo dopoguerra, le
minacciarono magari. Però, si creò tutto un movimento composito che
portò al biennio rosso, che fu lì lì per sfociare in rivoluzione, non
fosse che i sindacati confederali fecero grossi passi indietro al
momento della massima tensione.
Su questo scrisse anche Gianni Bosio, sostenendo che lì la posizione
più "consapevole" fu degli anarchici, che volevano, in maggioranza, che
quel movimento si facesse rivoluzione per davvero.
Ci fu però anche che Malatesta "finì in galera", e ci fu però anche che
alcuni giovani e non tanto consapevoli anarchici finirono per fare la
Gran Cazzata: per "chiedere" la liberazione di Malatesta, fecero una
strage..... errr.... d'innocenti..... a Milano, dove volevano far fuori
un riccone mi pare, e invece fecero fuori parecchie persone che
assistevano a uno spettacolo teatrale qui a Milano, al teatro Diana mi
pare.
Questa, sebbene dimenticata, fu forse la cosa che guadagnò al più o
meno nascente fascismo una sporta e mezza di consensi.
Fine del biennio rosso, avvento del fascismo, guerra; ma anche
Resistenza, cioè gente di diversi credo politici ecc., che a una certo
punto disse "be', qua si esagera" e, lo sappiamo.
Detto questo, però, nella storia si dà anche il caso "inverso": la
rivoluzione francese produsse poi Napoleòn ecc. ecc., sostanzialmente
perché la borghesia era numericamente ben più limitata del pueblo, ma
parecchio, parecchio più "sgamata" culturalmente ecc.
Non lo so l'oggi a cosa somiglia di più, tra rivoluzione francese e
altre, e certo ci ha molti elementi abbastanza inediti, tra cui appunto,
fortissimo, la rete, con le sue possibilità di dare conoscenza, a chi
la vuole. Adesso un po' in crisi, o un po' più in crisi del solito,
anche quest'aspetto. Però cmq quel che sta accadendo ha più analogie
con la riv. francese, e il "soggetto" che si muove non è solo la
borghesia scontenta dei relativi salassi e pimpumpam, ma anche un po'
il pueblo proprio, gli operai ecc.
Io son dell'idea che non serva più, non abbia più senso, lottare
facendo finta di non sapere che tutte queste cose, più forti si
facessero, più forse rischierebbero di portarci, tra azione e reazione,
vicini alle guerre che non ci piacciono. Che non abbia più senso
perché, per come la vedo io, è prevalentemente un "fingere ingenuità",
anche quando è una coscienza un po' rimossa. E che non abbia più senso
perché qualsiasi cosa si riuscisse a (ri)ottenere in termini di diritti
sul lavoro, di evoluzione dei diritti civili, *varrebbe comunque la
pena, anche se la pena fossero le guerre in cui forse di nuovo, tra
azione e reazione, tutto sfocerebbe*.
Il mio discorso di fondo è questo: non ha senso far finta di niente
rispetto a quel di più di conoscenza che abbiamo ottenuto con la rete
ecc.; bisogna solo saperlo reggere e non farsene spaventare.
Non è detto che non spunti, voglio dire, nemmeno, che so, una quinta o
sesta o quel che l'è internazionale; ma, non si può andare avanti a
utopizzare utopie impossibili. Perciò, anche il discorso sui
videogiochi ecc., che se fossero in mano nostra più di quanto lo sono
adesso, potrebbero essere, insieme a tant'altro, immersi in tant'altro,
ciò che è mancato alle utopie per reggere, quantomeno, un pochino di
più. Perché mediamente la gente vuole vincere, molto più di quanto
voglia verità; molto più di quanto creda in quel che dice. La
competizione, la rivalità, la volontà di potenza, sono i motori più
forti della storia. Probabilmente dobbiamo ancora matabolizzare "chi
siamo noi", errrr, "materialisticamente", per potere ricominciare a
rischiare bene, forse meglio, e comunque "utilmente", comunque per il
bene.
C'è chi dice che "è in cina" che dovrebbero rivoluzionare... ma qui
davvero come scrisse il buon pasky quella volta, ci stan togliendo
tutto... quindi si dovrebbe rivoluzionare in ognidove, ma, cum
granellinum salis, per così dire....
Il problema cmq delle utopie "solite" è principalmente uno: e dopo,
dove la mettiamo tutta quella volontà di potenza? Quel desiderio di
competizione che nel comunismo reale venne schiacciato e fece,
prevalentemente quello, il senso di una libertà che mancava?
E che però davvero, io penso, sta ormai in eccesso, proprio in
generale, perché il margine di relativa autonomia che ha dato, in
alcune parti del mondo, all'uomo rispetto alla "natura" (di autonomia e
controllo ecc.) è già molto ampio, troppo si potrebbe ben dire, perché
ci stanno i Grandi Stronzi, i più grandi per me, che mentre i ghiacci
sciolgono vanno a trivellare.
Insomma, non creiamoci alibi per subire ancora, come cantava
quell'altro una volta :))
http://www.youtube.com/watch?v=m_oq-JcLY5o
Va be',
ho concluso,
BRAVO!
GRAZIE!
:))
ciao