Re: [Intergas] PSR: vita o morte delle aziende agricole

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Autore: vincenzo vasciaveo
Data:  
To: caloges, intergas
Oggetto: Re: [Intergas] PSR: vita o morte delle aziende agricole
Continuo a pensare che si equivochi.
L'esegesi del testo magari la facciamo domani a mente fresca, data l'ora.
Il senso (ma anche la lettera) dell'appello è, secondo me, chiaro.
Il sostegno, si chiede, deve andare a TUTTA l'agricoltura biologica, e non solo alla convenzionale (sostegno che invece sarebbe, secondo me, progressivamente da abolire!) e non solo all'agricoltura che fa parte di reti (non rientra nelle possibilità della Pac- Psr, che, ripeto, finanzia, e non può che finanziare, le SINGOLE aziende agricole sulla base delle priorità che si dà).
L'agricoltura è sostenibile o non lo è. Non è la rete che la rende tale, ma il modello produttivo della singola azienda.
Tale istanza viene oggi fatta dalle reti lombarde (per le quali non si chiede e non si può chiedere NESSUN finanziamento), in quanto strutture organizzate che chiedono di essere ascoltate per il sostegno che danno all'agricoltura sostenibile, visto che oggi si ascoltano solo le associazioni di categoria, notoriamente poco o nulla sensibili sul tema.
Il senso delle reti è proprio quello che fate voi per la carne, ad esempio.
Ma rete vuol dire anche DES e cioè rete contenente anche aziende agricole e non solo Gas.
In sostanza si chiede udienza e attenzione alle proposte delle reti solidali, per orientare i finanziamenti a favore di tutta l'agricoltura sostenibile, che faccia o meno parte di reti solidali.
Buona notte.
Vincenzo
----- Original Message -----
From: caloges@???
To: intergas@???
Sent: Tuesday, November 13, 2012 1:47 AM
Subject: [Intergas] PSR: vita o morte delle aziende agricole



Credo sia utile cercare di illustrare un po' ai non agricoltori come funziona il PSR (piano di sviluppo rurale), allo scopo di comprendere perchè l'argomento scateni tanta accesa discussione.

Noi vogliamo solo salvare le nostre aziende!




Come tutti sappiamo, i prezzi (imposti dal “libero mercato”, diciamo per semplificare) delle derrate agricole sono molto bassi, spesso addirittura insufficienti a coprire i costi di produzione (parlo di prodotti primari: es frutta verdura foraggi carne etc). In queste condizioni, la stragrande maggioranza delle aziende agricole (con eccezione delle produttrici di trasformati “di pregio” e con buon mercato proprio di vendita diretta o quasi) sarebbero costrette a chiudere ( e come sappiamo molte lo fanno). PERO' la quasi totalità delle aziende, con l'eccezione delle piccolissime che nemmeno ci provano e dei rari protestatari politici, riescono a coprire una parte significativa delle perdite attraverso i fondi distribuiti dal PSR.

Ovviamente si tratta di un meccanismo di controllo: in questo modo si determina con scelte politiche chi salvare (erogando più fondi) e chi affondare (diminuendoli).

Non è raro il caso che anche oltre metà dell'introito di un'azienda agricola derivi dal PSR (tanto per dare un'idea).

Il PSR può tutto: promuovere il riso, le biomasse, arricchire gli allevatori di cincillà e regalare alle banche quelli di cinciquà, promuovere il bio, oppure dimezzargli i fondi parificandolo all'integrato, oppure stanziare fondi insufficienti per tutti i produttori...le strategie sono infinite e sottili, come è sempre per politica e burocrazia.




Ora, chiedere di partecipare alla stanza dei bottoni del PSR, renderebbe possibile pilotare in qualche modo questi meccanismi, o almeno provarci.

La proposta che ho letto, è tutta in favore del sostegno, (copio e incollo):

dei percorsi locali di economia solidale: parternariati tra produttori e consumatori, esperienze di CSA (Community Supported Agricolture), dei sistemi partecipativi di garanzia, di filiere corte in contesti periurbani, piccola distribuzione organizzata.




In Lombardia, ci sono oltre 1200 aziende agircole bio, delle quali solo circa 700 produttori (gli altri sono trasformatori). Di questi produttori bio, solo una piccolissima parte hanno la fortuna di avere incontrato sul loro cammino una “rete solidale” che permette loro di salvarsi dall'estinzione (un'azienda recentemente ha raccontato che in un decimo di superficie agricola, dedicata alla vendita diretta al “consumo critico” ha un fatturato pari al restante 90% dedicato all'agricoltura convenzionale: un bell'incremento!).




Dirottare parte dei fondi PSR verso questo tipo di aziende (che già sono in qualche modo ora privilegiate) o addirittura verso i professionisti della tessitura di rete, di fatto sottrae fondi e quindi determina condizioni ancora pù drammatiche per le altre (parlo di piccole aziende biologiche in zone marginali, per esempio. Di aziende che son bio da 30 anni per scelta, e non bio da due anni per convenienza; di aziende che nessuno conosce e presidiano il territorio e che non incontreranno mai un salvifico gas, anche perchè i fondi verranno utilizzati per fare andare comodamente i gas nei punti di vendita e distribuzione organizzati dalle reti a pochi passi da casa. E' la questione del modello di sviluppo che da oltre un anno è in lista di attesa, mai accolta, come mio punto all ODG da discutere in assemblea).




Noi come GAS Dergano abbiamo scelto di privilegiare non l'agricoltura di prossimità o il km0, bensi la scelta di ambienti il più possiibile privi di problemi di inquinamento ambientale (siamo prevalentemente un gas di famiglie con bambini piccoli). I nostri “sfigati” produttori non fanno parte di reti solidali, sono mantenuti bene o male in vita dai GAS e dai clienti privati che riescono ad incontrare sul territorio. Noi come GAS , per esempio, consumiamo un quarto di mezzena di manzo ogni molti mesi, e senza altri gas o semplici famiglie che la pensano come noi, il nostro produttore di carne chiuderebbe.

Inoltre per noi è importante avere un rapporto e una conoscenza diretta con i produttori, ci piace sceglierli noi e che non vengano reclutati da un sistema . Io personalmente considero gli intermediari i veri storici nemici del contadino (e del consumatore, aggiornandosi a oggi).




Naturalmente, se veniamo “costretti” a d aderire e sottroscrivere un progetto che promuove e premia ulteriormente l'agricoltura periurbana o le reti di fatto già esistenti e delle quali non facciamo parte, questo sottrae “co-consumatori”e anche risorse al tipo di produttori che vogliamo sostenere noi. Non esiste solo l'agricoltura periurbana, ed è un nostro diritto che va rispettato quella di non promuoverla: non può diventare una legge universale la promozione dell'hinterland di Milano.

Non siamo e non vogliamo essere i forzati del piatto Expo.




sabina gas dergano




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