著者: caloges@libero.it 日付: To: intergas 題目: [Intergas] PSR: vita o morte delle aziende agricole
Credo sia utile cercare di illustrare
un po' ai non agricoltori come funziona il PSR (piano di sviluppo
rurale), allo scopo di comprendere perchè l'argomento scateni
tanta accesa discussione.
Noi vogliamo solo salvare le nostre
aziende!
Come tutti sappiamo, i prezzi (imposti
dal “libero mercato”, diciamo per semplificare) delle derrate
agricole sono molto bassi, spesso addirittura insufficienti a coprire
i costi di produzione (parlo di prodotti primari: es frutta verdura
foraggi carne etc). In queste condizioni, la stragrande maggioranza
delle aziende agricole (con eccezione delle produttrici di
trasformati “di pregio” e con buon mercato proprio di vendita
diretta o quasi) sarebbero costrette a chiudere ( e come sappiamo
molte lo fanno). PERO' la quasi totalità delle aziende, con
l'eccezione delle piccolissime che nemmeno ci provano e dei rari
protestatari politici, riescono a coprire una parte significativa
delle perdite attraverso i fondi distribuiti dal PSR.
Ovviamente si tratta di un meccanismo
di controllo: in questo modo si determina con scelte politiche chi
salvare (erogando più fondi) e chi affondare (diminuendoli).
Non è raro il caso che anche
oltre metà dell'introito di un'azienda agricola derivi dal PSR
(tanto per dare un'idea).
Il PSR può tutto: promuovere il
riso, le biomasse, arricchire gli allevatori di cincillà e
regalare alle banche quelli di cinciquà, promuovere il bio,
oppure dimezzargli i fondi parificandolo all'integrato, oppure
stanziare fondi insufficienti per tutti i produttori...le strategie
sono infinite e sottili, come è sempre per politica e
burocrazia.
Ora,
chiedere di partecipare alla stanza dei bottoni del PSR, renderebbe
possibile pilotare in qualche modo questi meccanismi, o almeno
provarci.
La
proposta che ho letto, è tutta in favore del sostegno, (copio
e incollo):
dei
percorsi locali di economia solidale: parternariati tra
produttori e consumatori, esperienze di CSA (Community Supported
Agricolture), dei sistemi partecipativi di garanzia, di filiere corte
in contesti periurbani, piccola distribuzione organizzata.
In
Lombardia, ci sono oltre 1200 aziende agircole bio, delle quali solo
circa 700 produttori (gli altri sono trasformatori). Di questi
produttori bio, solo una piccolissima parte hanno la fortuna di avere
incontrato sul loro cammino una “rete solidale” che permette loro
di salvarsi dall'estinzione (un'azienda recentemente ha raccontato
che in un decimo di superficie agricola, dedicata alla vendita
diretta al “consumo critico” ha un fatturato pari al restante 90%
dedicato all'agricoltura convenzionale: un bell'incremento!).
Dirottare
parte dei fondi PSR verso questo tipo di aziende (che già sono
in qualche modo ora privilegiate) o addirittura verso i
professionisti della tessitura di rete, di fatto sottrae fondi e
quindi determina condizioni ancora pù drammatiche per le altre
(parlo di piccole aziende biologiche in zone marginali, per esempio.
Di aziende che son bio da 30 anni per scelta, e non bio da due anni
per convenienza; di aziende che nessuno conosce e presidiano il
territorio e che non incontreranno mai un salvifico gas, anche perchè
i fondi verranno utilizzati per fare andare comodamente i gas nei
punti di vendita e distribuzione organizzati dalle reti a pochi passi
da casa. E' la questione del modello di sviluppo che da oltre un anno
è in lista di attesa, mai accolta, come mio punto all ODG da
discutere in assemblea).
Noi
come GAS Dergano abbiamo scelto di privilegiare non l'agricoltura di
prossimità o il km0, bensi la scelta di ambienti il più
possiibile privi di problemi di inquinamento ambientale (siamo
prevalentemente un gas di famiglie con bambini piccoli). I nostri
“sfigati” produttori non fanno parte di reti solidali, sono
mantenuti bene o male in vita dai GAS e dai clienti privati che
riescono ad incontrare sul territorio. Noi come GAS , per esempio,
consumiamo un quarto di mezzena di manzo ogni molti mesi, e senza
altri gas o semplici famiglie che la pensano come noi, il nostro
produttore di carne chiuderebbe.
Inoltre
per noi è importante avere un rapporto e una conoscenza
diretta con i produttori, ci piace sceglierli noi e che non vengano
reclutati da un sistema . Io personalmente considero gli intermediari
i veri storici nemici del contadino (e del consumatore, aggiornandosi
a oggi).
Naturalmente,
se veniamo “costretti” a d aderire e sottroscrivere un progetto
che promuove e premia ulteriormente l'agricoltura periurbana o le
reti di fatto già esistenti e delle quali non facciamo parte,
questo sottrae “co-consumatori”e anche risorse al tipo di
produttori che vogliamo sostenere noi. Non esiste solo l'agricoltura
periurbana, ed è un nostro diritto che va rispettato quella
di non promuoverla: non può diventare una legge universale la
promozione dell'hinterland di Milano.
Non
siamo e non vogliamo essere i forzati del piatto Expo.
sabina gas dergano