Mercoledì 17 ottobre dalle 18
alle 19 sui gradini del palazzo ducale di genova 542° ora in
silenzio per la pace.
Incollo il volantino che verrà distribuito.
Altre info su
www.orainsilenzioperlapace.org
incollo il volantino che verrà distribuito.
Siria: la Nato mira al gasdotto
Manlio
Dinucci: “il manifesto” 09/10/2012
La
dichiarazione di guerra
oggi non si usa più. Per farla bisogna però ancora trovare un
casus belli. Come
il proiettile di mortaio che, partito dalla Siria, ha
provocato 5 vittime in
Turchia. Ankara ha risposto a cannonate, mentre il parlamento
ha autorizzato il
governo Erdogan a effettuare operazioni militari in Siria. Una
cambiale in
bianco per la guerra, che la Nato è pronta a riscuotere.
Il Consiglio
atlantico ha
denunciato «gli atti aggressivi del regime siriano al confine
sudorientale
della Nato», pronto a far scattare l'articolo 5 che impegna ad
assistere con la
forza armata il paese membro attaccato. Ma è già in atto il
«non-articolo 5» -
introdotto durante la
guerra alla Jugoslavia e applicato contro l'Afghanistan e la
Libia - che
autorizza operazioni non previste dall'articolo 5, al di fuori
del territorio
dell'Alleanza. Eloquenti sono le immagini degli edifici di
Damasco e Aleppo
devastati con potentissimi esplosivi: opera non di semplici
ribelli, ma di
professionisti della guerra infiltrati. Circa 200 specialisti
delle forze
d'élite britanniche Sas e Sbs - riporta il «Daily Star» -
operano da mesi in
Siria, insieme a unità statunitensi e francesi. La forza
d'urto è costituita da
una raccogliticcia armata di gruppi islamici (fino a ieri
bollati da Washington
come terroristi) provenienti da Afghanistan, Bosnia, Cecenia,
Libia e altri
paesi. Nel gruppo di Abu Omar al-Chechen - riferisce l'inviato
del «Guardian»
ad Aleppo - gli ordini vengono dati in arabo, ma devono essere
tradotti in
ceceno, tagico, turco, dialetto saudita, urdu, francese e
altre lingue. Forniti
di passaporti falsi
(specialità
Cia)
,
i combattenti affluiscono nelle province turche di Adana e
Hatai, confinante
con la Siria, dove la Cia ha aperto centri di formazione
militare. Le armi
arrivano soprattutto via Arabia Saudita e Qatar che, come in
Libia, fornisce
anche forze speciali. Il comando delle operazioni è a bordo di
navi Nato nel
porto di Alessandretta.
Intanto, sul
monte Cassius a
ridosso della Siria, la Nato sta costruendo una nuova base di
spionaggio
elettronico, che si aggiunge a quella radar di Kisecik e a
quella aerea di
Incirlik. A Istanbul è stato aperto un centro di propaganda
dove dissidenti
siriani, formati dal Dipartimento di stato Usa, confezionano
le notizie e i
video che vengono diffusi tramite reti satellitari.
La
guerra Nato contro la Siria è dunque già in atto
, con
la
motivazione ufficiale di aiutare il paese a liberarsi dal
regime di Assad. Come
in Libia, si è infilato un cuneo nelle fratture interne per
far crollare lo
stato, strumentalizzando la tragedia delle popolazioni
travolte. Lo scopo è lo
stesso: Siria, Iran e Iraq hanno firmato nel luglio 2011 un
accordo per un
gasdotto che, entro il 2016, dovrebbe collegare il giacimento
iraniano di South
Pars, il maggiore del mondo, alla Siria e quindi al
Mediterraneo. La Siria,
dove è stato scoperto un altro grosso giacimento presso Homs,
può divenire un
hub di corridoi energetici alternativi a quelli attraverso la
Turchia e altri
percorsi, controllati dalle compagnie statunitensi ed europee.
Per questo si
vuole colpire e occupare. Lo hanno chiaro, in Turchia, i 129
deputati (un
quarto) contrari alla guerra e le migliaia di dimostranti con
lo slogan «No
all'intervento imperialista in Siria».
Quanti
italiani lo hanno chiaro, nel parlamento e nel paese?