Nel 2007, dopo una prima fase sperimentale, cominciava l’attività del
nostro quotidiano online autogestito...
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EDITORIALE / NE SUCCEDONO DI COSE, IN CINQUE ANNI
Ma in fondo, chi ce lo fa fare? Poche storie: ce lo chiediamo e pure
spesso. Per fortuna, è chiaro, perchè così possiamo sentirci
orgogliosi di avere tutte le volte la risposta. Ne succedono di cose,
in cinque anni. Soprattutto se si tenta di raccontare un mondo
mutevole e fluido come quello dei movimenti, dei collettivi, dei
centri sociali e chi più ne ha più ne metta. Cinque anni fa abbiamo
deciso che ci avremmo provato, raccogliendo la sfida che ci veniva
consegnata da quella che ci sembrava una necessità non aggirabile per
una città come Bologna: creare uno strumento di comunicazione ed
informazione che aiutasse a dare voce alle esperienze di
autorganizzazione ed autogestione, in modo trasversale e senza vincoli
di appartenenza o “di area” (esperienze di questo tipo, non c’è
dubbio, erano e sono preziosissime: ma secondo noi non sufficienti).
Uno strumento libero e indipendente che, però, a queste
caratteristiche imprescindibili sapesse affiancare un metodo in grado
di fornire alcune giuste garanzie a chi cerca informazioni,
soprattutto in rete.Ne succedono di cose, dicevamo, in cinque anni.
Sulle nostre pagine si sono rincorse, giorno dopo giorno, mettendo in
fila circa 7.500 articoli, 6.000 fotografie, 700 file audio, 200 video
e 4.000 appuntamenti segnalati. Un impegno costante e volontario che
vediamo premiato, ci piace dire così, da centinaia di visitatori al
giorno. In diverse occasioni abbiamo anche “bucato” il muro
dell’informazione cosiddetta ufficiale, costringendo anche i media
mainstrean a fare i conti con notizie da noi pubblicate. Negli altri
casi, speriamo di aver comunque fatto qualcosa di utile per “sostenere
le lotte, connetterle- così scrivevamo- diffonderle come virus potenti
nel corpo della società”. Non lotte che raccontiamo a distanza, ma
lotte che sentiamo anche nostre perchè sono anche le nostre. Con la
speranza di fornire un esempio testardo che magari ricordi, ogni
tanto, che tra uno “scazzo di movimento” e l’altro in fondo si
calpesta sempre un terreno comune.
Forse ci stiamo sopravvalutando, possibile. Però i nostri limiti e
difetti cerchiamo di riconoscerli. Sappiamo che si può fare di più e
meglio, per quanto possibile ci proviamo perfino. Così come sappiamo
che i meriti, se ce ne sono, sono sempre frutto di una cooperazione
che sarebbe impossibile rinchiudere dentro i confini troppo rigidi e
stretti di una, seppur orizzontale, redazione giornalistica. E’ per
questo che un grazie di cuore va a tutti quell@ che hanno scritto,
fotografato, registrato, aggiornato, programmato, sostenuto, suggerito
e messo al suo posto ogni piccolo tassello di questa storia. Grazie
anche alle compagne e ai compagni di Vag61 che, chissà dove, trovano
le energie per alimentare anche questo progetto. Grazie alle/ai
nostre/i lettrici e lettori e grazie anche, se ce ne sono, a quelli a
cui stiamo antipatici: un pizzico di motivazione in più, in fondo, non
guasta mai.
Così la storia continua, come prima e più di prima, nel pieno di
questi tempi bastardi di austerity e fiscal compact, di macelleria
sociale e di professori che bacchettano sempre più forte sulle dita di
precar@ e precarizzat@, migranti, sfruttat@ e ricattat@. Tempi in cui
abbiamo ancora il bisogno urgente, forse mai come ora, di “un’altra
storia da raccontare”.
E ora? Ora la sfida continua. Ora basta guardarsi indietro che bisogna
correre in avanti. La strada è sempre quella e sempre uno
l’avvertimento: non rovinarsi la media, mai prendere più di ZERO IN
CONDOTTA.
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