COMUNICATO EQUIVITA
14.09.12
50 anni dal Talidomide: il RISCATTO
Il perdono chiesto dalla Grünenthal per quanto avvenuto 50 anni fa a
causa del Talidomide ci lascia sconcertati. Le immagini che invadono
le nostre menti ci rendono incapaci di esprimere pensieri: la tragedia
infinita per ogni singola famiglia, moltiplicata 10.000 volte, ci
porta a dimensioni di tale vastità che ogni parola ci pare inadatta:
inadatta la parola “scuse”, inadatta la parola “perdono”.
Ci sembra anzitutto che le vittime e le loro famiglie abbiano diritto,
dopo 50 anni, ad un riconoscimento che vada oltre il monumento
celebrativo, oltre la richiesta di perdono.
Il primo diritto che esse hanno, e che tutti abbiamo, è che venga
conosciuta la verità.
Si è scritto in questi giorni: “La vicenda del Talidomide ha avuto
almeno un risvolto positivo: grazie all’azione delle vittime di
questo farmaco è stata inventata la farmacovigilanza ed è stato
istituito l’obbligo di test rigorosi prima della messa in commercio
dei farmaci” (Corriere della Sera, 1.9.2012).:
Ma Hans Ruesch nel suo famoso saggio “Imperatrice nuda” (1976),
pubblicato dopo 6 anni di studi storici e scientifici sul tema della
sperimentazione animale ci lascia un’informazione differente:
“Il caso del Talidomide”:
“Inventato dalla ditta tedesca Chemie Grünenthal, il Talidomide non
era uno dei tanti farmaci riediti sotto altra etichetta, bensì un
prodotto veramente nuovo, sicché le prove preventive sugli animali
– come dimostrò il processo - erano state particolarmente
coscienziose ed estese. Il Time (23.2.1962) scrisse:‘Dopo tre anni
di prove su animali era stato ritenuto così innocuo che ne era stata
approvata la libera vendita senza alcuna prescrizione medica in tutta
la Germania occidentale’. Indipendentemente dalla casa tedesca,
anche varie ditte farmaceutiche di altri paesi, come Inghilterra e
Svezia, che avevano acquistato la licenza di fabbricazione del
Talidomide, avevano compiuto per proprio conto estese prove su
animali, e tutte ne avevano comprovato l’assoluta innocuità (…).
Nel processo intentato contro la Grünenthal essa fu assolta in sede
penale dopo che una lunga fila di eminenti medici e biologi, tra cui
il premio Nobel Ernst Boris Chain, testimoniarono sotto giuramento
l’inattendibilità della sperimentazione animale, confermando quanto
scritto su “Lancet” (1.9.1962) dal dott. Raymond Green:
‘Dobbiamo riconoscere che anche le prove più rigorose sugli animali
per stabilire l’effetto d’un nuovo farmaco non possono darci che
scarse informazioni circa il suo effetto sull’uomo. Senza alcun
dubbio il Talidomide era stato sottoposto alle prove più complete
(…) Non esistono farmaci benefici che non possono causare danni. La
sperimentazione animale non può eliminare questo rischio e può
impedire l’uso di ottime sostanze”
Si deduce da queste testimonianze che la Grünenthal sia stata assolta
in sede penale perché era stato riconosciuto che essa aveva eseguito
con rigore i test di tossicità prescritti; mentre, con fior di
testimonianze, era stata attribuita la causa del dramma al metodo
impiegato per i test, ovvero all’impossibilità di trasferire
all’uomo i risultati delle prove fatte su animali.
Se ne ebbe la riprova mentre, nel corso del processo, i test per il
Talidomide furono ripresi su molte specie di animali, sia dalla
Grünenthal, sia da altri laboratori. Tutte le razze impiegate, tra
cui cani, gatti, ratti, topi e ben 150 sottospecie di conigli,
continuarono a dare risultati negativi. Soltanto dopo anni di prove e
milioni di animali impiegati, alcuni esemplari (sottoposti a dosi
sproporzionate del farmaco) generarono feti deformi.
Tuttavia l’industria farmaceutica, sostenuta dalle autorità
sanitarie e dalla medicina ufficiale, tutte incapaci di mettere in
discussione il “dogma” della sperimentazione animale, radicato in
loro per ragioni d’inerzia culturale (ma in molti casi anche per
ragioni commerciali) decise di persistere nella strada sbagliata. Dice
Hans Ruesch:
“Incredibilmente i vivisezionisti asserirono che il caso Talidomide
dimostrava la necessità di intensificare la vivisezione, ossia di
aggiungere alle prove consuete anche nuove prove “teratogene”
(riguardanti l’effetto sul feto) pur sapendo che prove attendibili
non esistono, né mai potranno esistere”.(1)
La lezione del Talidomide non sembrava essere servita a nulla.
Oggi, a 50 anni dal caso Talidomide, il Comitato scientifico EQUIVITA
ritiene che siano di buon auspicio le parole pronunciate da Harald
Stock, amministratore delegato della Grünenthal, che ha dichiarato:
“Il Talidomide fa parte della nostra storia (…) abbiamo una
responsabilità e l’affrontiamo apertamente”.
Il Comitato Scientifico EQUIVITA, fiducioso nelle buone intenzioni che
animano queste parole, si permette di ricordare a Harald Stock che
l’Europa ha oggi un’opportunità straordinaria: quella di seguire,
nei test di tossicologia, la “svolta epocale” annunciata dal
Consiglio Nazionale delle Ricerche USA (poi applicata dal governo egli
Stati Uniti) verso un’abolizione della sperimentazione animale. Essa
ha consentito l’applicazione di nuovissime tecnologie, derivate
dalle straordinarie nuove conoscenze scientifiche, in particolare
nella genetica e nella biologia. I dati ottenuti con queste
tecnologie, di gran lunga più esaustivi, più affidabili, più rapidi
ed economici, sono riferibili alla specie umana. Un esempio tra i
tanti: la tossico genomica, che permette di conoscere le alterazioni
prodotte da una sostanza sui geni della cellula umana, come pure le
reazioni che ne conseguono.
Anche la Chemie Grünenthal ha un’opportunità straordinaria: quella
di trasformare in una data positiva il 50esimo anniversario del
drammatico evento che la coinvolse.
La Chemie Grünenthal, puntando su di un suo riscatto, su di una sua
rigenerazione purificatrice, potrebbe farsi capofila in Europa del
nuovo pensiero scientifico che si sta già affermando, del
rinnovamento culturale da tutti auspicato: quello che ci porterà al
superamento della sperimentazione animale e ad un importante sviluppo
delle scienze biomediche.
La Chemie Grünenthal potrà soprattutto allontanare dal nostro futuro
lo spettro delle catastrofi farmacologiche e fare in modo che le
malattie iatrogene non siano più la 4° causa di morte nei paesi
industrializzati.
Lo farà con 50 anni di ritardo, ma in un momento in cui il movimento
antivivisezionisa scientifico, fondato da Hans Ruesch e da Pietro
Croce, ha fatto grandissima strada e oggi è sostenuto da alcuni dei
centri più importanti della scienza. Lo farà in un momento storico
in cui le possibilità offerte dai tanti straordinari progressi
scientifici rendono la proposta dei “metodi sostitutivi” oltre che
obbligatoria, anche molto più facile. Lo farà per una vera tutela
della nostra salute e per la tutela dei diritti sia nostri che dei
milioni di animali, sacrificati quotidianamente in nome di una scienza
errata.
Il Comitato scientifico EQUIVITA ha scritto una lettera al dott.
Harald Stock, amministratore delegato della Chemie Grünenthal, per
dire che la sua azienda potrebbe, in tale modo, per il cinquantesimo
anniversario del Talidomide, puntare su qualcosa di assai più
importante e assai più costruttivo, anche per se stessa, che non la
richiesta del perdono.
In allegato la lettera in italiano, che lunedì riceverete nella
versione inglese da inoltrare alla Grünenthal.
Per il Comitato Scientifico EQUIVITA, con i più distinti saluti
Gianni Tamino/ Fabrizia Pratesi de Ferrariis
Equivita
Comitato Scientifico Antivivisezionista
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(1) Hans Ruesch: “Le prove su animali possono solo dimostrare che un
farmaco è innocuo per i feti della specie su cui è stato provato; ma
non significa che sia innocuo anche per l’uomo. E viceversa”.
Il dott. Robert L. Brent del Jefferson Medical College: “Certi
farmaci che hanno effetti teratogeni negli esseri umani in dosi
terapeutiche sono innocui per molti animali gravidi (come appunto il
Talidomide, ndr), laddove farmaci che sono innocui per le donne
incinte hanno effetti teratogeni su diverse specie animali” (è il
caso dell’aspirina, che fa nascere ratti focomelici, ndr)
Oggi i foglietti descrittivi dei farmaci recano l’annotazione:
“studi sui topi, ratti e conigli non hanno mostrato effetti
teratogeni”. Ma questa affermazione non fornisce indicazioni sulla
possibilità di un effetto teratogeno sull’uomo. La sicurezza è
uguale a prima e le catastrofi sono in agguato, in particolare per le
sostanze introdotte nell’ambiente, che dopo il test sul modello
animale vengono messe in commercio senza la prova clinica sull’uomo
(riservata ai farmaci e alle sostanze alimentari).
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