Re: [NuovoLab] cosa è il KAMUT

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Autore: Edda Cicogna
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To: ugo, Mailing list del Forum sociale di Genova
Oggetto: Re: [NuovoLab] cosa è il KAMUT
Molto interessante! Io ho problemi con i frumento e uso il farro, ch è la madre del frumento e pare non contenga glutine. Pensavo però che anche il Kamut fosse privo di glutine. on lo compro perchè è ancora più caro del farro. Grazie edda
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From: ugo
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Sent: Tuesday, August 07, 2012 10:41 AM
Subject: [NuovoLab] cosa è il KAMUT


Genova - È famoso in tutto il mondo grazie a un’operazione di marketing senza precedenti. Gli intolleranti al glutine lo chiedono in continuazione, i panifici ne hanno moltiplicato le vendite in maniera esponenziale. Pane di Kamut, focacce di Kamut, prodotti di Kamut. Ma il Kamut non è un tipo di grano, è semplicemente un marchio. Una varietà di frumento coltivata principalmente nel Montana e in Canada sotto lo stretto controllo della famiglia Quinn, più veloce di tutti a intuire il business. Poco glutine, una storia fatta di leggende e un nome di fantasia. Ecco la vera ricetta di un prodotto che ora è raro e aumenta di prezzo perché - dicono i Quinn - le loro coltivazioni sono state devastate dalle alluvioni. In realtà non è così: di Kamut ce n’è per tutti, ma non lo sappiamo.

«Kamut in egiziano vuol dire “anima della terra”, gli americani hanno il monopolio sulla sua vendita e ormai tutto il mondo non chiama più questo frumento con il suo nome originale, Khorasan – spiega Giuseppe Da Re, titolare della Da Re Spa, prima azienda in Italia per l’importazione di Kamut – Il 24 dicembre 2011 siamo stati informati dalla Kamut International Ltd che, a causa di un’alluvione, le consegne in Europa si sarebbero limitate al 25% del totale. Io però non credo a questa tesi, sotto c’è una storia ben più complessa che nasce dalla speculazione economica». La storia del Kamut si tinge così di giallo. È l’intrigo del frumento.

A Genova il panificio “Mario” di via San Vincenzo ha esposto un cartello (non sono gli unici): «Si comunica che stiamo finendo la scorta di Kamut e che fino alla fine di ottobre la vendita di prodotti è sospesa». La causa dell’inondazione è confermata dal titolare, Graziano Bargi. «È vero, ci hanno informato che fino ad ottobre non potremo avere le nostre scorte di Kamut, proponiamo alla gente alternative con altri ingredienti ma la richiesta non è la stessa, i clienti vogliono solo il Kamut». Ma il Kamut non è un ingrediente, è solo un marchio. Nell’immaginario collettivo non esistono più prodotti a basso contenuto glutinico di cui ci si può fidare, c’è solo il Kamut. Ecco così che per associare a un prodotto di panificio le cinque lettere magiche bisogna corrispondere una percentuale alla società di Quinn.

Un marketing efficace che ha puntato su tre aspetti: la suggestiva leggenda sulla sua origine, l’attribuzione di eccezionali qualità nutrizionali e una presunta, ma solo tale, compatibilità per gli intolleranti al glutine.

Secondo alcune leggende il grano Khorasan è anche detto il “grano profeta”, in quanto Noè lo avrebbe portato con sé sull’arca. Per alcuni proviene dall’Egitto, i turchi ne rivendicano la paternità. Quel che è certo è la genialità dell’intuizione di Bob Quinn. Nel 1948 Earl Dedman, aviatore americano di stanza in Portogallo, riceve 32 giganteschi chicchi di grano da un collega reduce da una spedizione in Egitto e li spedisce a suo padre a Fort Benton, negli Usa. Il grano viene così coltivato inizialmente dalla famiglia Dedman che lo soprannomina “Il grano di Re Tut” in base ad un’altra leggenda che ne collega la provenienza ad una tomba egizia. La famiglia Dedman non ha però l’occhio imprenditoriale e i chicchi giganti non fanno breccia nel mercato americano. Nel 1977 Bob Quinn inizia ad interessarsi al prodotto, lo semina e la richiesta cresce. Nel 1988 la mossa decisiva: il Khorasan viene introdotto nel mercato dei prodotti alimentari salutistici, viene registrato il marchio commerciale Kamut®. Oggi i prodotti di Kamut sono tra i più richiesti nei panifici, un mercato che per la sola azienda Da Re, che importa dagli Usa il prodotto, permette un fatturato di 4 milioni di euro l’anno. A dicembre il titolare dell’azienda riceve una mail dagli Stati Uniti: le alluvioni hanno devastato i raccolti. La spiegazione però non convince Giuseppe: «Io ho la mia teoria. Il prezzo dei prodotti di Kamut è aumentato parecchio nell’ultimo anno. È un prodotto inflazionato e la gente non conosce le alternative con valori nutrizionali simili. Il grano Khorasan si potrebbe tranquillamente produrre anche in Italia, e in Puglia viene già coltivato.Però non possiamo utilizzare il Khorasan made in Italy perché, non potendolo chiamare Kamut, la gente pensa automaticamente che sia un prodotto inferiore. Sospendere le spedizioni per l’alluvione? È solo una tecnica per fare alzare i prezzi del mercato».

Quel che è certo è che attorno alla parola Kamut si è creato un immaginario che suona come sinonimo di puro, antico ed esotico. La realtà è però diversa perché come ogni frumento il Khorasan è inadatto per l’alimentazione dei celiaci. Colpo di scena. Il motivo? Contiene glutine e non ne è né privo né povero come viene invece raccontato dalla Kamut International Ltd. Ne contiene addirittura in misura superiore a quella dei frumenti teneri e a numerose varietà di frumento duro. Tuttavia è un frumento rustico, eccellente per la pastificazione, e naturale. Per questo non ha un glutine tenace e risulta maggiormente digeribile per coloro che soffrono di lievi allergie e intolleranze. Lo stesso discorso si può fare del farro e delle varietà di grano più tenero che però non hanno il fascino di un nome egizio. È senza dubbio un prodotto salutare, ma l’aura di magia che si è creata attorno al Kamut nasce unicamente da una geniale intuizione di un americano. La prossima volta in panetteria si potrà chiedere «che tipi di Khorasan avete?». La risposta potrebbe evitare presunte speculazioni e forse anche qualche alluvione.







Ugo Beiso




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