[NuovoLab] No Tav Il Terzo Fronte

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Aihe: [NuovoLab] No Tav Il Terzo Fronte
Tra espropri, blocchi e presìdi, in val Lemme, valle Scrivia e Valpolcevera,
cresce un altro movimento contro l'alta velocità: quello che non vuole il Terzo
valico tra Piemonte e Liguria. Rifinanziato dal governo Monti.

In alta Val Lemme gli alberi si fanno fitti e non c'è spazio per i rumori
della pianura, come quelli che si orchestrano stonati attorno al mega outlet di
Serravalle Scrivia. Qui, il Piemonte diventa quasi Liguria, ma prima di
scollinare si arrampica sulla ripida cresta degli Appennini. Tra queste rocce
vogliono farci passare il Terzo Valico dei Giovi, 53 chilometri di linea
ferroviaria ad alta velocità e alta capacità (per ora un ibrido senza precisa
destinazione), 39 dei quali in galleria, da Genova a Tortona, anzi a Rivalta
Scrivia, parte del corridoio 24, tra il porto della Lanterna e quello di
Rotterdam. Sono 115 milioni di euro al chilometro per una spropositata cifra
totale di 6,2 miliardi di euro, quanto il taglio alle pensioni del governo
Monti, che come il precedente esecutivo Berlusconi, sostiene l'opera
considerata strategica (seppur non giustificata dal punto di vista della
domanda del trasporto). Per non parlar dei problemi relativi all'amianto e alle
falde acquifere. Del Terzo Valico se ne discute da oltre 20 anni, un progetto
capostipite risaliva addirittura al 1988 (linea veloce Genova-Milano), ma è nel
1991 che prende - seppur mutevole - un'astratta forma. L'anno in cui nasce il
general contractor che dovrebbe realizzare la grande opera e dividersi la
torta: il Cociv. Il consorzio, guidato da Impregilo (tra gli azionisti, Gavio,
che a Tortona ha sempre fatto il bello e il cattivo tempo) con Tecnimont,
Condotte d'Acqua e Civ, ha redatto il progetto per conto della Tav spa di Rfi.
E, ora, dopo alti e bassi, "fori pilota" bloccati dalla magistratura nel 1998,
legge obiettivo (che nel 2001 la inserì nelle infrastrutture ferroviarie
strategiche), delibera Cipe (2006) e primi due lotti finanziati, siamo arrivati
- senza ancora nessun progetto esecutivo - agli espropri, più precisamente agli
iter di immissione in possesso che ne sono il preludio, in vista
dell'adeguamento della viabilità propedeutica ai lavori di scavo (primo lotto,
Berlusconi: 500 mila euro). Così, per far posto a gallerie, rotonde, strade -
in un contesto naturalistico scomposto e sventrato - viene tolto spazio a
campi, giardini, garage e case. Niente deve essere d'intralcio in Val Lemme
come in Valle Scrivia, nell'alessandrino, o in Valpolcevera, sull'altro
versante genovese. Le lettere ai proprietari sono arrivate a fine giugno. Il
movimento contro il Terzo Valico, forte della manifestazione che il 26 maggio
ha portato 2500 persone ad Arquata Scrivia, non si è fatto trovare impreparato.
E da Libarna, già città romana lungo la via Postumia, in su, le strade si sono
riempite di bandiere No Tav, quelle bianche e rosse della Val di Susa. Anche
Pasquale, che vive a Crenna, nel comune di Serravalle Scrivia, in una casetta
ex cantoniera poco prima della galleria, l'ha appesa alla finestra. Gli hanno
proposto 60 euro per l'esproprio di 40 metri quadrati e 40 euro annui per
l'occupazione provvisoria di altri 317 metri che comprendono la sua abitazione
in pietra, acquistata e ristrutturata con fatica e non senza beghe legali con
l'ex proprietario. «Quando mi è arrivata la lettera, temevo una multa per
eccesso di velocità. Aperta, scopro invece che mi vogliono portare via la
casa». In cambio di cento euro. Pasquale lo racconta con una tranquillità,
piena di stupore. Potrebbe riavere le sue pareti dopo (minimo) dieci mesi ma
con uno stradone in mezzo al giardino e un finale senza happy end che ricorda
un film francese Home (di Ursula Meier, 2008), dove la quiete di una famiglia,
che vive in campagna ai margini di un'autostrada mai completata, viene
interrotta dall'inaugurazione improvvisa del tratto, isolandola così dal resto
del pianeta. «Vado in Comune - continua Pasquale - chiedo delucidazioni, ma non
ottengo risposte. Allora, decido di rivolgermi ai comitati. Ed è stato un
bene».
Il movimento No Tav - Terzo Valico resuscitato nell'inverno, dopo il sì del
governo Monti al rifinanziamento del secondo lotto (un milione e cento mila
euro), in queste settimane ha organizzato, per evitare gli espropri, blocchi e
presidi nei paesi delle valli. «Il Cociv - racconta Claudio Sanita, comitato
Arquata Scrivia - si è presentato scortato a Trasta e Borgo Fornari in
Valpolcevera e a Serravalle Scrivia. Ma ha girato i tacchi. Siamo in tanti, la
gente è partecipe e solidale». E pensare che a gennaio «eravamo solo io e Luca
a volantinare per Arquata, ora siamo in centinaia tra i vari comitati». A
Trasta, la Digos ha identificato una quarantina di manifestanti, per loro
scatterà una denuncia per interruzione di pubblico servizio. I legali dei No
Tav hanno, invece, provato a chiedere una sospensiva delle procedure al Tar.
Ricorso bocciato a fine luglio: «Leggendo nel merito la sentenza - spiega
Sanita - si dice che il Terzo valico è una grande opera pubblica, mentre i
cittadini difendono i loro cortili. La realtà diversa: il Cociv è l'interesse
privato, la battaglia dei cittadini è di interesse pubblico. In difesa delle
falde acquifere, della salute e della nostra terra».
E chi ha paura è Arquata Scrivia. Teme di rimanere senz'acqua e che le fonti
della frazione di Rigoroso, sotto il monte Zuccaro, restino irrimediabilmente
compromesse dai lavori per il tunnel.
«I danni sarebbero gravi per tutto il territorio. La delibera Cipe prevede che
nel caso in cui i lavori intercettassero la falda e il paese rimanesse
senz'acqua verrebbe fornito un servizio con autobotti e verrebbe
successivamente realizzato un acquedotto alternativo. Significa rimanere per
almeno tre anni senz'acqua. Non è ammissibile. Per questo chiediamo una seria
analisi idrogeologica» sottolinea il sindaco Paolo Spineto, a capo di una
maggioranza di centrodestra. Il rischio è un altro Mugello, che dopo
diciassette anni di lavori per l'alta velocità si sono trovate sorgenti
prosciugate e acquedotti fuori uso. Spineto è l'unico primo cittadino schierato
apertamente contro il Terzo Valico, il Pd alessandrino sul tema è stato spesso
silente, ora invoca un Osservatorio e il presidente della provincia, Paolo
Filippi, darebbe l'ok solo se scongiurato il rischio amianto. Ma il partito di
Bersani paga il doppio filo con cui è legato al potentissimo Fabrizio
Palenzona, vicepresidente di Unicredit già presidente della provincia, in quota
Margherita, presidente poi, per poche settimane, di Impregilo in quota Gavio,
che, dopo aver per anni controllato il gruppo con Ligresti e Benetton, è
diventato azionista principale, ma si è visto recentemente soffiare il
giocattolo dal romano Salini.
Tanti sono gli interessi attorno all'opera, nonostante le controindicazioni
sollevate dai comitati. Come l'impatto paesaggistico e ambientale e i rischi
connessi all'amianto, che potrebbe finire nei detriti portati nelle cave di
pianura. I sostenitori rassicurano. «Ma queste sono rocce serpentinitiche»
racconta Mario Bavastro (Legambiente, memoria storica della lotta contro
l'ecomostro) indicando una parete vicino a Voltaggio, antico borgo nel cuore
della Val Lemme. Qui, e a Franconalto, stampati indelebilmente nella montagna,
ci sono da quindici anni quei fori pilota che rappresentano una storia
esemplare quanto grottesca: «Il 9 dicembre del 1996 - continua Bavastro - il
Cociv scrive al comune di Fraconalto chiedendo di dichiarare l'ubicazione del
foro di proprio gradimento, il sindaco risponde subito di sì. I lavori partono,
ma dal sondaggio geodiagnostico come doveva essere, gli scavi diventano quelli
per una galleria di servizio. Parte, allora, l'esposto di Wwf Liguria. Nel
febbraio del '98 il ministro Edo Ronchi ferma i lavori, mai ripresi. Scatta
parallelamente l'indagine della magistratura per truffa aggravata ai danni
dello Stato, il processo verrà, però, poi trasferito da Milano a Genova e il
reato ipotizzato ridotto a truffa ai danni dello Stato. Gli inquisiti di allora
verranno prescritti, grazie alla legge ex Cirielli, e tuttora, vedi il senatore
Luigi Grillo (Pdl), continuano a essere i maggiori sponsor del progetto».
Per la gente delle valli, il Terzo Valico assume le forme di un serpente.
Sguscia e scompare per anni, poi rispunta mutevole. La linea è per passeggeri?
Forse. Per merci? Forse. È per entrambi, seppur difficilmente possano
coesistere. Voleva addirittura infilarsi in una scuola elementare, Villa
Sanguineti a Trasta, e piazzarci lì gli uffici del Cociv. Pericolo scampato.
«Ma rimane una brutta grana» dicono in coro nei presidi, dove tra le balle di
fieno si condividono pasti, sorrisi e indignazione. Ci vengono in tanti,
giovani e vecchi. In pianura, dove il tratto vedrebbe per la prima volta la
luce, preoccupa l'intasamento su Ca' del Sole (Serravalle Scrivia): «La
galleria della Crenna verrà chiusa per minimo dieci mesi per adeguare la
viabilità - racconta Gianfranco Marchesotti, sindacalista storico, che conosce
bene il tessuto socioeconomico della zona - e tutto il traffico si riverserà
sulle strade del Rastellino e della Lomellina. Risultato? Inquinamento
atmosferico e acustico centuplicato sulle colline coltivate a vigneti doc. Ed è
solo uno dei tanti danni di quest'opera inutile». Alla sera, Gianfranco si
ritrova nel circolo Lavoro e Libertà di via Berthoud per la riunione del
Comitato serravallese. Presenti anche Elio Pollero, che a capo della lista di
sinistra Serravalle Futura ha strappato nelle recenti amministrative un
incoraggiante 27,5%, e molti "espropriati". Come Jole Perassolo, Sandra Cumo,
Adriano Rossi e Martina Accorsi: «Vivendoli direttamente - raccontano - abbiamo
capito quanti problemi in comune abbiamo con la Val di Susa. Ci vogliono
imporre un'opera assurda con la forza. Non possiamo accettarlo. Dobbiamo
stargli addosso come le mosche». Qui si dice, a saià düa!

di Mauro Ravarino - il manifesto | 07 Agosto 2012