[Storiaorale] licenziamenti facili e novanta cacciabombadier…

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"il manifesto", 17 luglio 2012.

"Silenzio di stato" di Alessandro Portelli. Un pomeriggio pochi giorni fa ero nella sala dell’Istituto Centrale per
i Beni Sonori e Audiovisivi. Stavamo continuando una lunga intervista
con Mario Fiorentini, matematico di fama mondiale e protagonista della
Resistenza romana. Il racconto si dipanava, digressivo e articolato come
quelli di chi ha tanto da raccontare e sente di avere poco tempo per
farlo. C’erano i ricercatori e i tecnici dell’Istituto, i microfoni per
registrare, un paio di amici venuti a sentire. La registrazione era
destinata ad aggiungersi all’incredibile patrimonio di voci e ai circa
500.000 documenti che l’Istituto ha accumulato e reso disponibile dal
tempo della sua fondazione negli anni ’20 come Discoteca di Stato. Tutto
questo però è come se non fosse mai avvenuto. Infatti quella stessa
mattina, nell’ambito della cosiddetta spending review (vuol dire,
banalmente, “esame della spesa”; ma in inglese fa tutt’altro effetto)
era stata annunciata la soppressione dell’Istituto, senza che nessunp ne
fosse stato informato o consultato, senza nessuna verifica della sua
utilità e funzionamento, e senza darne nessuna motivazione. In un
comunicato dei lavoratori dell’Istituto ci si chiede come mai si scelga
di sopprimere “un Istituto storico, unico nel nostro paese, che non ha
auto blu, non effettua alcuno spreco di denaro pubblico, con un budget
ridotto a livelli di sussistenza”, e che per di più è titolare del
diritto di deposito legale di tutte le pubblicazioni sonore e
audiovisive (come dire, l’equivalente in questo campo della Biblioteca
Nazionale). La politica del “governo tecnico” nei confronti della
cultura – scuola, università, istituti di ricerca (come l’Istituto
Nazionale di Fisica Nucleare) – mi ha convinto di una cosa: un tecnico
non è necessariamente una persona colta. Un tecnico è in grado di
eseguire una serie di operazioni settoriali in un settore ben definito,
ma non è tenuto a capire niente di quello che si muove al di fuori del
suo territorio e tanto meno ad avere immaginazione e visione. E siccome
l’unico settore che conta e l’unico in cui dichiarino di avere
competenza è quello dell’economia di mercato e finanziaria, ecco che si
avvera il motto attribuito a Tremonti: con la cultura non si mangia. Che
volete che ne importi a Moody’s o ai mitici “mercati” del nostro più
grande patrimonio sonoro e audiovisivo, della nostra memoria in immagini
e suoni? Il modo frettoloso e irrituale in cui è stata presa e
annunciata la decisione di sopprimere una realtà cruciale per la nostra
memoria storica e culturale dà l’idea di una straordinaria
superficialità. Ma d’altra parte il disprezzo per la cultura e per la
ricerca, la convinzione della loro irrilevanza, si armonizzano bene con
una prospettiva di declassamento del nostro paese ben più pesante di
quello di Moody’s: un paese di seconda categoria, senza passato e senza
futuro. Ma con licenziamenti facili e novanta cacciabombadieri.
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