Autore: francoppoli Data: To: Germinal Cimarelli, cobasumbria, cobas sedi CC: tsf, usf Oggetto: [Forumumbri] devastazione e saccheggio: il 13 lugliola cassazione dovrà dirci se le merci contano più delle persone
invio questo commento di Paolo Persichetti in attesa della sentanza della cassazione del 13 luglio
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il 13 luglio la cassazione dovrà dirci se le merci contano più delle personeby insorgenze
Se la gestione dell’ordine pubblico condotta durante il G8 del luglio 2001 è quella riconosciuta appena una settimana fa dalla quinta sezione penale della corte di cassazione, allora vuol dire che esiste un nesso
molto forte con il verdetto che un’altra sezione della cassazione dovrà
pronunciare il prossimo 13 luglio.
I giudici sono chiamati a decidere sulla pertinenza del reato di
“devastazione e saccheggio” contestato nei confronti di dieci
manifestanti condannati a pene molto pesanti per un totale di quasi 100
anni di reclusione.
Dagli atti processuali emerge come la contestazione di questo reato sia
stata il frutto di una scelta politica fatta a tavolino dai vertici
dell’ordine pubblico. Quegli stessi vertici condannati e rimossi pochi
giorni fa dagli incarichi di direzione investigativa più importati del
Viminale per il ruolo svolto nella catena di comando che portò
all'assalto e al massacro dentro la Diaz e alla successiva attività di
falsificazione delle prove nel tentativo di depistare e coprire le
brutali violenze commesse.
All’indomani dei fatti di Genova il capo della Polizia diede incarico a
tre prefetti di condurre un’inchiesta amministrativa sul comportamento
delle forze di polizia. Da questa ricostruzione si venne a sapere che
Francesco Gratteri, allora capo dello Sco, su incarico diretto dello
stesso De Gennaro dalla mattina del 21 luglio smise di occuparsi della
sicurezza dentro la zona rossa per seguire in prima persona ciò che
accadeva all’esterno. Le nuove direttive erano molto chiare: «bisognava
fare più arresti, si chiedeva un cambio di passo, una maggiore
incisività nella gestione della piazza». In fondo il giorno prima c’era
stato solo un morto. Evidentemente non bastava, dalla politica
giungevano altre pressioni.
Ricevuto il nuovo mandato, Gratteri mette subito in campo una strategia
molto più aggressiva: fin dal mattino dirige personalmente la
perquisizione nella scuola Paul Klee, dove vengono effettuati 23
arresti. «Si tratta di un episodio fondamentale per comprendere l’esito
successivo degli eventi», spiega l’avvocato Francesco Romeo. E’ la prova
generale del dispositivo che verrà impiegato in serata con la
famigerata irruzione nelle scuole Diaz e Pascoli. «Le persone fermate
alla Paul Klee vengono arrestate utilizzando lo stesso schema di accusa
che sarà poi impiegato per la Diaz: ovvero associazione a delinquere
finalizzata alla devastazione saccheggio». A dimostrazione che fin dal
mattino era stato congeniato un modello operativo che prevedeva la
contestazione di un capo d’imputazione confezionato ancora prima che
alcuni degli episodi contestati dovessero accadere. Altre contestazioni -
come fu per le molotov e le armi improprie rinvenute alla Diaz -
vennero inventate di sana pianta.
L’indeterminatezza e la geometria variabile del capo d’accusa
Il reato di devastazione e saccheggio è una eredità dal codice
Zanardelli. Faceva parte delle imputazioni che attentavano alla
sicurezza interna dello Stato, tant’è vero che in un unico articolo
erano previste insieme «guerra civile, devastazione, saccheggio e
strage». Reato politico per definizione, la sua applicazione richiedeva
una violenza politica organizzata sotto il profilo associativo. Con il
varo del codice Rocco, “devastazione e saccheggio” perde una parte della
sua estensione e politicità. Le condotte incriminate vengono suddivise:
alla vecchia “devastazione, saccheggio e strage finalizzati alla
sovversione dello Stato”, reato punito con l’ergastolo si affianca il
semplice danneggiamento. In mezzo c’è il 419 cp, ovvero la sola
“devastazione e il saccheggio”, punita con pene che oscillano da 8 a 15
anni. Si tratta di un reato contro l’ordine pubblico, privo però di una
precisa definizione per quanto riguarda l'estensione, l'intensità e la
gravità dei fatti incriminati.
Indeterminatezza che contrasta con l’esigenza, prevista dalla
costituzione, di indicare condotte «determinate e precise» per ogni
reato. «Lo strumento era pronto e predisposto dal regime fascista -
spiega sempre l’avvocato Romeo - ma chi lo ha raffinato e reso
efficiente ai fini della repressione dei movimenti sociali di piazza è
stata certamente la magistratura repubblicana che ha ridotto l’ambito di
estensione delle condotte di danneggiamento e di furto per poter
ritenere compiuto il reato più grave di devastazione, anche di fronte ad
episodi circoscritti sia nel tempo che nello spazio». Tutto ciò in
totale contrasto con il significato letterario dei due termini:
devastazione vuole dire rendere deserto, distruggere totalmente;
saccheggio significa depredazione totale. Per cui si è arrivati al punto
di qualificare come atti di devastazione e saccheggio anche leggeri
danneggiamenti, vetrine rotte o bancomat danneggiati, allineandosi in
questo modo alle direttive europee che fin dal 2001 raccomandavano di
introdurre i tradizionali scontri di piazza all’interno di una
definizione estensiva dellla nozione di terrorismo.
Questa incertezza ha lasciato ampio spazio alle interpretazioni
arbitrarie degli investigatori e della magistratura, come è accaduto per
Genova. Tant’è che a parità di comportamenti altri manifestanti
coinvolti in scontri, anche più duri, avvenuti in altre zone della città
hanno visto derubricata la devastazione a semplice danneggiamento. E’
avvenuto per il corteo delle Tute bianche. Tuttavia lo stesso giudizio
non è stato applicato per questi dieci manifestanti. Perché? La brutta
sensazione è che si sia utilizzato un metro politico: i buoni da una
parte e i cattivi, i soliti Black bloc, dall’altra.
Le merci valgono più delle persone?
La Cassazione dovrà dirci anche se ritiene ammissibile un diritto
processuale asimmetrico e diseguale. Per esempio tra il trattamento
riservato al personale di polizia coinvolto nelle brutali violenze di
Bolzaneto, e quello toccato agli imputati di devastazione e saccheggio.
Perché i manifestanti che si trovavano nelle vicinanze di una vetrina
rotta hanno dovuto rispondere di “compartecipazione psichica” con le
violenze commesse contro le cose, mentre il personale di polizia che ha
assistito alle sevizie contro i fermati dentro la caserma di Bolzaneto
non si è visto contestare nessuna compartecipazione, nonostante il loro
status di pubblici ufficiali imponeva l’obbligo di intervenire per
interrompere la consumazione di qualsiasi reato?
Alla fine le violenze e le sevizie fisiche e morali esercitate contro le
persone, con l'aggravante del loro stato di fermo, derubricate in
assenza del reato di tortura a semplici lesioni e abuso di autorità sono
cadute in prescrizione mentre il danneggiamento di vetrine, bancomat ed
autovetture rubricati come atti di devastazione e saccheggio restano
tuttora passibili di condanne che oscillano tra gli 8 e i 15 anni. La
cassazione dovra dirci anche questo: se l'integrità delle merci conta
più di quella delle persone.